Einstein aveva ragione sulla loro esistenza, la tessera mancante nel puzzle della relatività generale. Ora la scienza ha una nuova tecnologia per studiare i restanti misteri dell'universo
Dopo aver osservato col suo primordiale telescopio solo quattro delle molte lune di Giove, Galileo ha capito che la Terra non è al centro di tutto. Dopo aver scoperto le galassie, e perdipiù che si allontanano da noi a enormi velocità, Edwin Hubble ha spalancato gli occhi umani sulle enormi, reali dimensioni dell’universo. Dopo che Karl Jansky aveva inaugurato la radioastronomia, Arno Penzias e Robert Wilson hanno misurato la radiazione cosmica di fondo, la riprova del Big Bang.
Ogni volta che la scienza è progredita nell’osservazione dell’universo, ha scoperto cose inaspettate. Oggi che è nata una nuova astronomia, avremo l’occasione di stupirci ancora? Il
Ligo (progetto congiunto fra il Caltech di Pasadena e l’Mit di Boston) col quale ha collaborato l’analogo interferometro Virgo, dislocato a Cascina in provincia di Pisa (gestito dall’Istituto Nazionale di fisica nucleare e dal Cnrs francese), ha finalmente verificato l’esistenza delle
onde gravitazionali predette nel 1915 da Albert Einstein, nella sua Relatività generale. Quanto basta a far nascere un nuovo tipo di osservazione astronomica.
[[ge:rep-locali:espresso:285180625]]In parole povere, le onde gravitazionali sono variazioni nel cosiddetto tessuto spaziotemporale dell’universo, generate da masse gravitazionali enormi, visto che la gravità è la forza più debole presente in natura. Una facile similitudine è quella con un sasso lanciato nello stagno che, sulla superficie dell’acqua, produce le tipiche onde circolari. Insomma, l’idea è che un evento gravitazionale di enormi dimensioni possa addirittura allargare o restringere lo spazio, oltre che il tempo.
Il Ligo (Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory) è composto da due osservatori, uno in Louisiana e uno nello stato di Washington, entrambi fatti da due tunnel di quattro chilometri, perpendicolari l’uno all’altro. Un sistema di laser e di specchi, arrivato solo da pochi mesi a un grado di precisione un tempo impensabile, è in grado di registrare variazioni impercettibili dello spazio prodotte dalle onde gravitazionali che arrivano dal cosmo: lo spazio può letteralmente espandersi o restringersi.
Il 14 settembre scorso, alle 11:51 ora italiana, i due esperimenti Ligo hanno registrato gli effetti della collisione fra due buchi neri (un’altra “prima” mondiale) a 1,3 miliardi di anni luce di distanza, ovvero avvenuta 1,3 miliardi di anni fa. Il Ligo vicino a New Orleans e quello vicino a Seattle, a 3mila chilometri di distanza l’uno dall’altro (ovvero tre millisecondi, se si procede alla velocità della luce come le onde gravitazionali) hanno misurato questa infinitesimale variazione spaziotemporale. Poi l’esperimento è stato ulteriormente confermato con una triangolazione fra i due siti americani e quello in Toscana.
Per dare un’idea di quanto sia impercettibile il segnale registrato dall’esperimento, «la variazione spaziotemporale – ha detto il coordinatore di Virgo, Fulvio Ricci, durante la conferenza stampa a Cascina in contemporanea con Washington – è stata di mille volte più piccola del nucleo di un atomo». E questo, a fronte di un fenomeno galattico di proporzioni spaventose. I due buchi neri avevano «una massa corrispondente a 65 stelle delle dimensioni del nostro Sole – ha spiegato Albert Lazzarini, uno scienziato di Ligo, anche lui presente alla conferenza stampa italiana – ma che, durante la collisione, ha irradiato un’energia corrispondente a 100mila miliardi di miliardi di soli: non sotto forma di onde elettromagnetiche (che includono la luce visibile), ma sotto forma di onde gravitazionali». Di conseguenza invisibile all’occhio umano.
E qui sta il punto. Oggi nasce una nuova tecnica astronomica, capace di leggere e misurare eventi che né un telescopio, né un’antenna radio avrebbero mai potuto rilevare.
Per secoli, gli scienziati hanno studiato il cosmo usando la luce visibile. Solo nell’ultimo secolo, abbiamo imparato a usare l’infrarosso, l’ultravioletto, i segnali radio, i raggi-X e i raggi gamma. Oggetti invisibili alla nostra vista, possono rivelarsi visibilissimi alle onde radio, e la luce infrarossa può vedere attraverso nuvole di materia che non fanno passare la luce visibile. Gli esperimenti di Ligo e di Virgo sono solo l’inizio di un nuovo modo di guardare all’immensità dello spazio e, soprattutto, di studiare gli eventi più maestosi e remoti della sua storia.
Si può dire che, a cento anni dal suo annus mirabilis, le geniali profezie matematiche di Einstein sono confermate. Si può prevedere che, presto o tardi, qualcuno andrà a Oslo a ritirare il Premio Nobel per questa scoperta. Ma non si può ancora immaginare quale altro mistero verrà svelato, già nei prossimi anni, da questo nuovo modo di guardare all’universo: per esempio scoprire cos’è successo in quelle centinaia di milioni di anni, quando l’universo era ancora in fasce ed era così denso che la luce non riusciva a uscirne fuori. Avremo modo di stupirci ancora.