Il dato inquietante è però un altro: in queste due regioni del Sud c'è un mafioso o un suo complice ogni due logge massoniche. Sono 193, infatti, i “fratelli” collegati ai clan. C'è chi è stato condannato, chi è stato prosciolto, chi ha festeggiato l'assoluzione e chi si sta ancora difendendo nelle aule dei tribunali. Gli iscritti totali alle quattro obbedienze, solo in Sicilia e Calabria, sono oltre 17mila. Una popolazione in grembiule numerosa come quella dell'isola di Capri.
La commissione antimafia presieduta da Rosy Bindi ha terminato l'indagine sull'intreccio tra massoneria e mafie. La relazione, approvata il 22 dicembre, è un viaggio nel lato oscuro della massoneria italiana. Un mondo di mezzo nel quale boss e insospettabili professionisti, padrini e rispettabili imprenditori, criminali e politici, si scambiano favori e appoggi.
Dei 193 nomi sporchi la commissione precisa che «nove risultano condannati in via definitiva per reati vari, quali il traffico di stupefacenti, ricettazione, falso, bancarotta fraudolenta, o destinatari, in via definitiva, di misure di prevenzione personali, come tali indicative di pericolosità sociale». Poi per altri quattro è in corso il processo di appello con l'accusa di associazione mafiosa o di reati aggravati dal metodo mafioso. Uno di questi in primo grado ha subito già una condanna a 12 anni. L'obbedienza con la maggiore presenza di iscritti dal profilo equivoco è il Goi, il Grande Oriente d'Italia.
Il Gran Maestro è Stefano Bisi, il massone che più degli altri si è opposto al lavoro della commissione antimafia bollandolo come un atto fascista. Ora che l'indagine si è conclusa e la riservatezza è stata rispettata- nel documento non è presente alcun nome- si scopre che più di qualche boss ha frequentato i templi. Nella Gran Loggia regolare d'Italia i sospetti sono 58, nella Gran loggia d'Italia sono 9 e nella Serenissima solo 4.
«Le risultanze illustrate nella relazione hanno fornito conferme in ordine alla rilevanza del fenomeno, a fronte di una sua negazione da parte dei gran maestri, indice o di un’inconsapevolezza o di una sua sottovalutazione, se non di un rifiuto ad ammettere la possibile permeabilità rispetto a infiltrazioni criminali», osserva l'Antimafia. La commissione, tuttavia, precisa che gli investigatori che hanno collaborato ai risconti sugli elenchi sequestrati nelle sede delle obbedienze hanno indicato solo «i soggetti iscritti per reati di mafia in senso stretto, restando pertanto non segnalati tutti i casi in cui il nominativo risulta essere stato, invece, indagato o condannato per altri reati, taluni certamente di non minore gravità».
Come a dire: attenzione, i 193, che possono sembrare poca cosa, potrebbero aumentare sensibilmente se si sommassero a questi i massoni con precedenti per corruzione, abuso d'ufficio, reati economici e tributari.
Tutti reati spia di una criminalità mafiosa che si insinua nei centri di potere locali: municipi, assessorati, aziende sanitarie, assemblee regionali e provinciali.
«A tal proposito, si segnala che il 17,5 per cento degli iscritti presenti negli elenchi acquisiti dalla Commissione non sono identificabili o compiutamente identificabili». Questo significa che molti nella lista sono indicati con le iniziali, oppure con dati anagrafici errati. Il che ha reso impossibile risalire alla loro identità.
«Nell’ambito dei 193 soggetti segnalati vi sono, come risulta dall’anagrafe tributaria, numerosi dipendenti pubblici. Le categorie professionali prevalenti sono quelle dei professionisti, come avvocati, commercialisti, medici e ingegneri. Presenti pure in numero rilevanti i soggetti impiegati nel settore bancario, farmaceutico e sanitario, nonché imprenditori nei più diversi settori, in primis quello edile. Così pure, non mancano coloro i quali hanno rivestito cariche pubbliche».
