Successo dell’“Andrea Chénier” di Chailly. Con una regia Ancien régime

Già al tempo della “prima” dell’“Andrea Chénier” di Umberto Giordano il critico Giovan Battista Nappi ne aveva compreso ?il valore in due elementi: ?le reminiscenze da «autori moderni fra ?i migliori» (in specie dalla “Manon” pucciniana, vista tre anni prima) ?e «il vigore teatrale, la capacità, la sintesi che possiede e cala come un fendente ?sul pubblico», soprattutto nelle figure ?del protagonista e di Gérard, ideati «per colpire la fantasia delle folle». E quando in occasione della messa in scena scaligera assistiamo nel terzo quadro alla scena ?in cui Gérard cerca di sedurre Maddalena, comprendiamo quanto ?in futuro Puccini dovrà a Giordano, ?a esempio nella costruzione del personaggio di Scarpia in “Tosca”. Dimostra di credere nell’opera il direttore musicale Riccardo Chailly, padroneggiando le scene di massa del secondo e terzo quadro e i colori più tenui, lirici, quasi impressionistici che caratterizzano momenti del duetto fra Gérard ?e Maddalena coronati da ?“La mamma morta”.

[[ge:rep-locali:espresso:285305986]]Grande protagonista di quest’aria e della serata è il soprano Anna Netrebko. La Nuova Divina possiede uno straordinario legato e una linea di canto impeccabile: dal più flebile, patetico pianissimo al più potente, reboante acuto. Qualità ?che presuppongono un controllo ?del fiato superbo, senza per questo rinunciare a un’espressione che illumina ogni frase. È quasi materna nel seguire passo passo la convincente performance di “Mister Netrebko”, ovvero il tenore Yusif Eyvazov, Andrea sulla scena e suo compagno nella vita reale, che ha ?il suo exploit in “Come un bel dì di maggio”: egli è un po’ monocorde negli accenti, ma possiede un generoso strumento raffinato ?in settimane ?di prove da Chailly. Gli ?è superiore sul piano dell’eloquenza interpretativa Luca Salsi, che consegna a futura memoria un Gérard dotato di voce squillante e calorosa. Interessanti di Martone le scene rotanti che accompagnano lo spettatore dai salotti del Castello ?di Coigny alle strade della Parigi del Terrore, dal salone degli specchi, dove Gérard medita la vendetta, al carcere ?e alla fatidica ghigliottina. Una regia come ci si poteva aspettare: ?seria, ordinata, rispettosa. Più Chateaubriand che Danton.

Buuh!
Non sempre repetita iuvant. Alfonsina Russo, nuovo direttore del parco del Colosseo e dell’area archeologica centrale, vorrebbe ?che L’Anfiteatro Flavio tornasse ?alla sua funzione originaria, un luogo frequentato dai romani per vedere spettacoli e concerti. E chi le piacerebbe portare al Colosseo? «Sting o Bono, anche per il loro impegno umanitario e sociale».  E - ahi ahi - se fosse stata già costruita e riadibita la platea, quello scempio dell’opera rock “Divo Nerone”

Bravo!
Quest’anno, per il consueto appuntamento il 18 dicembre ?con lo “Stradivari memorial day”, ovvero l’iniziativa che commemora l’anniversario della morte del grande liutaio, presso l’Auditorium Giovanni Arvedi di Cremona si esibirà il violinista e direttore d’orchestra Shlomo Mintz. Insieme a lui I Virtuosi italiani suoneranno pagine di Mozart, Beethoven, Elgar e Rota. Per l’occasione il musicista israeliano farà vibrare le corde dello “Stradivari Vesuvius”, opera della piena maturità dell’illustre artigiano cremonese