«Chiediamo una modifica alla Costituzione affinché il Veneto venga riconosciuto regione a statuto speciale». Dopo la nettissima affermazione del sì al referendum sull’autonomia, il consiglio regionale veneto alza la posta e chiede con un disegno di legge l’equiparazione a Sicilia, Sardegna, Valle d'Aosta, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige. «È il disegno di legge più breve della storia della regione Veneto» ha affermato il governatore Luca Zaia «ha un solo articolo: modifica del primo comma dell'articolo 116 della Costituzione, dopo le parole “Val d'Aosta” sono aggiunte le seguenti “e il Veneto”». Continua Zaia: «L'innovazione proposta vuole offrire una risposta concreta alle esigenze della popolazione veneta emerse in tema di autonomia e federalismo negli ultimi anni».
La richiesta del governatore Veneto fa discutere. E coglie di sorpresa anche il governatore della Lombardia Roberto Maroni. «Luca Zaia mi ha un po’ spiazzato» ha dichiarato Maroni «è indubbio che ora c’è un problema all’interno della Lega. E un altro con il governo». «Questa mossa non era concordata» spiega l’ex ministro dell’Interno «così diventa difficile fare una battaglia insieme: Bressa (sottosegretario con delega agi Affari regionali, ndr) mi ha telefonato stamattina dicendomi chiaro che se io gli avessi chiesto lo statuto speciale per la Lombardia non sarebbe stata possibile alcuna trattativa con il governo, visto che la materia è di competenza del Parlamento». E chiarisce: «La Lombardia non vuole lo statuto speciale. D’altronde il quesito posto ai cittadini non lo prevedeva».
Critico con Zaia anche Giuseppe Sala. Il sindaco di Milano, che non ha votato al referendum del 22 ottobre, ha apprezzato le parole di Maroni: « È giusto prendere le distanze da Zaia, che secondo me sta facendo un discorso pericolosissimo. Non possiamo immaginare un futuro in cui ognuno si stacca».
Giovanni Toti si schiera invece con il governatore veneto. Anzi, il presidente della Liguria lo vuole addirittura «scavalcare a destra»: «ogni regione deve dovrebbe essere a statuto speciale. Occorre dare ampi potere di autonomia nell’imposizione fiscale e nell’utilizzo delle tasse».
Anche Renato Brunetta propone una ridefinizione generale delle attribuzioni alle regioni. È d'accordo con Toti: «Tutte le regioni devono essere a statuto speciale». Ma è più cauto sulla richiesta presentata dal Veneto: «Lo voglio dire al mio amico Luca Zaia, bravo governatore del Veneto: se ha potuto fare il referendum è grazie al quesito voluto da Forza Italia. Quelli che voleva la Lega sono stati tutti bocciati dalla Corte Costituzionale. E ora non vorrei che facesse la stessa fine anche questa fuga in avanti della richiesta di statuto speciale...». Più netto l’ammonimento di Renata Polverini: «Sulla richiesta di statuto speciale i veneti non si sono espressi. Zaia non vada oltre il quesito referendario» dichiara l’ex presidente della Regione Lazio.
C'è anche chi parla di secessione mascherata. «Come volevasi dimostrare: adesso Zaia butta giù la maschera e propone una autentica secessione fiscale che farebbe saltare il bilancio dello Stato» afferma il deputato di Area Popolare Fabrizio Cicchitto, che continua: «Fortunatamente la Corte Costituzionale aveva escluso sia il referendum sull'indipendenza che quelli sul fisco. Le forze politiche responsabili non possono più civettare con questa tematica».
La richiesta del Veneto è invece solo «una fuga in avanti che può essere spiegabile solo nella logica legittima e normale della trattativa tra lo Stato e la Regione» per il deputato di Forza Italia Andrea Causin. «Negli ultimi 30 anni sono chiaramente venute meno la maggior parte delle ragioni, storiche, economiche, geografiche e sociali che giustificavano l'esistenza delle regioni a statuto speciale» continua Causin «e in alcune regioni la specialità è finita per diventare privilegio rispetto alle regioni a statuto ordinario e in altre una vera e propria centrale di spreco».
Rientri o meno nella logica della trattativa, quella di Zaia «è una proposta che va contro l’unità e l’indivisibilità del Paese e quindi è contro la Costituzione». È la netta presa di posizione del sottosegretario agli Affari regionali, Gianclaudio Bressa. «È la Costituzione che ci indica la via e prevede una procedura particolare. La Corte Costituzionale, proprio valutando una legge del Veneto che poi ha dato origine al quesito del referendum, ha detto chiaramente che le regioni a statuto speciale sono le attuali cinque, e che le altre regioni possono avere maggiore autonomie secondo il percorso della Costituzione».