La trasformazione dei repubblicani in un partito populista. I democratici spostati al centro. E questo accadrà chiunque vada alla Casa Bianca
Questa settimana Donald Trump viene incoronato candidato del Partito repubblicano alla presidenza della Repubblica americana. Qualunque sia l’esito finale delle elezioni, questo evento cambia per sempre il panorama politico americano. Dai tempi di Ronald Reagan i repubblicani erano il partito della riduzione delle imposte, dello Stato minimo, del libero scambio, e della protezione dei valori religiosi. Questa piattaforma elettorale aveva permesso al partito di vincere 5 delle ultime 9 elezioni presidenziali e di conquistare una solida maggioranza alla Camera e una (meno solida) al Senato. Questa piattaforma, però, aveva anche consegnato il partito nelle mani di pochi influenti donatori, più interessati al primo punto della piattaforma che a tutti gli altri. Prima delle primarie ufficiali, erano diventate di pragmatica le primarie dei donatori. Il magnate Sheldon Adelson - per esempio - riuniva a Las Vegas tutti i contendenti repubblicani, per decidere chi sarebbe stato il suo favorito e finanziarlo profumatamente. Ne risultava una competizione a chi proteggeva meglio l’interesse dei miliardari.
Nel bene e nel male Trump ha rivoluzionato questo processo. È stato in grado di vincere senza l’appoggio dei ricchi magnati ed è stato in grado di raccogliere i voti dello scontento almeno tra i bianchi. Uno scontento che dai tempi di Reagan è aumentato a dismisura perché una grossa fetta dell’elettorato non ha visto alcun aumento del reddito reale negli ultimi 40 anni. Paradossalmente i più colpiti sono stati proprio i più ferventi sostenitori di Reagan: gli operai bianchi.
Nel fare questo riallineamento Trump ha abbandonato il sostegno al libero scambio, allo Stato minimo, perfino ai valori religiosi, anche se la scelta del religiosissimo Mike Pence come vicepresidente è stata una chiara concessione a questa fetta dell’elettorato. Il Partito repubblicano di Donald Trump è molto più vicino all’Ukip inglese e al Fronte nazionale di Marine Le Pen che ai conservatori o ai gollisti.
Questo spostamento a destra apre nuove opportunità ma anche nuove sfide per il Partito democratico. Per ottenere il sostegno esplicito di Bernie Sanders, Hillary Clinton ha fatto delle concessioni alla piattaforma elettorale del senatore del Vermont. Ma secondo un sondaggio di YouGov il 46% dei sostenitori di Sanders sarebbe ancora in dubbio se votare e se votare per la Clinton in novembre (il 14% ha addirittura detto che voterà Trump). Questo suggerisce alla Clinton di spostarsi verso il centro, dove ci sono molti repubblicani disgustati da Trump. Non è chiaro se questo le convenga prima delle elezioni, ma sicuramente le converrà dopo se vince, perché dovrà governare con una Camera che molto probabilmente rimarrà repubblicana (c’è più incertezza sul Senato). D’altra parte è quello che fece suo marito negli anni Novanta, con grande successo.
Ma questo spostamento favorirebbe ancora di più una radicalizzazione del Partito repubblicano che - con o senza Trump - cercherebbe di catturare gli scontenti del Partito democratico, diventando sempre più populista. L’unico ostacolo a questa strategia è il problema razziale. Il populismo di destra - non solo in Europa, ma anche in America - è sempre stato razzista e in questo Trump non è un eccezione. Ma ricordiamoci che la maggior parte dei sostenitori di Bernie Sanders erano bianchi. E se non fosse per la violenta polemica che Trump ha scatenato sugli immigrati dal Messico, non sarebbe difficile a un partito populista attirare il consenso degli ispanici. In altre parole ci sarebbe un serio rischio che il Partito repubblicano diventi un partito peronista.
Ovviamente c’è chi si sta adoperando perché questo non succeda. Reihan Salam e Ross Douhat, due autorevoli opinionisti repubblicani, hanno appena scritto un libro che illustra quella che dovrebbe essere la nuova piattaforma per il Partito repubblicano, alternativa al partito di Trump. Sognano un partito interrazziale, moderato, liberale. Ci piacerebbe pensare che la nuova anima del Partito repubblicano post Trump possano essere loro.