Come rammenta la cantante Cecilia Bartoli, il direttore d’orchestra Georg Solti era tutt’uno con «una musicalità, una pulizia, un ordine intellettuale tipicamente mitteleuropei». Basterebbe assistere su YouTube alle sue prove del primo preludio dei “Maestri cantori di Norimberga” di Wagner: precisione e chiarezza nel richiedere agli strumentisti come deve esser suonato il brano, lucidità estrema nell’organizzare i fraseggi e disporre i tempi delle parti. Con un simpatico e gradevole pizzico di latinità, quando impone un vibrato e un rubato più goderecci di quanto oserebbe un ordinario Kapellmeister. Un’arte sopraffina, comunicata senza la protervia di tanti suoi duceschi colleghi. Dove talvolta, forse, quel che si guadagna in senso del bello e misura, ?si perde in profondità.
Il cofanetto appena uscito “Solti – Chicago, the complete recordings” in 108 cd della Universal, ci ricorda, a vent’anni dalla scomparsa del direttore ungherese, la sua liaison con la valente orchestra del Midwest, che diresse in pianta stabile dal 1969 al 1991.
Un binomio di grande fortuna, ?a giudicare dagli importanti riconoscimenti ottenuti: ben 24 Grammy Awards dei 31 - un record - ritirati da Solti.
Le esecuzioni sono su uno standard molto alto. Fra queste eccelle l’integrale delle sinfonie di Mahler, dove gli strumentisti suonano con elettrizzante virtuosismo. Un approccio coinvolgente ed estroverso, che a tratti ci fa dimenticare le sottigliezze che qui ?vi hanno profuso un Abbado o uno Chailly. Notevoli pure l’integrale dei concerti per piano di Beethoven con Vladimir Ashkenazij e un “Deutsches Requiem” ?di Brahms d’ascendenza furtwängleriana. Si fa ammirare l’eclettismo ?di un ensemble che sa essere tanto massiccio ?e architettonicamente complesso nelle sinfonie di Bruckner, quanto snello e luminoso in quelle K504 e K543 di Mozart.
Il repertorio compreso nel box ?va cronologicamente da Bach ?a Del Tredici e non riguarda solo la sinfonica: vi sono opere liriche come “I Maestri cantori di Norimberga”, dove viene esaltato il Walter di Ben Heppner dal fraseggio robusto e gentile, sempre sensibilissimo. E un “Otello” verdiano con un Pavarotti, nel ruolo del titolo, un po’ in affanno, con una “tinta” - l’accento e il colore - poco convincente.
Buuh!
Pianista accompagnatore cercasi. La polemica l’ha lanciata Luca Signorini, primo violoncello del Teatro San Carlo, sul Corriere del Mezzogiorno: i conservatori italiani sono senza pianisti a disposizione degli studenti e questi, per sostenere gli esami con un partner, devono arrangiarsi da soli, magari spendendo di tasca propria. «Da noi non esiste ?e non è mai esistita una tale figura professionale, come invece avviene in buona parte del resto d’Europa», spiega Signorini
Bravo!
Lorenzo Viotti, 27 anni, nato a Losanna da famiglia di origine italiana, nuovo talento della bacchetta, dal prossimo anno sarà direttore della prestigiosa Orchestra Gulbenkian, con sede a Lisbona. Osannato agli International Opera Awards, richiesto dalla Scala e dalle orchestre National de France e Staatskapelle di Dresda, è figlio di Marcello, nome che era molto apprezzato fra i colleghi sul podio, scomparso a 50 anni mentre dirigeva a Monaco la “Manon” di Massenet
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