C'è voluto un po', ma alla fine il mister Wolf del centrodestra è tornato. Con le dovute proporzioni, è difficile non paragonare Guido Bertolaso, candidato berlusconiano per il Campidoglio, al personaggio di Pulp fiction interpretato da Harvey Keitel. Quello in grado di appianare ogni difficoltà seduta stante con le sue capacità organizzative, che al telefono tranquillizzava «Ci vogliono trenta minuti, ce ne metterò dieci» e poi si presentava addirittura in anticipo di una manciata di secondi.
Proprio come il boss Marsellus Wallace, anche Silvio Berlusconi ha avuto il suo problem solver. Da usare come un jolly, spendere nei casi di necessità, far venerare come un santino per spezzare e spazzare ogni critica, fino a un passo dalla nomina a ministero. Salvo poi vederlo travolto da scandali e inchieste, fra accuse di mazzette e presunti favori edili e sessuali. Grazie anche a un "sistema" che in nome dell'emergenza ha fatto dell'eccezione la regola, favorendo il prosperare di un sottobosco di imprenditori e faccendieri vari tanto fitto quanto discutibile.
Dai rifiuti all'archeologia, dalle visite del papa alla polmonite atipica, dagli smottamenti ai terremoti, quasi non c'è stato ambito dello scibile umano che non abbia visto Bertolaso come commissario straordinario. Al punto che pretendere di elencare tutti gli affidamenti diretti che Berlusconi gli ha assegnato senza perderne qualcuno appare opera improba. Eppure in pochi oggi ricordano che la carriera dell'uomo che l'ex Cavaliere vorrebbe al Campidoglio iniziò col centrosinistra di Romano Prodi, che lo nominò alla guida della Protezione civile nel 1996 (per un anno), commissario dell'ospedale romano Spallanzani e vicecommissario al Giubileo, quando la fascia tricolore la indossava Francesco Rutelli e lo sfidante Roberto Giachetti era capo di gabinetto.
Ma è con la vittoria elettorale della Casa delle libertà del 2001 che arrivano le prime vere soddisfazioni. Nemmeno il tempo di sedersi (di nuovo) al vertice della Protezione civile che c'è già il primo Grande evento da organizzare: il vertice Nato-Russia a Pratica di Mare, quello dell'incontro fra George Bush e Vladimir Putin (che varrà a Berlusconi la nomination al premio Nobel per la pace da parte del senatore Antonio Gentile, fresco viceministro del governo Renzi). Bertolaso è commissario straordinario. E spazia dalla politica internazionale alla vulcanologia. Passano pochi mesi, l'Etna torna a farsi sentire e Berlusconi delega infatti "l'amico Guido" per organizzare gli interventi nel catanese. Incarico al quale un mese dopo si aggiunge pure quello per il crollo della scuola elementare di San Giuliano di Puglia, in provincia di Campobasso.
È solo l'inizio. C'è la guerra in Iraq e l'Italia potrebbe essere oggetto di attacchi batteriologici? Berlusconi dichiara lo stato di emergenza e gli affida il compito di coordinare le iniziative per la sicurezza nazionale. C'è il rischio della diffusione della Sars? Ci pensa Guido. Muore Giovanni Paolo II? In cabina di regia c'è ancora lui. Il centrosinistra vince le elezioni? Sempre da Bertolaso si passa, che sia per gestire l'emergenza incendi nei boschi o riedificare un paese del catanzarese devastato da una frana.
Una escalation senza sosta, che culmina proprio quando Berlusconi torna a Palazzo Chigi e lo promuove sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Nel giro di pochi anni il numero uno di via Ulpiano diviene commissario straordinario per i Mondiali di ciclismo di Varese, la visita di Benedetto XVI a Cagliari, l'emergenza maltempo in Piemonte e quella rifiuti in Campania, l'ospedale San Giovanni Di Dio di Agrigento sequestrato per carenze strutturali, l'area archeologica di Roma, i lavori del G8 alla Maddalena, la ricostruzione dell'Aquila.
Più che un commissario, uno one man show. Come fosse dotato di poteri miracolosi di guarigione, sempre pronto alla bisogna, ormai Bertolaso è una sorta di re taumaturgo che al posto della corona indossa l'immancabile felpa della Protezione civile, a simboleggiare l'uomo del fare abituato a sporcarsi le mani (e quindi a vestire comodo). Anche perché ormai il suo dipartimento si è trasformato in una macchina da guerra che coordina gli appalti pubblici, decide la sorte delle città disastrate, gestisce finanziamenti sempre più ingenti, organizza grandi eventi, kermesse di sport, incontri religiosi. Ogni critica diventa lesa maestà davanti all'opinione pubblica.
Il 29 gennaio 2010 il centro dell'Aquila è ancora un cumulo di macerie ma nella caserma della Finanza a Coppito si celebra il passaggio di consegne col neo-governatore Gianni Chiodi a commissario per la ricostruzione. «Il minimo che possiamo fare è promuovere da subito Bertolaso ministro» scandisce Silvio Berlusconi. Una vera iattura, perché l'apice coincide con l'inizio della caduta. Nemmeno due settimane dopo il capo della Protezione civile finisce nel registro degli indagati nell'inchiesta fiorentina sulle Grandi opere, che porta all'arresto del presidente del Consiglio superiore dei Lavori pubblici Angelo Balducci, gli ingegneri Fabio De Santis e Mauro della Giovampaola, l'imprenditore Diego Anemone.
Spuntano ipotesi di corruzione, presunti favori sessuali fatti passare massaggi fisioterapici, case in prestito, lavori di ristrutturazione gratuiti. Tutti addebiti sempre smentiti da Bertolaso, il cui stellone esce però appannato anche dal coinvolgimento nell'inchiesta sulle avventate rassicurazioni della commissione Grandi rischi a ridosso dal sisma aquilano. Omicidio colposo e lesioni, l'accusa. Delle tante aperte, sono le uniche due inchieste ancora in piedi e in cui Bertolaso è imputato, oltre a un nuovo processo della Corte dei conti relativo alle spese per il G8 alla Maddalena.
«Rinuncerò alla prescrizione» ha garantito lui al momento di accettare la candidatura a sindaco di Roma, fatta «per senso civico» e col modesto obiettivo di «salvare la città». Pure se non è del tutto escluso che il suo nome debba passare per le primarie del centrodestra. «La prima gara che Bertolaso farà in vita sua» la puntura velenosa di Matteo Orfini, con chiara allusione alla pratica degli affidamenti diretti tanto in voga all'epoca.
In realtà non è affatto detto che sarà così: «Se il centrodestra vuole farle, le facciano. Che io partecipi si vedrà» ha già avvertito il diretto interessato. Come direbbe il mister Wolf di Tarantino: «Sono qui per dare una mano e se il mio aiuto non è apprezzato, tanti auguri signori miei».