Un penalty sbagliato, un fallimento calcistico, una guerra all'orizzonte. La vicenda dell'ultimo capitano della nazionale jugoslava, raccontata da Gigi Riva, conquista la giuria dell'Association des ecrivains sportifs. Viene premiato come miglior libro straniero pubblicato in Francia nel 2016 

'Una storia di calcio e di guerra' è il sottotitolo de “L'ultimo rigore di Faruk", il libro della firma dell'Espresso Gigi Riva che ha vinto il Prix Etranger sport et littérature 2016. La storia è quella di Faruk Hadzibegic, capitano della Jugoslavia a Italia '90. Il suo errore dal dischetto nel quarto di finale contro l'Argentina condanna la sua nazionale all'eliminazione. Sarà l'ultimo atto della storia calcistica del Paese unito. La guerra, invece, è quella che determinerà la dissoluzione della Jugoslavia negli anni immediatamente successivi ai mondiali delle 'Notti magiche'.
Il testo di Gigi Riva, pubblicato prima in Francia da Seuil col titolo “Le dernier penalty” e poi in Italia da Sellerio, già selezionato nella cinquina di finalisti del premio "Jules Rimet", racconta la storia di un uomo e l'intreccio, mai tanto stretto e soffocante, tra sport e politica. Un legame che trova una sintesi perfetta in quel rigore che «è trasvolato dal calcio, si è fatto mito, passaggio cruciale, leggenda».
Nelle precedenti edizioni il premio dell'associazione francese degli scrittori sportivi era andato al poeta brasiliano Max de Carvalho, a Daniel James Brown e a Joyce Carol Oates.

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In Croazia, Serbia e Bosnia il nome del difensore nativo di Sarajevo riporta alla mente solo quell'episodio del 'Franchi' di Firenze, quel penalty respinto da Goicoechea. «Se avesse segnato...», gli dicono continuamente. Perché, soprattutto da quelle parti, il calcio muove i popoli. E battere Maradona, entrare fra le prime quattro selezioni del mondo, avrebbe potuto scongiurare il crollo del nazionalismo jugoslavista. Magari le cose sarebbero andate diversamente, dice la credenza popolare, largamente diffusa.

Oggi Hadzibegic allena il Valenciennes, in Francia, ma il ricordo di quella rincorsa dagli undici metri e di quel peso insopportabile sulle spalle non lo ha mai abbandonato.