Pubblicità
Inchieste
aprile, 2016

Campania, appalti truccati per i Casalesi. Indagato anche il presidente del Pd

E' Stefano Graziano, già a Palazzo Chigi con Letta e Renzi, oggi consigliere regionale con De Luca. Al diffondersi della notizia si è autosospeso dagli incarichi di partito. Nell'inchiesta della Dda di Napoli nove arresti, tra cui l'ex sindaco di Santa Maria Capua Vetere. Un'altra bufera sui democratici

Una nuova inchiesta scuote il Pd, campano e non solo. Nella pista di appalti pilotati, mazzette, fatture false, legami con la camorra, sulla quale indaga la Dda a di Napoli  - e che ha portato oggi a nove arresti - spunta il nome di Stefano Graziano, consigliere regionale e presidente del Pd in Campania, già deputato dem nel 2008-2013, già consigliere di Palazzo Chigi, tra il 2013 e il 2014, al dipartimento per l'Attuazione del programma. E' indagato per concorso esterno in associazione camorristica.

Al diffondersi della notizia Graziano si è autosospeso dagli incarichi di partito (a quanto sembra, su richiesta di Renzi), ma non dalla Regione. I carabinieri hanno perquisito oggi le sue abitazioni a Roma e Teverola (Caserta) e il suo ufficio a Napoli, proprio mentre il vicesegretario dem, Lorenzo Guerini, si precipitava a chiedere “si faccia chiarezza al più presto”, confermando “totale e incondizionata fiducia nel lavoro della magistratura”, e mentre - dai Cinque Stelle - si scatenava l'inferno al grido di "Gomorra del Pd in Campania" (parole di Valeria Ciarambino, blog di Grillo)

L’ipotesi degli inquirenti è che Graziano abbia chiesto e ottenuto appoggi elettorali, ponendosi anche come "punto di riferimento" della camorra, alle  regionali campane di un anno fa, nelle quali è stato eletto con 15 mila preferenze, nella lista Pd collegata a De Luca. Fino a quel momento, oltre ad essere responsabile regionale del Pd, era anche consigliere a Palazzo Chigi. Nella sua biografia, risalente a inizio 2015, Graziano scrive di aver "ricoperto dal 2013 ad oggi la carica di consigliere alla presidenza del Consiglio per l'attuazione del programma di governo" e precisa di aver dato "le dimissioni per motivi etici all'atto dell'accettazione della candidatura in consiglio regionale, per non ricoprire un duplice ruolo". Ma adesso Renzi precisa che era stato Enrico Letta a nominarlo all'incarico, che scadeva il 31 dicembre 2014, e poi non è stato rinnovato. Nel dettaglio, si chiarisce in un sol colpo sia l'effettiva consistenza dei "motivi etici" di Graziano, sia il desiderio del premier di porre lo scomodo indagato il più lontano possibile dal proprio esecutivo, per di più a poco più di un mese dalle elezioni a Napoli. Di fatto, Graziano è comunque rimasto a Palazzo Chigi nei primi dieci mesi di governo Renzi, lamentando peraltro, giusto a Natale 2014, la sparizione dal suo ufficio di una sciarpa di cachemire da 500 euro.

Per i magistrati, comunque, Graziano - che ha cominciato a far politica da giovanissimo con la Dc, per passare poi alla Democrazia europea di D'Antoni, quindi all'Udc, seguendo da lì in poi i destini del suo punto di riferimento politico, Marco Follini - si sarebbe posto ''come punto di riferimento politico ed amministrativo'' del clan Zagaria. Lo spunto investigativo è stato offerto da una intercettazione di colloqui, nel corso dei quali si faceva riferimento all’appoggio elettorale che occorreva garantire a Graziano.

A parlare al telefono di lui, erano due degli arrestati di oggi. C’erano Alessandro Zagaria, omonimo del boss, accusato a sua volta di far parte del clan Zagaria. E Biagio Di Muro, ex Pd, fino a dicembre sindaco di Santa Maria Capua Vetere (comune ora commissariato), dove era stato eletto nel 2011, al secondo turno, con una vasta coalizione della quale faceva parte anche il Pd.
[[ge:rep-locali:espresso:285197916]]
 Al centro dell’inchiesta della Dda di Napoli, coordinata dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli, ci sono i lavori di consolidamento di Palazzo Teti, nel comune casertano, che negli anni Novanta era già stato sequestrato al padre di Biagio Di Muro, Nicola, vice-sindaco democristiano all’epoca coinvolto nella Tangentopoli casertana.

Secondo i pm, la gara d’appalto, che negli anni ha subito vari rallentamenti, sarebbe stata truccata con un accordo illecito tra le parti, per poi essere vinta da un raggruppamento di imprese ritenuto vicino al clan guidato da Michele Zagaria. Per questo motivo già nel luglio 2015 l'ex sindaco, allora in carica, fu oggetto di una perquisizione. Allora dichiarò: “Sono certo che la magistratura farà piena luce sulla vicenda e anche sulla mia totale estraneità ai fatti”.

L'edicola

La pace al ribasso può segnare la fine dell'Europa

Esclusa dai negoziati, per contare deve essere davvero un’Unione di Stati con una sola voce

Pubblicità