Alla vigilia della manifestazione "Non una di meno", parla Titti Carrano, presidente della rete dei Centri Antiviolenza “Dire”. “La violenza contro le donne è strutturale, il Piano per combatterla è rimasto sulla carta. Più soldi dalla legge di stabilità? Vedremo come saranno distribuiti”

Si celebra la giornata mondiale contro la violenza sulle donne, a Roma si prepara la manifestazione del 26 “Non una di meno” contro il femminicidio e per rivendicare diritti e libertà ma il confronto con certi “alle calende greche” fa venire il capogiro.

Per esempio, vien fuori che che in Italia dati certi – ufficiali e incontrovertibili - sul numero di femminicidi non ce ne sono. E il totale, tra i vari che contano, allo stesso numero totale: “I dati del ministero dell’Interno e i nostri non coincidono”, ha chiarito l’altro giorno Vittoria Tola, presidente dell’Udi, l’unione donne italiane: “Ognuno si gioca dei numeri, come al Lotto”. “Le donne uccise ce le dobbiamo contare guardando i giornali, i siti, le notizie”, conferma Titti Carrano, avvocata e presidente di Dire, la rete nazionale di 77 centri antiviolenza. Ad esempio: per il 2016, sul comunicato ufficiale di Non una di meno c’è scritto “circa 123”, secondo l’Eures sono 116.

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Non avete dati?
“Non ufficiali. Non li abbiamo dal pronto soccorso, dalle forze dell’ordine, dai processi, dalle condanne, né dai servizi territoriali. Abbiamo le ricerche Istat, ma sono state due in dieci anni. I dati servono, è importante che ci siano, per poter poi indirizzare le politiche. Ma se non arriviamo a una definizione condivisa di femminicidio, non possiamo averli”.

Non abbiamo neanche quella?
“È una delle azioni previste dal piano straordinario contro la violenza sulle donne”.

A che punto è quel piano?
“Scadrà a giugno 2017, è stato fatto ben poco, quasi niente, il dipartimento delle Pari opportunità ha fatto dei bandi, indirizzati alle scuole. Il resto - prevenzione, sensibilizzazione, rafforzamento dei centri antiviolenza - è rimasto sulla carta”.

Non c’è stata una accelerazione da settembre a oggi?
“Una riunione, ne è seguita un’altra qualche giorno fa. Stiamo aspettando l’insediamento dell’osservatorio previsto dal Piano, nel quale sono previste le associazioni, e che ha la funzione di fare proposte alla cabina di regia inter-istituzionale”.

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In concreto?
“Siamo all’annuncio”.

E i fondi?
“Ora si dovrebbero sbloccare quelli del 2015-2016. La tranche precedente, quella 2013-2014, si è rivelata un grande flop. Viene detto impropriamente che i fondi sono destinati ai centri antiviolenza. In realtà un terzo, circa 16 milioni, è destinato all’apertura di centri nuovi. Due terzi sono destinati alle Regioni:l’80 per cento per finanziare le attività regionali già in atto, e soltanto il 20 per cento ai centri antiviolenza e alle case rifugio”.

Quindi pochi spicci.
“In media, seimila euro ai centri antiviolenza, settemila alle case rifugio. Lo ha detto la Corte dei conti a settembre, confermando ciò che dicevamo da tempo e rilevando ritardi nell’erogazione e poca trasparenza”.

Adesso nella legge di bilancio è stato appena approvato un emendamento che li aumenta di cinque milioni.
“Aumenta il fondo per diritti e pari opportunità, vedremo poi come saranno distribuiti. Se l’emendamento sopravvive”.

Cosa accadrà dopo la manifestazione di Non una di meno?
“Il 27 sono previsti otto tavoli tematici, per arrivare a tratteggiare un piano anti violenza non straordinario, e che parta dal basso, dalle donne. La violenza viene condannata solo a parole: ma è un fenomeno strutturale, abbiamo bisogno di interventi strutturali, e non di Piani burocratici, standardizzati, privi di concretezza”.

Parlerete anche di “narrazione della violenza attraverso i media”. Un tema che, dicono alcuni pubblicitari, è vecchio: così come gli stereotipi sessisti, superati, dicono.
“Ah si eh? Allora dovrebbe chiedere a loro cosa ne pensano del vergognoso spot della Rai – ne abbiamo chiesto il ritiro - che usa i bambini per veicolare messaggi stereotipati, sessisti, sulla violenza come condanna ineluttabile. Ma c’è da dire che è un periodo in cui sugli spot istituzionali, dal fertility day a questo, non ne azzeccano una”.