Accecato dall'omofobia, Omar Mauteen è entrato in un locale armato di un fucile automatico e di una quantità enorme di munizioni. 49 morti e 53 feriti. L'attentatore, poi ucciso dalla polizia, si era dichiarato fedele allo Stato Islamico, ma la matrice terroristica è ancora al vaglio. Sotto accusa anche la potente lobby delle armi, la National Rifle Association

“Se tu sei felice, noi siamo felici”. Per anni, Juan Ramon Guerrero, 22 anni, aveva sognato di ascoltare quelle parole dai suoi genitori e, nel timore di sentirne di diverse, aveva sempre nascosto la sua omosessualità. Fino all’inizio di quest’anno, quando la voglia di essere se stesso, apertamente, aveva avuto la meglio, e le sue paure si erano dissolte nell’abbraccio della sua famiglia.

Quella che oggi, distrutta dal dolore, ne piange la scomparsa: Juan era al Pulse, ad Orlando, a ballare, a divertirsi, a vivere, fino a quando una raffica di mitra ha fatto saltare l’interruttore ed è calato il buio. Come per Edward Sotomayor, Stanley Almodovar, Luis Omar Ocasio-Capo, Eric Ivan Ortiz-Rivera ed altre 44 vittime innocenti, trucidate dalla furia violenta di un ventinovenne americano, Omar Mateen, infastidito “dagli uomini che si baciano”.
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Alle 2 del mattino, Mateen, armato di un fucile automatico, l’AR-15, lo stesso usato nelle stragi di Aurora e di Sandy Hook, e di una quantità enorme di munizioni, è entrato nel locale e ha cominciato a sparare. Nemmeno un ripensamento, nemmeno un’incertezza: un colpo dopo l’altro, una vittima dopo l’altra, un ferito dopo l’altro mentre, colti dal panico, quelli ancora in piedi e in grado di correre hanno iniziato a farlo.

Alcuni si sono nascosti, nei ripostigli, nei bagni, inviando messaggi disperati: “mamma, chiama la polizia, ci stanno ammazzando”, “sto per morire”, “ti voglio bene”. Nascosti, sconvolti dalla paura, proprio come quei bambini di Sandy Hook che le maestre cercarono di proteggere dalla follia di Adam Lanza, 20 anni, che, in pochi minuti uccise 20 bambini fra i 6 e i 7 anni di età.

Era il 14 dicembre del 2012 e Barack Obama, durante il suo messaggio alla nazione, non riuscì a trattenere le lacrime. L’America quella volta, almeno quella volta, pensò davvero che la follia della cultura delle armi avrebbe subito una battuta d’arresto: una di quelle speranze mai realizzate.

Omar Mauteen è stato ucciso dai corpi speciali della polizia solo alle 5 del mattino, dopo aver tenuto in ostaggio circa una dozzina di persone ed essere uscito anche a sparare all’esterno del locale, in un instancabile desiderio di sangue e morte.

Sebbene lo stesso omicida abbia telefonato al 911 per dichiarare la sua fedeltà allo Stato Islamico che, a sua volta, ha rivendicato l’attacco dichiarando “è uno di noi”, gli investigatori non hanno riscontrato nessuna valida connessione a conferma di queste dichiarazioni.

Il padre, Mir Seddique Mateen, subito dopo la strage, parlando alla NBC, ha scartato ogni motivazione religiosa rimarcando, piuttosto, l’odio profondo che il figlio provava nei confronti dei gay, in particolare dopo un recente episodio in cui due uomini si erano baciati davanti a suo figlio di tre anni.

Mateen viveva con Noor Zahi Salman, a quanto pare, madre di suo figlio che risultava come “sua moglie” in un contratto di mutuo. Il ventinovenne, nel 2009, aveva sposato Sitora Yusufly, conosciuta online, che per lui si era trasferita dal New Jersey alla Florida dove era “stata salvata” dalla sua famiglia, pochi mesi dopo, arrivata in suo soccorso perché sottoposta a continui abusi fisici e mentali.

“Posso dire solo una cosa – ha dichiarato la donna in una conferenza stampa ieri – il mio ex marito era bipolare, mentalmente instabile e mi picchiava”. Di lui si era occupata, nel 2013 e nel 2014, anche l’FBI per analizzare la concretezza di possibili connessioni con il terrorismo: entrambe le volte, però, senza risultato.

