Trivelle, quello sversamento negato e finito sotto inchiesta

La testimonianza inedita di un ex ammiraglio della Guardia Costiera: nella notte tra il 21 e il 22 gennaio 2013 la piattaforma offshore Rospo Mare ha sversato petrolio nell'Adriatico. L'azienda nega tutto. Ma la Procura di Larino indaga su tre dirigenti di Edison. Ipotesi di reato: disastro colposo. Ecco come abbiamo rischiato una marea nera

“Lo sversamento di petrolio a Rospo Mare c'è stato, è un fatto innegabile”. L'ammiraglio Luciano Pozzolano è recentemente andato in pensione, dopo 40 anni di carriera nel corpo della Guardia Costiera. Ma la notte tra il 21 e il 22 gennaio 2013 aveva ancora i gradi del comandante cuciti sulla divisa: capo della direzione marittima Abruzzo e Molise delle Capitanerie di porto.

Sono da poco passate le 23,30 quando Pozzolano riceve riceve un allarme: dalla nave cisterna Alba Marina, collegata con tubature fisse alle piattaforme petrolifere Rospo Mare, distanti 20 chilometri dalla costa di Termoli, i marinai hanno notato tra le onde una macchia fluorescente. Si teme che sia petrolio. “Ordinai subito agli aerei di decollare dall'aeroporto di Pescara. E in effetti i nostri mezzi notarono una iridescenza lunga circa un miglio, 2 chilometri, che si muoveva in direzione della corrente a partire dalla poppa della nave cisterna”.
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Le riprese aeree degli Atr della guardia costiera, equipaggiati con attrezzature capaci di scansionare il mare con grande precisione, non lasciavano dubbi: era petrolio. “Fu confermato dai nostri mezzi subacquei, che intervennero nei giorni successivi: i sommozzatori trovarono tracce di idrocarburi sulle condutture sottomarine che trasportano il greggio dalla piattaforma alla nave cisterna. Nelle condotte, alcuni bulloni risultavano vistosamente allentati e questo sicuramente aveva prodotto una perdita di petrolio in mare”, riferisce l'ammiraglio, che prima d'ora mai aveva raccontato questa vicenda, se non ai giudici e ai suoi diretti superiori nella gerarchia militare. Le sue rivelazioni oggi riaccendono l’attenzione sull’incidente petrolifero di Rospo Mare, finora sempre negato da Edison, l’azienda che gestisce la piattaforma, in joint venture con Eni.

Disastro colposo
Il rapporto dell'ammiraglio Pozzolano fa parte del fascicolo di indagine aperto dalla procura di Larino contro tre manager dell'azienda petrolifera italo-francese, che nel mare nostrum gestisce 23 permessi di coltivazione di idrocarburi, per 2000 chilometri quadrati. I pm hanno svolto, poco dopo Pasqua, un incidente probatorio sui tubi sottomarini che collegavano la piattaforma petrolifera alla nave cisterna da cui partì l'allarme, sequestrati poco dopo l'incidente.

L'esame dei periti ha dato esito positivo: le condutture sono sporche di petrolio, e non un petrolio generico: si tratta di greggio dello stesso tipo di quello estratto dal pozzo di Edison, un olio pesante, impuro, normalmente utilizzato come bitume. Per i magistrati è una prova importante, che si aggiunge ai rapporti dei militari della Guardia costiera che intervennero subito dopo l'allarme.

L'ipotesi di reato è gestione di rifiuti non autorizzata e disastro colposo. Come sparisce una macchia nera Il mare lava tutto, anche il petrolio. Cancella ogni prova. E di ciò che avvenne nelle concitate ore seguite all'allarme del gennaio 2013 non resta quasi traccia nella memoria dei più. Eppure le cronache di quei giorni appaiono chiare.

Dopo l’allarme, poco prima di mezzanotte, i mezzi di emergenza del Consorzio Castalia, che operano per conto del ministero dell'Ambiente, si recano verso il campo petrolifero insieme alle motovedette della guardia costiera. Raggiungono il luogo dell’incidente in poche ore e subito avviano le operazioni antinquinamento. La notizia filtra sulle agenzie la mattina dopo, il 22 gennaio.

