Fioccano le vendite di azioni. Scappano piccoli risparmiatori e grandi fondi. Mentre gli esperti chiedono al Governo Renzi di sciogliere i dubbi sulla bad bank e di trovare un’intesa con Bruxelles

«Durante la crisi della Grecia il più grande assist alla speculazione lo fornì Angela Merkel con le sue intemerate, in questa fase a dare spago alla speculazione contro le banche italiane sono le dichiarazioni del governo». Come sempre non le manda a dire Gianluca Garbi, amministratore delegato di Banca Sistema, con un passato da gran capo del mercato telematico dei titoli di Stato, che aggiunge: «Il dubbio che sia in arrivo una bad bank finanziata con i soldi delle banche in buona salute provoca preoccupazioni su tutto il sistema creditizio. Bisogna essere espliciti, fare chiarezza, anche dicendo, al limite, che la banca-contenitore dei crediti deteriorati proprio non si farà. Gli istituti sani non ci stanno e lo Stato non la può finanziare perché l'Europa non vuole».

Garbi è convinto che sia ora di fare chiarezza per raffreddare il cosiddetto “panic selling”, la vendita di azioni sotto la spinta del panico, che sta stangando in Borsa le azioni del credito tricolore. Dopo il lunedì nero, anche il martedì si è rivelato un calvario, per loro, sul listino.

Un avvio promettente e poi la retromarcia e sei titoli sono stati anche sospesi dalle contrattazioni per eccesso di volatilità. La Banca centrale europea – come hanno confermato Banco Popolare, Bper, Bpm, Mps, Ubi e Unicredit – ha inviato a una serie di precise domande sul livello delle sofferenze in bilancio e sulle mosse che intendono fare per gestire il problema. La Bce ha sottolineato che si tratta di  richieste “di routine”, ma la spiegazione non ha fatto invertire la marcia dei titoli.  

«C'è molto nervosismo e basta poco - per esempio la notizia della lettera spedita dalla Bce - ad allarmare i piccoli risparmiatori: infatti sulle banche medio-piccole ci sono stati vistosi cali pur con scambi dal volume irrisorio», continua Garbi. A far arretrare le quotazioni delle big, invece, ci hanno pensato i grandi fondi d'investimento. «In molti casi, il gestore non può non vendere i titoli di certe società e di alcuni settori, se la volatilità media si scosta troppo da alcuni parametri. E siccome, a livello europeo, la volatilità è diventata eccessiva e l'indice settoriale è arrivato a valere il 40 per cento in meno rispetto all'indice generale, sono scattate le vendite obbligate perché sono stati superati i budget di rischio previsti», spiega Guido Caironi, responsabile delle strategie di investimento di R&Ca, che in passato è stato il direttore delle strategie per l'Italia di un colosso come BlackRock, e ancora prima della banca d'affari Merrill Lynch.

Se l'inizio 2016 delle azioni bancarie italiane è particolarmente infuocato, ci sono ovviamente anche delle ragioni domestiche. Il fallimento delle quattro banche (Etruria, Marche, CariChieti e CariFerrara) ha fatto lievitare i dubbi sulla solidità del sistema. «I risparmiatori hanno paura che ci siano altre brutte sorprese in vista e si sono fatti assai guardinghi. E ciò contrasta con i segnali che nelle ultime settimane hanno lanciato i manager di molti istituti, che vedono il bicchiere degli utili 2016 piuttosto pieno», spiega ancora Caironi.

Giuseppe Attanà, presidente di Assiom Forex, associazione italiana degli operatori finanziari, si schiera a piè fermo tra i sostenitori della solidità del credito nostrano e invita i risparmiatori a non andare nel panico: «Il sistema bancario italiano, che a differenza di quello di altri Paesi europei ha affrontato e superato la crisi finanziaria senza particolari aiuti di Stato, è stato fortemente ricapitalizzato, anche in funzione dell’ammontare di crediti deteriorati in portafoglio, che risultano tra l’altro in miglioramento. Soffre ancora di una modesta redditività, in parte dipendente dalla debole ripresa economica, ma ciò non giustifica in alcun modo la scomposta reazione del mercato».

Meno diplomatico appare il banchiere Garbi: «C'è un evidente rapporto conflittuale tra Bruxelles e il governo Renzi, che si aggiunge all'incapacità di quest'ultimo nel formulare proposte concrete e ragionevoli sul tema della bad bank: è una soluzione che ai due più grossi gruppi italiani non interessa perché i loro “Npl” (i “prestiti non performanti” cioè quelli molto problematici) riescono a venderli regolarmente. A favore ci sono le medie e le piccole banche in difficoltà. Però un Paese che ha un rapporto debito/Pil superiore al 130 per certo non si può certo permettere di buttare via del denaro pubblico».

Secondo Garbi, a favorire il calo delle quotazioni ha contribuito quindi anche Roma, facendo in un certo modo credere che fosse alle viste un fondo interbancario per  la famosa bad bank: «In pratica, un'emanazione governativa ma pagata dalle banche in bonis, soluzione  che il sistema del credito osteggia».
L'industria bancaria sana i quattrini non li vuol mettere nella bad bank che dovrebbe togliere dai guai i banchieri in difficoltà. Lo Stato non ce li può mettere, perché sennò l'Europa bacchetta Roma che distribuisce aiuti di Stato. In tutto questo marasma basta poco per creare turbolenze sul mercato.

Il responsabile degli analisti finanziari di un grande gruppo bancario, che vuol restare anonimo, è però convinto che, attraverso la Cassa depositi e prestiti o il coinvolgimento diretto del Bancoposta, Matteo Renzi un coniglio debba tirarlo fuori dal cilindro, e abbastanza alla svelta: «Una bad bank, o qualcosa del genere, ci vuole. Bisogna accelerare l'opera di pulizia dei bilanci ma non si possono costringere le banche a fare aumenti di capitale in una fase come questa».

Pure i suggerimenti “pratici” dell'analista anonimo ruotano intorno alla spada di Damocle delle operazioni sul capitale: «Le quotazioni delle banche sono scese a livelli allettanti ma punterei soprattutto sugli istituti che, ragionevolmente, non dovranno ripatrimonializzarsi a breve. Comunque, suggerisco di entrare adesso sulle azioni bancarie solo a chi ha lo stomaco forte». Cercasi risparmiatori coraggiosi e capaci di individuare a distanza il profumo dell'aumento di capitale. E di evitarlo con un dribbling alla Messi.