Nonostante tutto, in maniera perfettamente legale, l’uomo aveva acquistato armi e munizioni proprio la settimana scorsa. E, come nove milioni di americani, aveva scelto un fucile in grado di sparare oltre 100 colpi in una manciata di minuti.

Cento colpi, per la certezza di portare a termine un massacro. Non a caso alcuni genitori dei bambini uccisi a Sandy Hook, hanno iniziato un’azione legale contro i produttori dell’arma proprio per le sue performance assolutamente incomprensibili per l’uso da parte di civili.

Come stupirsi, dunque, se solo nell’ultimo anno, il paese ha assistito, nell’assoluta immobilità legislativa, a nove sparatorie di massa di cui otto portate a termine con armi ottenute in maniera assolutamente legale.

Dal 1982 ad oggi, gli omicidi di massa sono stati 81, in 65 casi le armi erano state ottenute legalmente; tra i più recenti ricordiamo: Aurora, 12 morti e 58 feriti; Sandy Hook, 26 morti e 2 feriti; Washington, Navy Yard, 12 morti e 3 feriti; Charleston, South Carolina, 9 morti, 1 ferito; San Bernardino, 14 morti e 21 feriti.

Questi, tuttavia, sono solo i casi relativi agli attacchi con il numero più alto di morti. La realtà, purtroppo, è ancora più terrificante; solo nel 2015, infatti, ci sono state: 372 sparatorie con 475 morti e 1870 feriti; 64 sparatorie sono avvenute all’interno di scuole; il totale dei morti per ferite da armi da fuoco è di 13.286 e quasi 27mila sono i feriti.

Nel 2016, le sparatorie di massa sono state già 134. Ecco perché quando l’America ieri si è svegliata, con l’atroce notizia delle 50 vittime, nonostante le paventate, ma non provate, connessioni con l’estremismo islamico, le prime reazioni a circolare sul web sono state di condanna senza appello alla NRA (National Rifle Association), la potentissima lobby delle armi che contribuisce con enormi donazioni alla campagna elettorale di candidati (soprattutto repubblicani, ma anche alcuni democratici) per ottenerne l’appoggio incondizionato, e ad una cultura delle armi che è un drammatico peso per tutto il paese.

Se il candidato repubblicano alla presidenza, Donald Trump, infatti, ha immediatamente utilizzato la tragedia di Orlando per rilanciare il suo famoso “editto” contro i musulmani (“che vanno cacciati via”) né la candidata democratica, Hillary Clinton, né il presidente hanno fatto (volutamente) riferimento all’estremismo islamico.

Per la diciottesima volta, durante i suoi due mandati, Obama è tornato a prendere la parola per ricordare prima di tutto che il problema principale è proprio in quella passione inarrestabile per le armi, responsabile di lutto dopo lutto, vergogna dopo vergogna.
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“Sappiamo abbastanza per affermare – ha detto Obama – che questo è un atto di terrore e di odio. Questo è un serio promemoria del fatto che gli attacchi contro qualsiasi americano, senza distinzione di razza, etnia, religione o orientamento sessuale, è un attacco a tutti noi e ai valori fondamentali di uguaglianza e dignità che ci definiscono come paese e nessun atto di terrore o odio cambierà mai ciò che siamo e valori che ci rendono americani”.
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Obama, poi, ha duramente criticato l’immobilità del Congresso che si rifiuta categoricamente di affrontare questo problema con provvedimenti che (almeno) limitino la possibilità di acquistare e possedere armi. “Dobbiamo decidere – ha detto il presidente – che tipo di paese vogliamo essere. Anche non fare nulla è una decisone”.

Intanto, si sono moltiplicate le manifestazioni di sostegno alla comunità Lgbt e a supporto dei valori di integrazione e solidarietà che sono la vera forza del paese. E da New York, con il pennone della Freedom Tower illuminato di arcobaleno, è arrivata la prima forte e commossa risposta proprio dalla sede del Beacon Theater, dove si è svolta la cerimonia di consegna dei Tony Awards per il teatro che e stata dedicata proprio alla vittime di Orlando.

“Tutto ciò che posso dire – ha affermato in apertura il presentatore, James Corden, rivolgendosi alla comunità Lgbt – è che non siete soli. La vostra tragedia è la nostra tragedia. Il teatro è il luogo dove ogni razza, credo, sesso e genere sono uguali, accolti e amati. L’odio non vincerà mai. Insieme, dobbiamo assicurarci di questo”.