Il processo Vatileaks contro Fittipaldi dell'Espresso e Nuzzi di Mediaset e i cronisti minacciati dalle mafie sono tra le principali ragioni del crollo del nostro Paese che perde quattro posizioni in un solo anno. La classifica di Reporter Senza Frontiere
L'Italia perde quattro posizioni nella classifica sulla libertà di stampa nel 2016, scendendo dal 73esimo posto del 2015 al 77esimo (su un totale di 180 Paesi).
A dirlo è l'organizzazione Reporter Senza Frontiere (Rsf) che ha stilato la graduatoria per il 2015. Fra i motivi che - secondo l'organizzazione con base in Francia - pesano sul peggioramento, il fatto che «fra i 30 e i 50 giornalisti» sarebbero sotto protezione della polizia per minacce di morte o intimidazioni. Citati anche «procedimenti giudiziari» per i giornalisti che hanno scritto sullo scandalo Vatileaks.
Il nostro paese è dunque il fanalino di coda dell’Unione Europea, che però rimane l’area dove c’è maggiore tutela per la categoria. Dietro di noi solo
Cipro,
Grecia e
Bulgaria. E nel mondo
Burkina Faso,
Botwana,
Nicaragua e
Lesotho.
Le conseguenze giudiziare del caso Vatileaks sono la causa principale di questo peggioramento: al centro del
processo ci sono infatti due giornalisti,
Emiliano Fittipaldi dell’Espresso e
Gianluigi Nuzzi di Mediaset, imputati per aver violato il segreto di Stato.
[[ge:rep-locali:espresso:285196353]]«Il livello di violenza contro i giornalisti è allarmante» scrive Reporters sans Frontieres. Citando fonti della stampa italiana secondo cui «fra 30 e 50 giornalisti sono sotto protezione per minacce», Rsf afferma che «i giornalisti che indagano sulla corruzione e il crimine organizzato sono quelli più presi di mira».
La classifica mondiale elaborata da Rsf dal 2002 dimostra che la situazione è però peggiorata quasi ovunque. Dalla prima pubblicazione una cosa però è migliorata: l’Africa si colloca dietro l’Europa, ma per la prima volta supera il continente americano, piagato dalla «violenza crescente contro i giornalisti in America del Sud». In America latina, «la violenza istituzionale (in Venezuela, al 139esimo, o in Ecuador, 109), quella del crimine organizzato (come in Honduras, 137), l’impunità (Colombia, 134), la corruzione (come in Brasile, 104), e la concentrazione dei media (come in Argentina, 54) costituiscono i principali ostacoli per la libertà di stampa». In America settentrionale invece gli Stati Uniti (41esimo posto) accusano gli effetti della cyber-security e anche il Canada perde 10 posizioni.
In fondo alla classifica troviamo l’Asia che continua ad essere il continente peggio valutato: «il nord dell’Africa e il Medio Oriente sono la regione del mondo in cui i giornalisti sono sottoposti a difficoltà di ogni tipo, per esercitare il proprio lavoro». La valutazione peggiore l’hanno avuta Turkmenistan (178esimo), Corea del Nord (179esima) ed Eritrea (180esimo). Rsf rileva anche il miglioramento della Tunisia, che guadagna 30 posizioni e dell’Ucraina che sale di 22 posti grazie alla stabilizzazione del conflitto. Dal fondo alle prime posizioni: dei 180 paesi valutati la Finlandia continua, per il quindi anno di fila, a vincere lo scettro del primo posto. Dietro il paese scandinavo seguono l’Olanda, che guadagna due posti, e sul terzo gradino del podio, e la Norvegia, che ha perso la seconda posizione. Russia, Turchia ed Egitto sono rispettivamente al 48esimo, 151esimo e al 159esimo posto. In alcuni Paesi in guerra, come Iraq (158), Libia (164) e Yemen (170), esercitare il giornalismo è «un atto di coraggio». «Tutti gli indicatori della classifica mostrano un deterioramento. Molte autorità pubbliche lavorano per recuperare il controllo dei loro Paesi e temono che il dibattito pubblico sia troppo aperto», ha commentato Christophe Deloire, segretario generale di Rsf, che denuncia una «paranoia» contro i mezzi di comunicazione.