Sono ben 9 gli amministratori, tra sindaci, assessori o consiglieri comunali. «Uno spaccato professionale denotante soggetti di un livello di istruzione medio-alto e, di tutta evidenza, in grado di stringere relazioni anche nel mondo della criminalità e in quello della società civile», si legge nella relazione.
Logge e politica
Un focus la commissione lo ha dedicato alla presenza della massomafia all'interno degli enti locali sciolti per mafia. Caso emblematico l'Asl di Locri, commissariata undici anni fa. «Fra i soggetti a vario titolo menzionati nella relazione della commissione di accesso e nell’ordinanza di custodia cautelare del Tribunale di Reggio Calabria, figurano 306 nominativi. Di questi, 17 risultano censiti in logge massoniche. Tra essi, 12 soggetti figurano negli elenchi sequestrati dalla Commissione il 1° marzo 2017; 4 figurano solo negli elenchi (della massoneria ndr) sequestrati dalla Procura della Repubblica di Palmi nel 1993-94 (uno nel frattempo è deceduto); mentre un altro è presente in entrambi gli elenchi. Appare significativo che i 4 soggetti presenti negli elenchi del 1993-94 ma non in quelli del 2017, risultano essere stati raggiunti da provvedimenti cautelari personali o a carattere detentivo, uno dei quali per il reato di cui all’art 416-bis c.p».
Ma chi sono questi mafiosi armati di compasso? «Uno è il figlio di un noto capo mafia; un altro, il nipote di un controverso personaggio ritenuto molto influente nell’ambiente mafioso; un altro ancora, figlio di un condannato in primo grado per mafia ma assolto in appello e, comunque, indicato come referente di una nota cosca calabrese, nonché in stretti rapporti con un capo indiscusso di una cosca del mandamento ionico della provincia reggina».
Detto dei criminali o presunti tali, nella relazione si evidenzia un altro aspetto: «Deve ritenersi non occasionale, la significativa presenza di massoni in posti apicali dell’azienda sanitaria, nelle società presso la medesima accreditate e nelle pubbliche amministrazioni interessate dall’indagine penale.
Di rilievo è il fatto che tali personaggi, di cui si è accertata l’appartenenza a logge massoniche regolari, hanno interagito con altri “fratelli” della stessa loggia o di altre per affari riconducibili a persone indagate e, in taluni casi, condannate per associazione mafiosa». Insomma, non è tanto la quantità di mafiosi presenti nelle logge, ne basta uno per usufruire dei vantaggi che il circolo di amicizie può garantire.
Anche la Azienda sanitaria provincia di Cosenza è stata sciolta. Incrociando i risultati emersi nella relazione prefettizia con gli elenchi sequestrati, la commissione ha concluso che «su 220 nominativi individuati, presenti a vario titolo nella relazione conclusiva, 23 persone risulterebbero iscritte a logge massoniche».
A casa del padrino
Nel paese di Matteo Messina Denaro pullulano compassi e grembiuli. Undici logge di varie obbedienze per 31 mila abitanti. Una vera città della massoneria, Castelvetrano. Tanto da essere rappresentanta degnamente in consiglio comunale, sempre e comunque. Nell'ultima consiliatura, 2007-2012, «8 consiglieri su 30 appartenevano, o avevano chiesto di entrare in logge massoniche. Tra i componenti del consiglio comunale eletto nel 2012, vi sono 11 iscritti ad associazioni massoniche (anche diverse da quelle in esame), uno dei quali è stato anche assessore e componente della giunta comunale, quest’ultima poi revocata il 28.01.2015. Nella nuova giunta nominata l’11.02.2015, il numero di assessori massoni aumenta considerevolmente, diventando cinque su dodici membri complessivi della giunta, cioè poco meno della maggioranza. In sintesi, considerando le ultime due consiliature del comune di Castelvetrano hanno assunto cariche elettive o sono stati membri di giunta almeno 17 iscritti alle quattro obbedienze . A questi potrebbero aggiungersene verosimilmente altri 4 - per un totale, dunque, di 21 amministratori pubblici. Negli elenchi massonici di una obbedienza (GLRI), vi sono infatti omonimi di altri quattro consiglieri comunali di Castelvetrano tra i soggetti che risultano privi del luogo e della data di nascita in quanto depennati. Il tutto distribuito in 11 logge quasi tutte presenti nella città di Castelvetrano e dintorni».
