I due Stati non accettano la decisione delle Nazioni Unite che nel provvedimento chiedono di "assicurare la libertà di movimento" al fondatore di WikiLeaks, da oltre tre anni rifugiato nell'ambasciata dell'Equador

Il pronunciamento ufficiale del Gruppo delle Nazioni Unite sulle detenzioni arbitrarie (United Nations Working Group on Arbitrary Detention), diffuso ufficialmente stamattina dall'Onu, conferma in pieno le indiscrezioni di ieri della Bbc: per le Nazioni Unite Julian Assange è in uno stato di “detenzione arbitraria”. «La deprivazione della libertà del sig. Julian Assange è arbitraria e contraria agli articoli 9 e 10 della Dichiarazione Universale dei diritti umani»: la decisione chiave del verdetto è la dichiarazione esplicita che si tratta di detenzione. Fino ad oggi, tanto la Svezia, che ha aperto un'indagine su Julian Assange ed emesso un mandato di arresto europeo, tanto l'Inghilterra, dove il fondatore di WikiLeaks si trova rifugiato nell'ambasciata dell'Ecuador a Londra, hanno sempre risolutamente rigettato la possibilità che si trattasse di uno stato di detenzione. Per entrambi gli Stati si tratta invece di una libera scelta, alla quale Assange potrebbe mettere fine in qualsiasi momento.

Il pronunciamento delle Nazioni Unite su questo punto è assolutamente netto e senza ambiguità, tanto che nel parere Onu si chiede alla Svezia e all'Inghilterra di «assicurare la libertà di movimento a Julian Assange e di accordagli un diritto alla compensazione» per il danno subito a causa della detenzione arbitraria.

«Il gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulle detenzioni arbitrarie è il più alto organismo dell'Onu che decide in materia di detenzione», spiega a “l'Espresso” Carey Shenkman, uno degli avvocati di Julian Assange, che ha lavorato al ricorso fino dal 2014. L'Onu ha raccolto il ricorso di Julian Assange, come le controdeduzioni di Svezia e Inghilterra, e «ha deciso di dare ragione a noi», spiega il legale.

Shenkman ci tiene a sottolineare che il pronunciamento più importante dell'Onu è proprio quello di riconoscere lo stato di detenzione di Assange. «L'argomento principale di Svezia e Inghilterra è che lui si trova lì dentro perché così ha scelto. Lo stesso vale per la stampa: i media insistono a dire che è Assange il responsabile della sua stessa reclusione, ma perché sta lì? Ci sta perché non ha altra scelta: l'unica alternativa sarebbe andare in Svezia e rischiare l'estradizione negli Usa», ragiona Carey Shenkman.



Ma anche dopo il pronunciamento ufficiale, tanto la Svezia quanto l'Inghilterra continuano a rigettare questa interpretazione. In una lettera ufficiale dell'ambasciatore svedese Anders Ronquist al capo del Gruppo di lavoro Onu, che il ministero degli Esteri svedese ha rilasciato stamani a l'Espresso, la Svezia fa notare che il Gruppo di lavoro non è compatto sulla scelta di dichiarare Assange in stato di detenzione e per giunta arbitraria. L'ambasciatore fa notare che uno dei membri del Gruppo si è espresso a sfavore di questa interpretazione e nel parere ufficiale dell'Onu si cita apertamente questa opinione dissenziente. Non solo: attraverso l'ambasciatore Anders, la Svezia fa sapere di non concordare con l'interpretazione delle Nazioni Unite e di non considerare affatto Julian Assange a rischio di estradizione negli Usa: «Nessuna richiesta di estradizione riguardante il signor Assange è pervenuta alla Svezia». In dissenso con il pronunciamento Onu, il diplomatico svedese ribadisce che il confinamento del fondatore di WikiLeaks è una scelta puramente volontaria e che l'indagine preliminare su Assange è nelle mani dell'autorità giudiziaria svedese, che è indipendente dal governo della Svezia.

La Svezia non ha dunque cambiato posizione rispetto agli ultimi sei anni. Per capire che farà Assange sarà importante valutare cosa possa esserne del mandato di arresto europeo a scopo di estradizione in Svezia per interrogarlo: è questo provvedimento giudiziario emesso dal procuratore di Stoccolma, Marianne Ny, che tiene Julian Assange confinato nell'ambasciata, perché con l'estradizione in Svezia, a suo giudizio e a giudizio dei suoi legali, il rischio estradizione negli Usa è invece molto alto.

«Rimane da vedere se da un punto di vista strettamente giuridico il mandato di arresto europeo contro Julian Assange è ancora valido, considerando che, per esempio, nel frattempo le accuse di molestie e coercizione sono finite in prescrizione e il provvedimento giudiziario non riflette questi sviluppi», spiega Carey Shenkman.

L'impasse legale e diplomatico, dunque, continua. Ma c'è da sperare che il parere del Gruppo di lavoro dell'Onu sulle detenzioni arbitrarie non cada nel nulla, perché se rimarrà lettera morta sarà poi difficile usarlo per difendere i diritti di attivisti politici, come Aung San Suu Kyi, detenuti in modo completamente arbitrario da regime feroci. Anche per questo il caso Assange è una partita importante.

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