Referendum 8-9 giugno, una battaglia per i diritti - Cosa c'è nel nuovo numero de L'Espresso

L’8 e il 9 giugno si vota Sì: L’Espresso scende in campo a sostegno dei cinque referendum in arrivo. “Una battaglia per i diritti”, li definisce lo strillo della copertina del prossimo numero. All’interno, Maurizio Landini spiega ad Anna Dichiarante perché i quesiti sul lavoro servono a dare un futuro ai giovani limitati dalla precarietà, Gloria Riva svela i trucchi del governo per vantarsi di una crescita dell’occupazione che in realtà non c’è mentre Felice Florio intervista Bernard Dika, simbolo dei giovani di origine straniera che oggi impiegano almeno dieci anni per avere la cittadinanza. E mentre un lungo articolo di Susanna Turco racconta retroscena e prospettive dei referendum, una scheda analizza uno per uno i cinque quesiti. E spiega perché è giusto votare Sì.

 

Le inchieste mettono a fuoco i retroscena delle serie minori del calcio, che nascondono frodi, violenze e infiltrazioni mafiose: ne scrivono Gianfrancesco Turano e Carlo Tecce, mentre Giovanni Chianelli fa il punto su cosa attende il Napoli dopo la vittoria del quarto scudetto. Lorenzo Stasi racconta il raduno sulla remigrazione che ha sancito la saldatura tra Lega e suprematisti: il modello sono gli Usa di Trump, leader che, scrive Sebastiano Messina, insieme a Putin e Netanyahu, ha un record di gradimento tra gli elettori leghisti. Anche l’editoriale del direttore Emilio Carelli è dedicato al presidente Usa, che con l’accanimento contro Harvard «sta mettendo in discussione il patto costituzionale tra Stato e società civile, tra potere politico e libertà culturale».

 

Sergio Rizzo torna a dedicarsi ai magistrati: dopo il suo articolo su L’Espresso, che rivelava un traffico di arbitrati, i giudici amministrativi hanno imposto a Radio radicale di oscurare le registrazioni delle sedute del proprio Consiglio. Tra tanti comportamenti opachi, per fortuna Sergio Mattarella, che è anche presidente del Csm, mantiene una confortante autorevolezza, scrive Enrico Bellavia. Marco Antonellis critica chi tira il Papa per la giacchetta, Barra loda la sartoria sociale del Centro Milano Donna. E Antonella Napoli rivela che l’inchiesta sull’uccisione dell’ambasciatore Attanasio adesso punta alla Corte penale internazionale dell’Aia.

 

Le pagine di esteri si aprono con la provocazione di un attivista egiziano trapiantato negli Usa: “Un giorno tutti diranno di essere stati contro” è il titolo del libro di Omar el Akkad, che racconta a Paola Caridi il senso di un pamphlet ispirato dall’omertà davanti allo sterminio dei palestinesi, ma mirato anche all’atteggiamento della stampa e dei benpensanti verso chi si impegna per lottare contro le ingiustizie: è la stessa ipocrisia che ha accompagnato il movimento Black lives matter, a cui dedica la sua pagina Diletta Bellotti.

 

Erica Manna fa un focus sulla condizione delle donne palestinesi, mentre Rita Rapisardi annuncia la Global March to Gaza, che a giugno cercherà di spezzare l’assedio che fa morire di fame chi è sopravvissuto a 600 giorni di bombardamenti. Lidia Ginestra Giuffrida si concentra sulla Siria, dove la minoranza drusa deve difendersi da islamisti e israeliani, mentre Sabato Angieri racconta la guerra commerciale che scorre parallela a quella tra Russia e Ucraina. In Nicaragua intanto, denuncia Daniele Mastrogiacomo, la libertà si stampa è nel mirino di un regime che ha costretto all’esilio il direttore del quotidiano più importate del Paese.

 

La Polonia affronta il secondo turno delle Presidenziali (ne scrive Federica Bianchi), la Germania si apre con cautela ai rapporti con il governo Meloni (di Uski Audino). La Danimarca, invece, fa scandalo per la gestione degli immigrati: Sacha Biazzo e Florian Elabdi rivelano l’esistenza di un centro di reclusione dove i richiedenti asilo vengono sfruttati per 80 centesimi l’ora prima di essere espulsi, un regime di lavori forzati di cui approfittano molte aziende. Altri scandali arriveranno grazie al “liberi tutti” statunitense sulla corruzione: Paolo Biondani racconta che Trump ha cancellato la storica legge contro le tangenti, lasciando mano libera alla corruzione per le multinazionali in tutto il mondo.

 

Milano, scrive Carlo Buonamico, è sempre più una città per ricchi: ma invece di preoccuparsi di questo, gli abitanti scendono in campo contro i prati lasciati crescere per aiutare la biodiversità (lo racconta Angiola Codacci-Pisanelli). Sul fronte delle nuove tecnologie, mentre i dazi mettono Apple a rischio crisi (di Alessandro Longo), Google, scrive Marco Montemagno, ha insegnato alla sua Intelligenza artificiale come trasformare una semplice descrizione in un video che sembra vero.

 

E L’Espresso chiude con una chiacchierata tra Giuseppe Antonelli e Sabina Minardi sull’importanza delle parole ben scelte, con un ritratto appassionato di Miriam Mafai, protagonista di una biografia firmata da Annalisa Cuzzocrea e recensita da Caterina Bonvicini, e con un dialogo tra Emanuele Coen e Giovanni Allevi, finalmente impegnato in una nuova tournée. Due articoli propongono spunti per un’estate piena di musica lirica (ne scrive Bruno Ployer) e di teatro (di Francesca De Sanctis).

 

Infine, due temi su cui meditare: Loredana Lipperini invita a confrontare l’ossessione a chiarire i delitti di cronaca con l’omertà sulle violenze di Stato, mentre la rubrica delle lettere ospita una violenta invettiva contro l’impegno de L’Espresso nel raccontare lo sterminio dei palestinesi perpetrato da Netanyahu: «I massacratori hanno i loro fan», commenta Stefania Rossini.

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