Dopo oltre cinque ore di camera di consiglio, il collegio giudicante del tribunale vaticano, presieduto da Giuseppe Dalla Torre, dai giudici a latere Piero Antonio Bonnet, Paolo Papanti-Pelletier e Venerando Marano, ha stabilito il verdetto: l'inviato de “l'Espresso” Emiliano Fittipaldi e il giornalista Gianluigi Nuzzi prosciolti per difetto di giurisdizione, il prelato Vallejo Balda condannato a 18 mesi, Francesca Immacolata Chaouqi a 10 mesi, pena sospesa, assolto, invece Nicola Maio, l'assistente di Balda.
«Il Vaticano è stato coraggioso. Questo è stato un processo kafkiano per l’accusa, ma la sentenza è la dimostrazione di un passo indietro intelligente, il buon giornalismo se viene fatto rispettando regole deontologiche viene riconosciuto - ha dichiarato Emiliano Fittipaldi - non mi aspettavo la piena assoluzione, la conclusione è stata molto positiva».
Si chiude così il processo Vatileaks sullla fuga di notizie della Santa Sede. Di certo una parentesi molto buia del pontificato di Papa Francesco in cui a finire sul banco degli imputati dello Stato Vaticano è stata la libertà di informazione, diritto che contraddistingue tutte le democrazie moderne, e mature.
L'unica a parlare prima che i giudici si ritirassero in camera di Consiglio è stata Francesca Immacolata Chaouqi, ex membro della Cosea, che, insieme a monsignore Lucio Vallejo Balda(all'epoca segretario della prefettura per gli affati economici incaricato di fare ordine nelle finanze vaticane) e a Nicola Maio, era accusata di associazione per delinquere e diffusione di documenti riservati.
«Chiedo scusa alla Corte - ha detto la donna- per le altre dichiarazioni fatte da me in aula e alla stampa, che non rispecchiavano il mio pensiero: sono una persona orgogliosa e rabbiosa, il mio carattere mi porta a commettere errori. Ma ora voglio esprimere stima per la Corte, se non l’avessi avuta non avrei partecipato al processo». Poi, riferendosi in particolare alle rivelazioni su una presunta relazione con Vallejo Balda contenute nel memoriale dettato dal monsignore a un funzionario della Gendarmeria, ha scandito: «Le bugie di Balda hanno rischiato di distruggere la mia famiglia. E quelle carte non sono uscite né dagli avvocati né dalla Gendarmeria».
Il 31 ottobre 2015, pochi giorni prima della pubblicazione dei best seller di Gianluigi Nuzzi 'Via Crucis' e 'Avarizià di Emiliano Fittipaldi, la gendarmeria vaticana arresta il prelato Lucio Vallejo Balda e Francesca Immacolata Chaouqui, accusati di avere diffuso documenti riservati del Vaticano. Un mese dopo, il 24 novembre, si apre il processo per i tre imputati interni al Vaticano e per i due giornalisti, per i quali l'accusa ha contestato il concorso nella fuga di carte segrete. Alla fine della requisitoria il pm vaticano aveva chiesto una condanna a un anno per Nuzzi per concorso morale, mentre ha sollecitato l'assoluzione per Fittipaldi per 'insufficienza di provè.
Oggi i giudici hanno prosciolto entrambi. Incompetenza territoriale. Più precisamente «difetto di giurisdizione». Una formula che sa tanto di exit strategy per il Vaticano: consapevole di aver fatto parlare di sè in tutto il mondo per il processo ai giornalisti. Una brutta pagina per la Santa Sede, che con la sentenza di oggi ha tentato di recuperare quel poco di credibilità sul tema delle libertà.
Resta il tentativo di mettere alla sbarra due professionisti solo per aver fatto il loro dovere. Tentando di punire chi con il proprio lavoro ha smascherato il malaffare di certi sistemi. Già, perché il punto è che raccontare i fatti di cui si è venuti a conoscenza, nel rispetto dei principi deontologici della professione, non può essere considerato reato. Verrebbe da dire: Il fatto non costituisce reato. Non può costituire reato.
È forse un delitto raccontare il torbido del potere? Anche se si tratta del governo di finanziario di Santa Romana chiesa? Del resto il libro inchiesta di Fittipaldi ha permesso di fare chiarezza su questioni che la curia preferiva tenere nascoste.
Per citarne una: i denari utilizzati per il mega attico del cardinale Tarcisio Bertone. Ristrutturato con i fondi dell'ospedale Bambin Gesù. “Inchiodato” titolava l'Espresso nell'inchiesta di copertina in cui Emiliano Fittipaldi, documento alla mano, metteva a nudo tutte le bugie dietro cui si era nascosto il cardinale.
Allo stesso modo in Vaticano hanno tentato di inchiodare l'informazione di qualità, mettendola sotto accusa per farle perdere di credibilità. L'obiettivo è clamorosamente fallito. Francesco è inciampato sulla strada che stava percorrendo per ridare colore all'immagine della chiesa. Sbiadita e affilitta da scandali e malaffare. Ma con il processo ai giornalisti il cambiamento ha subito una grave contraccolpo. Nella casa di vetro auspicata dal Papa, fatta di trasparenza e austerità, i metodi da vecchia inquisizione non possono trovare spazio.
Attualità
7 luglio, 2016Il verdetto dei giudici del tribunale della Santa Sede: condannati due dei cinque imputati. Per i cronisti assoluzione per difetto di giurisdizione. Il giornalista dell'Espresso: "Un passo indietro intelligente, il buon giornalismo se viene fatto rispettando regole deontologiche viene riconosciuto"
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