“Chiazza di idrocarburi al largo delle coste tra Abruzzo e Molise. La chiazza è stimata in 1000 litri”, dà notizia l'agenzia Ansa alle 9,15. La capitaneria conferma poco dopo: “Si tratta di una macchia larga 20 metri e lunga 60”. Augusta di Giorgi, allora assessore all'ambiente del comune di Termoli, in una dichiarazione alla stampa precisa la dinamica dell'incidente: “Si è rotta una manichetta nelle condutture subacquee, sostituita appena 3 mesi fa. Il greggio, a contatto con l'acqua fredda del mare, si è solidificato. La scia di idrocarburi è stata ripulita con barriere antinquinamento”.

Il giorno dopo, il 23 gennaio, la procura della Repubblica di Larino apre un'inchiesta, mentre la stazione locale del Wwf rilancia l'allarme: nei pressi della foce del torrente Buonanotte sono stati avvistati dei volatili sporchi di petrolio. Tutto sembra chiaro. Ma il 24 gennaio, a 60 ore dall'allarme, Edison convoca una conferenza stampa: “Si può escludere – afferma l'allora direttore del settore idrocarburi di Edison Nicola Monti – la presenza di greggio in mare e quindi di qualsiasi forma di inquinamento''.

La macchia avvistata, precisa il dirigente di Edison “si è rivelata essere composta di natura diversa dal petrolio, sostanzialmente terra ed erba di origine fluviale”. Poi, il 25 gennaio, le condizioni meteo, già tutt'altro che buone, peggiorano rapidamente. I bollettini meteo prevedono burrasca, con mare forza 9. Le operazioni antinquinamento si interrompono. Dell'incidente di Rospo Mare non si parla più. Come se nulla fosse mai accaduto.

Zero incidenti?
Secondo l'ultimo report ambientale di Assomineraria, l'associazione dei petrolieri, l'Italia vanta un primato mondiale: nessuno sversamento di petrolio dalle piattaforme offshore negli ultimi 5 anni. Il presidente dell'associazione, Giuseppe Tannoia, nel rapporto rivendica una “attenzione maniacale a tutti gli aspetti della preservazione dell’ambiente”. È un refrain dei sostenitori del no al referendum del 17 aprile: gli impianti italiani non hanno mai sversato una goccia di petrolio in mare.

Oggi le indagini della procura di Larino sembrano smentire questa lettura: a poche miglia dalle isole Tremiti, appena 3 anni fa, abbiamo rischiato una marea nera, in uno specchio d'acqua - l'Adriatico - chiuso da tre lati, in cui il ricambio è lentissimo. Come è possibile che Edison e Assomineraria abbiano negato l'incidente, senza essere mai – prima d'ora – smentiti? “Bisogna intendersi su cosa si intende per incidente”, spiega Ezio Amato, responsabile emergenze in mare di Ispra.

“I report ufficiali obbligano solo a riportare incidenti superiori a 7 tonnellate, 6 mila litri. Su quelli inferiori non c'è alcun obbligo, ma resta il fatto che il gestore ha il dovere di denunciare qualsiasi sversamento, di ogni misura”, continua Amato. L’esperto non ha dubbi: “Non è possibile scambiare petrolio con terra ed erba di origine fluviale. Se c’è una macchia di petrolio in mare, si distingue chiaramente”.

Il petrolio che non galleggia
Anche i ricercatori di Ispra, l'istituto di ricerca che lavora a supporto del ministero dell'Ambiente, furono chiamati a intervenire subito dopo l'allarme lanciato a Rospo Mare. Come racconta Luigi Alcaro, dirigente del servizio Emergenze ambientali in mare: “Il ministero ci chiese informalmente un parere tecnico sul comportamento di quel petrolio in mare.

Dallo studio delle caratteristiche del greggio estratto a Rospo Mare notai che si tratta di un idrocarburo pesante, denso, viscoso, che con basse temperature dell'acqua tende a formare quella che in gergo viene chiamata chocolate mousse, un composto della stessa consistenza e colore di un budino di cioccolato”, spiega Alcaro. “In questa situazione il petrolio sversato in mare non si vede, col moto ondoso viene trasportato sotto il pelo dell'acqua”, continua l'esperto. “In casi del genere si parla di submerged oil, petrolio sommerso, che viaggia sott'acqua, invisibile come un sottomarino. Quel greggio potrebbe essere andato verso l'Albania o verso le coste italiane, per riemergere molti chilometri lontano dal punto di origine”.

* Italian Offshore è un gruppo di inchiesta che ha vinto il premio Dig (Documentari, Inchieste, Giornalismi) del 2015, con un progetto di documentario sulle trivellazioni petrolifere nei mari italiani. Il gruppo ha lanciato una campagna di crowdfunding, sulla piattaforma Indiegogo

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