Come il verbo dei bitumatori è balzato dalla strada alla scena pubblica: da Umberto Bossi ai titoli dei giornali, passando per Lorenzo, il personaggio di Corrado Guzzanti

Un confronto televisivo fra il grillino Alessandro Di Battista e il giornalista Eugenio Scalfari viene commentato diversamente dai sostenitori del primo e gli ammiratori del secondo. Fra questi ultimi, come non sempre accade, questa volta si annovera l’Unità, che nel suo sito titola: «Scalfari asfalta Di Battista». Non è questo un uso del tutto innovativo del verbo dei bitumatori: di recente Matteo Salvini avrebbe parimenti asfaltato una professoressa democratica e (a basket) Cantù avrebbe asfaltato Sassari, sempre a voler dare retta alle cronache. E dando invece retta alle memorie pare proprio di ricordare che Lorenzo di Corrado Guzzanti usasse il verbo a proposito di derby calcistici romani.

Nel significato di «annichilire con la dialettica o con tecnica e potenza sportiva», «asfaltare» rivela una visione del mondo intermedia fra Wile E. Coyote e il trattore in tangenziale di «Andiamo a comandare». L’interlocutore o il concorrente non va battuto: va spianato e ricoperto di una pavimentazione solida, ancorché drenante: segno che i talk-show hanno preso un andazzo gladiatorio definitivo. Ma è puro wrestling verbale.

L’antecedente storico è lo stesso di molte di queste presunte innovazioni: l’Umberto Bossi che di Achille Occhetto diceva: «Ci passo e ripasso sopra con il caterpillar sino a che di lui non resterà altro che una nuvola di baffi». Al confronto coi suoi successori e emuli odierni, pare quasi Majakovskij.