L'imprenditore romano, salito alla ribalta ai tempi dei "furbetti del quartierino", è accusato di bancarotta fraudolenta. Era già stato condannato a nove anni di reclusione per altri reati

L’immobiliarista Danilo Coppola, uno dei “furbetti del quartierino” dell’epoca delle scalate bancarie e della finanza immobiliare allegra è stato arrestato con l’accusa di bancarotta fraudolenta sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte dal Nucleo tributario della Guardia di Finanza di Milano. La richiesta della misura cautelare più restrittiva è arrivata dai sostituti procuratori Giordano Baggio e Mauro Clerici, che da tempo indagano sui vari crac dell’impero dell’imprenditore romano, che avrebbe lasciato un buco verso i creditori che sfiora il mezzo miliardo di euro, gran parte nei confronti dell’Erario.

Il primo aprile scorso Coppola era stato condannato, in primo grado, a nove anni di reclusione dal tribunale di Roma per bancarotta per distrazione e documentale dopo il fallimento, avvenuto tra il 2007 e il 2008, di una decina di società del suo gruppo, che avevano prodotto un buco per quasi 300 milioni di euro. L’arresto di oggi non sarebbe però figlio di quella condanna, anche se vi è qualche collegamento, ma delle indagini che sta svolgendo, in parallelo a quella romana, la procura milanese sulle attività che gravitano in qualche modo sul capoluogo lombardo, e in particolare su Porta Vittoria spa, la società dell’immobiliarista che avrebbe dovuto riqualificare l’omonimo quartiere di Milano e che era finita in un grave stato di difficoltà.

E proprio Porta Vittoria, secondo le prime indiscrezioni che trapelano sul contenuto dell’ordinanza di custodia cautelare, è una delle società intorno alla quale i due pm sollevano delle contestazioni penali, che sarebbero di distrazione di fondi in frode ai creditori e falsificazione dei bilanci. I due pm milanesi che hanno ottenuto l’arresto di Coppola avevano chiesto qualche tempo fa, infatti, il fallimento proprio di Porta Vittoria, ma un mese fa i creditori erano riusciti a convincere i giudici fallimentari del tribunale di Milano a non dichiararne il crac. La società, dopo un iter preconcorsuale molto tortuoso, era stata infatti ammessa al concordato preventivo grazie soprattutto al sacrificio del Banco Popolare, l’istituto di credito esposto per oltre 200 milioni nella società e disposto a una ristrutturazione dei debiti che evitasse lo spettro del fallimento, nonostante proprio la banca veronese lo avesse inizialmente invocato insieme ad altri creditori. Ma la posizione dei creditori col tempo si è ammorbidita fino ad aprire al salvataggio, che non deve però aver convinto i pm sulla correttezza dell’operato di Coppola.

Oltre a Porta Vittoria, stando alle poche informazioni che trapelano finora, le altre situazioni critiche che gravitano intorno al capoluogo lombardo e che intrecciano vecchi affari di Coppola, oggetto di questa ordinanza, sono altre tre. La prima è legata all’Immobiliare 2004, che avrebbe un passivo di mezzo miliardo di cui buona parte verso il Fisco e per cui si ipotizza una distrazione di fondi e dissipazione del patrimonio in danno ai creditori oltre alla bancarotta documentale. La seconda è legata al fallimento della società veicolo Mib prima srl, che contiene la partecipazione nella holding Ipi, poi ceduta. Questa partecipazione era di Mi.Mo.Se. spa e nella cessione vi sarebbero stati atti in frode ai creditori. Infine viene contestata anche la sottrazione al pagamento delle imposte mediante atti fraudolenti. Il problema riguarda il presunto svuotamento delle società fallite sottraendo denaro e beni in modo da sfuggire alle pretese del Fisco.Non è escluso che emergano scheletri dall’armadio che rimandano ai tempi della spartizione dell’ex area Falck di Sesto San Giovanni, affare dov’era entrato anche l’immobiliarista, oltre a Editori Perlafinanza, Tikal srl, la lussemburghese Tikal prima sa, una delle sue holding lussemburghesi.