Da quando l'Unione ha messo gli occhi sulle sue tasse, il colosso Mountain View ha triplicato la spesa in attività di lobbying. Scegliendo i suoi collaboratori nelle istituzioni europee. Una politica di acquisti ancor più evidente negli Stati Uniti
C'è un nuovo partito tra Bruxelles e Washington. È quello di Google. Da un paio d'anni, Big G ha intensificato l'attività di lobbying. Lo ha fatto incrementando la spesa dedicata alla pressione (lecita) su Unione europea e Congresso. Ma lo ha fatto anche assumendo avvocati, consulenti, addetti stampa che avevano un posto nelle istituzioni.
Secondo i conti del
Google Transparency Project, dal 2005 a oggi 15 dipendenti di Sergey Brin e Larry Page hanno lasciato (o affiancando) il posto in Google per collaborare con le istituzioni europee. Il caso più celebre è quello di
Eric Schmidt, storico presidente di Google entrato nel team di consiglieri economici dell'ex premier britannico David Cameron. Stesso percorso per
Joanna Shields, dirigente di Big G e consigliere di Downing Street per la digital economy. Nel gennaio 2015,
Elizabeth Haugland Dupuy ha lasciato un posto nella comunicazione di Google per diventare capo dello staff di Caroline Kennedy, ambasciatrice Usa in Giappone.
Il flusso più massiccio, però, viaggia in direzione contraria:
sono stati 64 gli assunti da Google scelti nelle istituzioni europee.
Heidi Jern è stata pescata dal gabinetto di Jyrki Katainen, ex premier finlandese e vicepresidente della Commissione europea. L'ex assistente parlamentare
Clara Sommier è oggi una dei nove lobbisti di Google accreditati a Bruxelles. Tra di loro ci sono anche
Karl Ryan (in Google dopo un passato da consulente del Parlamento europeo),
Ondrej Socuvka (ex consigliere del primo ministro slovacco),
Tobias McKenney e Georgios Mavros (ex consiglieri del Parlamento europeo),
Marc van der Ham (già assistente parlamentare).
Tomas Gulbinas, ex diplomatico lituano si è trasferito in Google come manager per le politiche di est e centro Europa. Stessa divisione di
Marcin Olender, partito però dal ministero polacco della pubblica amministrazione.
Si segnala traffico intenso da Londra. In dieci anni sono stati 26 gli assunti da Google selezionati nei dintorni del governo britannico. Come
Ankur Vora, ex consigliere economico del Tesoro inglese diventata analista di Google. O come
Finbar Corwall, dal vertice dell'ambasciata di Baghdad a quella delle vendite di Europa e medio oriente.
DJ Collins, da portavoce del dipartimento dell'Educazione è diventato capo delle pubbliche relazioni per UK e Irlanda.
Rachel Whetstone, arrivata in Google nel 2005 come capo della comunicazione internazionale, è stata consigliere di Cameron ma anche madrina del figlio Ivan. Un viavai notevole, tanto che il Google Transparency Project parla di “porte girevoli” tra Mountain View e Bruxelles.
Il movimento è cresciuto, molto, negli ultimi anni. Sarà anche una coincidenza (e non si può dimostrare il contrario) ma si è registrata un'accelerazione tra il 2013 e il 2014. Cioè da quando l'Europa (ma anche Gran Bretagna, Francia e Italia) ha iniziato a osservare più da vicino il regime fiscale di Google. Nello stesso periodo, la società ha aumentato in modo massiccio la spesa europea in attività di lobbying. Nel 2013 aveva sborsato una cifra stimata tra 1,25 e 1,5 milioni di euro. Nel 2014 (
l'ultimo dato disponibile) il salto di qualità: 3,5-3,7 milioni. Cifra triplicata. Serve per finanziare gli uffici e lo staff e ha portato Google, per la prima volta,
nella top ten delle società che spendono di più in lobbying dalle parti del Parlamento europeo . La società ha speso quanto Volkswagen, meno di Microsoft ma più di General Electric, BP, Samsung, Total ed Enel.
I milioni spesi da Google in Europa segnano un cambio di passo. Ma sono comunque spiccioli rispetto a quelli sborsati per fare pressione su Congresso e Casa Bianca:
16,8 milioni di dollari nel 2014. Anche negli Stati Uniti, Google è entrata tra le prime dieci società per spesa in attività di lobbying (al nono posto). E anche negli Stati Uniti ha investito in risorse umane. Le porte girevoli tra parlamento europeo e Mountain View sembrano poca cosa rispetto ai 258 incarichi comuni a Bruxelles e amministrazione americana.
In 22 hanno lasciato incarichi alla Casa Bianca per Google. 31 manager ai vertici di Big G hanno fatto il percorso inverso. In 28 si sono mossi da Google verso agenzie per la sicurezza nazionale e d'intelligence (o viceversa). Durante l'amministrazione Obama, 23 dipendenti di Google sono arrivati al dipartimento di Stato.
Eric Schmidt, Adrian Aoun (capo dell'intelligenza artificiale di Google) e John Doerr (nel board di Google) sono stati consiglieri del presidente. Megan Smith, Amy Luers, Alex Macgillivray, Nicole Wong, Janine Versi, Andrew McLaughlin hanno lasciato la California per Washington.
Gli esperti di cybersicurezza Chris Finan, Sameer Bhalotra Will Hudson sono stati assunti da Page e Brin dopo aver ricoperto incarichi governativi. Caroline Atkinson è passata da consigliere di Obama a capo delle politiche pubbliche di Google. Jared Cohen, assistente di Hillary Clinton al dipartimento di Stato, è passato alla guida dell'allora Google Ideas (oggi Jigsaw). Fino al cortocircuito del caso Joshua Wright. Da professore universitario, aveva difeso Google davanti alla Federal Trade Commission (agenzia governativa che, tra le altre cose, si occupa di antitrust e tutela dei consumatori). Nominato da Barack Obama commissario della stessa Ftc, ha ricusato se stesso, astenendosi dal giudizio sulle questioni che riguardavano Mountain View. Finito l'incarico da commissario, all'inizio del 2016 Wright è stato assunto da Wilson Sonsini Goodrich & Rosati, lo studio legale cui Google si affida con più frequenza.
Negli Stati Uniti, come in Europa, la rotazione delle porte girevoli è aumentata negli ultimi anni: meno di dieci scambi fino al 2010, 25 nel 2011, 41 nel 2014. Procedono di pari passo le risorse investite in lobbying Usa: 5,5 milioni nel solo primo trimestre del 2015.
A conti fatti, nel 2014 Google ha speso una ventina di milioni per fare pressioni (palesi) su istituzioni europee e americane. Molto più che in passato ma pur sempre un'inezia rispetto al miliardario bilancio della società. Un sacrificio trascurabile per un'attività sempre più importante: sussurrare la propria opinione ai parlamenti di Usa e Ue.