Mulatu Teshome Wirtu è stato ricevuto anche a Palazzo Chigi e al Senato. All'indomani della manifestazione religiosa in Oromia in cui hanno perso la vita almeno 52 persone. «Saranno individuati i responsabili», dice in conferenza stampa Mattarella. Ma la comunità etiope insorge: «Siamo indignati: non si può accogliere con un cerimoniale un uomo che si sta macchiando di genocidio nei confronti del nostro popolo»

Cordoglio e fiducia nelle autorità etiopi. È la reazione “ufficiale” italiana al massacro del 2 ottobre di Bishoftu, 40 km a sud-est di Addis Abeba. Nella cittadina della regione Oromia, attorno al lago Hersadi, si erano radunate 2 milioni di persone per l'annuale festa religiosa dell'Irrecha. Le celebrazioni si sono trasformate in una protesta contro l'oppressione del governo che negli ultimi mesi ha colpito principalmente le etnie oromo e amhara. La folla ha scandito slogan contro il Fronte Popolare di Liberazione del Tigrè (Tplf), il principale partito della coalizione al potere da 25 anni, chiedendo libertà e giustizia. Fonti ufficiali dell'esecutivo etiope parlano di 52 morti (175 secondo Oromia Media Network), schiacciati dalla calca generata dalla reazione della polizia. Secondo alcuni testimoni, le forze di sicurezza non si sarebbero limitate all'uso di proiettili di gomma e al lancio di lacrimogeni, ma avrebbero anche fatto uso di mitragliatrici.



Quando ieri il presidente della Repubblica Federale Democratica di Etiopia, Mulatu Teshome Wirtu, è stato accolto al Quirinale da Sergio Mattarella, a Palazzo Giustiniani da Pietro Grasso e a Palazzo Chigi da Matteo Renzi, erano passate meno di 24 ore dai fatti di Bishoftu. «Esprimo al Presidente dell'Etiopia i sentimenti di profondo cordoglio del popolo italiano e miei personali per i tragici avvenimenti di ieri – ha dichiarato Mattarella dopo l'incontro –. Siamo certi che le autorità etiopi sapranno fare piena luce sull'accaduto, individuando eventuali responsabilità». Dopodiché, Mattarella si è concentrato sui rapporti commerciali tra i due Paesi (per Addis Abeba l'Italia è il primo partner europeo) e sulla collaborazione tra Africa e Europa nella gestione dei flussi migratori. Per Mulatu Teshome Wirtu, la conferenza stampa al Quirinale è stata l'occasione per attribuire la responsabilità degli incidenti a «l'azione di alcuni facinorosi».



Nessun commento ufficiale dalla Presidenza del Consiglio e dal Senato, che riportano solo foto e video degli incontri istituzionali. Un silenzio che preoccupa la comunità etiope del nostro Paese. «Siamo indignati – ci dice un'attivista –, ci sentiamo ignorati. Abbiamo inviato una lettera al governo italiano, alla Presidenza della Repubblica e ai presidenti del Parlamento. Ma non abbiamo avuto risposte. E ora vediamo Mattarella che riceve con un cerimoniale un uomo che si sta macchiando di genocidio nei confronti del nostro popolo. È una vergogna. Dopo il massacro di Bishoftu, sarebbe stato opportuno rinviare l'incontro. Anche qui in Italia abbiamo paura. Nel 2014 un oppositore del governo, Andargachew Tsege, è stato arrestato in un aeroporto yemenita ed è stato incarcerato in Etiopia. Di lui non si hanno più notizie». Già il 22 settembre, in una manifestazione a piazza Montecitorio, la comunità etiope aveva chiesto l'intervento delle istituzioni italiane, ottenendo un'interpellanza parlamentare presentata, poi, il 28 settembre dal capogruppo di Sel, Arturo Scotto.