Rousseau non è soltanto ?il “sistema operativo” ?del Movimento 5 Stelle, nelle mani di Davide Casaleggio. ?È soprattutto l’incarnazione e la prosecuzione del sogno del padre-ideologo, Gianroberto, di andare oltre la forma partito e portare ?la democrazia diretta, nella sua veste digitale, al cuore del funzionamento delle istituzioni.
Utopia, ma ?che i Cinque Stelle cercano ?di tradurre in prassi: consentendo agli oltre 120mila iscritti “certificati”
di suggerire modifiche ?a proposte di legge dei loro rappresentanti (i cittadini-eletti), a livello regionale, nazionale ed europeo; permettendo loro di votare candidati (ed espulsioni); facilitando raccolte fondi per le iniziative del movimento (più di 270 mila euro, finora, da oltre 8.300 donatori). ?
È un esperimento affascinante, un caso mondiale da studiare ?con attenzione. Ma se la piattaforma evolve, i problemi di fondo restano gli stessi denunciati da esperti, ?epurati e spesso dagli stessi partecipanti fin dagli esordi: codice proprietario e non aperto, scarsa trasparenza sulle procedure e un generale strapotere di “vertici” ?che in teoria non dovrebbero nemmeno esserci. ?La tecnologia, certo, si può migliorare.
Alcuni ci hanno ?già provato: lo testimoniano ?le esperienze del “Parlamento Elettronico” e del software “Sinapsi”, dei fuoriusciti. ?Ma il punto è sostanziale, ?ed è che non è affatto detto che la democrazia diretta, specie nella sua versione elettronica, sia una forma ?di governo migliore di quella attuale, rappresentativa. «Può sembrare un sogno che in Italia tutti i cittadini possano scrivere una legge da casa propria usando ?il computer», dice il deputato e responsabile Manlio ?Di Stefano; ma può sembrare anche un incubo, dato che non tutti nascono col piglio e l’acume del buon legislatore. Nel movimento lo sanno bene, ed ecco spiegato ?per esempio il “direttorio”. Ma quella del primato ?della “intelligenza collettiva” in Rete è una narrazione ?che ben si accompagna ?a una rivoluzione politica. Che poi funzioni, quello resta tutto da vedere.