Capi e massoni
Il collaboratore di giustizia Leonardo Messina: “Molti uomini d’onore quelli che riescono a diventare capi, appartengono alla massoneria (..) perché è nella massoneria che si possono avere i contatti totali con gli imprenditori, con le istituzioni, con gli uomini che amministrano il potere diverso da quello punitivo che ha Cosa nostra.” Lo stesso concetto è stato ribadito alla Commissione, con riferimento ai primi anni del 2000, da un altro collaboratore di giustizia, Francesco Campanella. Anche lui politico, massone e mafioso. Scrive la commissione: «Nelle più recenti indagini giudiziarie, calabresi e siciliane, ricorre la medesima affermazione che appare ancor più vera alla luce del mutamento delle mafie, ormai propense, come è noto, al metodo collusivo/corruttivo seppur collegato alla propria capacità di intimidazione...Anzi, proprio in questo peculiare momento in cui la mafia tende più ad “accordarsi che a sparare”, deve altresì considerarsi il dato oggettivo del continuo aumento del numero degli iscritti alla massoneria».
Del resto le inchiesta recenti dell'antimafia di Reggio Calabria puntano a svelare proprio quel sistema criminale fatto di padrini e insospettabili uomini di potere, che spesso si ritrovano in circoli massonici, non per forza ufficiali.
Un favore al “fratello” boss
Nella loggia “Rocco Verduci” di Gerace, a Locri, si sono verificati fatti inquietanti. «Un magistrato onorario, appartenente alla predetta loggia, aveva chiaramente denunciato, ma soltanto in ambito massonico, una prima vicenda, risalente al dicembre 2010, riguardante le pressioni da egli subite ad opera di due suoi confratelli affinché si adoperasse per intervenire sul giudice monocratico del Tribunale di Locri al fine di ottenere, in favore dei figli di uno dei due, sottoposti a un procedimento penale per ricettazione, la derubricazione del reato. Vale la pena aggiungere che il massone che sollecitava l’intervento del magistrato onorario in favore dei propri figli indagati, era un medico della ASL di Locri, poi sciolta per mafia, nonché figlio di un noto boss ‘ndranghetista, mentre il massone che lo accompagnava, per sostenerne la richiesta, era un soggetto che, all’epoca di fatti, svolgeva un ruolo direttivo nell’ambito della “Rocco Verduci”».
Allo stesso magistrato onorario viene chiesto successivamente un secondo favore: «Intorno al mese di aprile 2012, fu ulteriormente sollecitato, da un altro dei suoi fratelli di loggia, affinché intervenisse ancora, riservatamente, presso i magistrati della Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria al fine di perorare la causa di un terzo massone, già consigliere della Regione Calabria, avendo questi saputo che, in quel momento, nell’ambito di una indagine antimafia, naturalmente coperta dal più rigoroso segreto, si stava vagliando la sua posizione».
In questo caso la vicenda assume contorni molto più oscuri. Sia perché è evidente la fuga di notizie che giungono all'orecchio di massoni borderline, sia perché si trattava di indagine in corso. «Vale la pena aggiungere, anche in questo caso, che il massone che si stava prodigando, presso il magistrato onorario, in favore del politico, già si era prestato, nei confronti di quest’ultimo per far ammettere nella loggia un nuovo bussante, figlio incensurato di un soggetto tratto in arresto per associazione mafiosa nell’ambito dell’operazione “Saggezza” dell'antimafia di Reggio Calabria».
