Nelle elezioni Usa le quotazioni sono sempre cresciute di più con la vittoria dei Repubblicani. Fino a oggi. Perché il candidato Trump le farebbe scendere almeno del 9 per cento. Lo rivela uno studio

dow jones, borsa
In epoca di grandi sfide elettorali, in grado di cambiare il corso delle cose come è stata la Brexit per la Gran Bretagna e come potrebbero essere le prossime elezioni americane, e persino il nostro referendum sulla modifica costituzionale, ai normali esercizi di previsione affidati ai sondaggi o allo studio degli algoritmi economici si stanno affiancando nuovi sistemi di analisi. Per esempio quelli che misurano il reale sentimento dei mercati in relazione a un certo evento, e attribuiscono quindi a un risultato o a un candidato un “premio” o viceversa una “penalità”. Una specie di moltiplicatore dell'effetto vittoria: in senso benefico oppure malefico.

Ebbene, sicuramente ai mercati piace Hillary. E i Repubblicani, che sono sempre stati visti dai protagonisti dell'economia – finanza, manager e Borsa – come la scelta migliore per continuare la propria crescita, questa volta vengono considerati un pericolo. Colpa di Trump, la cui candidatura si traduce in un “discount”, una perdita di valore delle quotazioni dell'intero partito ma anche del benessere in generale per l'ambiente degli affari.

Lo dimostrano, dati alla mano, due economisti (Justin Wolfers dell'Università del Michigan e Eric Zitzewitz del Darmouth College) in un paper appena pubblicato dalla Brookings Institution. Il metodo usato è stato di tracciare cosa è successo concretamente sui mercati durante il primo dibattito Clinton-Trump, il 26 settembre scorso, e poi dopo la pubblicazione del nastro in cui il candidato repubblicano raccontava con una certa crudezza qual è il suo approccio con l'altro sesso. Come questi mercati hanno reagito, in che direzione si sono mossi nella realtà, insomma con quale intensità ha battuto il cuore del grande corpo delle componenti della nostra economia.

Dunque, tra le ore 21 e le 23, mentre il primo confronto tra i due candidati alla Casa Bianca si svolgeva e appariva chiaro il vantaggio di Hillary, un sito di scommesse online chiamato Betfair alzava decisamente il prezzo della scommessa: per ottenere un dollaro in caso di successo democratico, occorreva puntare 69 centesimi e non più solo 63. Cioè le chance di Hillary di vincere erano cresciute del 6 per cento. Quanto ai mercati finanziari, essendo le Borse chiuse a quell'ora, la reazione apprezzabile è quella arrivata dalla quotazione dei future sullo S&P 500, che si è impennata durante l'ora del dibattito dello 0,71 per cento. Il future sul Nasdaq 100 (che comprende molti titoli tecnologici ma anche finanziari) è salito altrettanto. Il che vuol dire che i mercati prevedono che una presidenza Clinton farebbe crescere l'indice di Borsa del 12 per cento. Ma non basta. Man mano che lo scenario della vittoria democratica appariva più probabile, tutto il quadro di andava pacificando: il petrolio riprendeva a salire, l'oro scendeva. Mentre il peso messicano si rivalutava del 30 per cento (ovviamente perché considerava scongiurata la minaccia di Trump di chiudere le frontiere), come pure la valuta canadese (del 10 per cento), essendo entrambi due paesi partner degli Usa nel Nafta.

L'effetto positivo rapidamente si allargava anche ai mercati internazionali, dal FTSE 100 (comprende le più grandi società quotate a Londra, non solo britanniche) i cui future sono scambiati overnight (cioè a brevissimo termine) al Chicago Mercantile Exchange, ai principali mercati asiatici, in quel momento aperti dall'altra parte del pianeta, segno che da tutto il mondo finanziario alla Clinton viene accreditata la capacità di assicurare un futuro più florido di quello che può riservare una vittoria di Trump.

Cosa è successo poi, quando alle quattro del pomeriggio del il 7 ottobre, un venerdì, il “Washington Post” ha reso pubblico il video con le “confidenze” di Trump sul suo modo di avvicinare sessualmente le donne? Qui misurare la reazione dei mercati è stato più difficile. Intanto perché anche quella dei media e dei vari protagonisti non è stata immediata, ma è montata via via nel corso del week-end, con molti esponenti del partito Repubblicano che prendevano le distanze dal candidato e la voce che Trump potesse essere sostituito nella corsa alla presidenza da Mike Pence. Inoltre la confusione nel partito cresceva a tal punto da far temere anche una forte penalizzazione nelle elezioni al Congresso e al Senato e addirittura la possibilità che i Democratici guadagnassero la maggioranza in entrambe le Camere. I mercati finanziari iperò erano chiusi, anche quelli dei future overnight, che riprendono a vivere solo dopo le 18 della domenica.

Cosa è successo a quel punto? Anche qui i primi a segnalare il cambio di orientamento sono stati i siti che fanno scommesse sulle previsioni. Ebbene, la vittoria repubblicana era data al 26,3 per cento di probabilità sul sito Betfair il venerdì pomeriggio, mentre alle 18 della domenica le probabilità erano scese al 18 per cento. Mentre i future dello S&P alla riapertura saliva, seppure in maniera non vistosa.

Come concludono gli autori? A conti fatti, con una serie di equazioni e di ragionamenti che qui non è il caso di ripercorrere, il paper di Wolfers e Zitzewitz attribuisce a Trump un effetto “discount” sui mercati che va da un minimo del 9 a un massimo del 12 per cento, con un aumento della volatilità e dell'incertezza, del rischio economico, della debolezza dell'economia. Un risultato che oltre ad essere in sé significativo, stabilisce un primato, perché contraddice per la prima volta la regola non scritta che ha sempre guidato le elezioni americane: i mercati preferiscono i Repubblicani. Su 24 elezioni analizzate, in 18 è stato infatti documentato un “premio” attribuito dai mercati alla vittoria del candidato conservatore, in alcuni casi anche del valore del 10 per cento. Con Trump questo premio va per la prima volta al partito Democratico.

A che cosa serve stimare il Trump “discount” ? Gli autori osservano che se questo genere di esercizio – quello di tastare concretamente il polso del comportamento dell'economia - si fosse fatto prima del voto sulla Brexit, forse la valutazione della reazione su sterlina ed economia britannica dell'uscita dalla Ue avrebbe suscitato qualche riflessione in più. Per quanto ci riguarda, potremmo invece essere in tempo per applicare l'analisi al futuro esito del nostro referendum: valutando la penalizzazione o il premio che ne potrebbe derivare al nostro paese nel contesto degli affari. Per esempio su Borsa, rendimenti dei Bot, spread. Magari solo per affrontare il voto senza lamentarci, poi.