Tonaca e grembiule
Nello sterminato elenco di personalità, non potevano mancare i sacerdoti delle logge. La chiesa lo vieterebbe, ma questo non ha evidentemente fermato le aspirazioni dei religiosi. «Non è questa la sede per affrontare la questione plurisecolare del rapporto tra Chiesa cattolica e massoneria, tuttavia appare utile ricordare che, in base alla Declaratio de associationibus massonicis emanata dalla Congregazione vaticana per la Dottrina della Fede il 26 novembre 1983 - presieduta dal Prefetto cardinale Joseph Ratzinger, poi papa Bendetto XVI - vi è inconciliabilità tra l’adesione alla Chiesa cattolica e alla massoneria», scrive la Commissione. Di recente, tra l'altro, papa Francesco ha respinto le credenziali di un ambasciatore straniero presso la Santa Sede perché iscritto alla massoneria.
Logge segrete e sconosciute
L'indagine della Commissione è stata effettuata sulle obbedienze conosciute, quelle più note e ufficiali. Tuttavia nel variegato mondo massonico esistono numerosi gruppuscoli più o meno noti, più o meno legali. Il tempo per analizzare anche quel mondo non sarebbe stato sufficiente. Per questo la commissione invita i prossimi membri della futura legislatura a proseguire nell'opera di inchiesta: «È stato evidenziato dallo stesso mondo massonico come in Italia, e in particolar modo nelle regioni del centro-sud, sia presente un florilegio di numerose piccole obbedienze, con dichiarate finalità lecite, considerate alla stregua di massonerie irregolari o di logge spurie. Così come è stato segnalato che esistono canali di dialogo tra queste entità associative e la massoneria regolare».
E quindi: «L’insieme di queste dichiarazioni, dunque, proprio perché provenienti dall’interno del circuito massonico, e peraltro da chi lo rappresenta, acquistano particolare valenza in quanto pongono le premesse, unitamente ad altri elementi raccolti da questa Commissione, sulla necessità che il lavoro d’inchiesta avviato in questa Legislatura debba proseguire. Non potrà, infatti, essere trascurato l’approfondimento del mondo magmatico delle massonerie irregolari, del loro potenziale relazionale, dell’atteggiarsi delle mafie nei loro confronti».
Interessante a questo proposito i particolari forniti dal gran maestro della Gran Loggia Regolare d’Italia: «Una cosa che accade spesso è che gli iscritti alla massoneria, alla libera muratoria, sono contemporaneamente iscritti anche ad altre forme associative. Parlo del Rotary, dei Lions, dei Kiwanis. In queste associazioni i massoni di varie obbedienze – ed è l'unico posto dove avviene – si incontrano. Quindi, sarebbe ancora più interessante, secondo me, analizzare queste realtà, perché sono le uniche realtà all'interno delle quali la massoneria irregolare e regolare va a incontrarsi. Spesso, quindi, i presentatori incontrano i presentati all'interno del Rotary o del Kiwanis. Molti iscritti alla massoneria ne sono presidenti».
Gli elenchi? No, grazie
La Commissione pensava di trovare una sponda nei vertici delle obbedienze massoniche. Così non è stato. Nelle audizioni dei vertici delle organizzazioni negavano la presenza di infiltrazioni mafiose e sottolineavano l’esistenza di regole e prassi massoniche – come la richiesta dei carichi pendenti e del certificato antimafia ai nuovi membri – in grado di fronteggiare il possibile ingresso di “personalità problematiche”.
Si aggiunge poi il rifiuto, in nome della segretezza, di fornire alla Commissione gli elenchi degli appartenenti alle logge, che una volta consegnati sono risultati parziali e incompleti. Le obbedienze hanno sottovalutato, minimizzato e a volte persino negato la presenza di massoni “problematici” all’interno delle logge. Basti pensare che l’infiltrazione mafiosa non e? mai esplicitata nei documenti formali con cui ne viene decretata la chiusura delle logge infiltrate. Piuttosto vengono utilizzati l’espediente della “morosita? degli iscritti” o questioni di mero rito massonico.