Fra i misteri italiani, la punteggiatura se la gioca alla pari con i grandi enigmi della Storia repubblicana, e qualche volta li batte. Per la maggioranza delle persone risulta più semplice cercare di risolvere il problema degli intrecci Stato-Mafia che capire dove diavolo vada messa la virgola in una frase. I più optano per una soluzione casuale, cioè seminano i segni di punteggiatura come petali di rose: dove cascano, cascano e amen. In realtà la punteggiatura è in parte così difficile da capire perché entro certi limiti è soggettiva. Il suo compito è infatti rendere il flusso dei pensieri dell'autore e spiegare a chi li vede scritti con che ritmo vadano letti. Siccome il ritmo che voglio dare alle mie frasi è personale, anche la punteggiatura in parte lo è.
Alcune regole però ci sono, e vanno il più possibile rispettate. La prima è che la punteggiatura ci vuole. I flussi di coscienza che si spandono per pagine e pagine è meglio lasciarli a Joyce, o limitarli alle pagine di narrativa, e anche lì vanno usati con maestria e moderazione. Se non siete Joyce e non state scrivendo l’Ulisse, ma una semplice lettera di reclamo al Sindaco perché vi spostino da davanti casa un cassonetto della spazzatura, per piacere, usate i punti e le virgole. Lo scrivente vi sarà grato e magari sposterà il cassonetto davvero.
La virgola serve ad indicare che leggendo si deve fare una piccola pausa fra un pezzo della frase e l'altro. Dice al lettore dove prendere fiato, quindi ogni tanto mettetene una, se non volete sulla coscienza un lettore morto di apnea.
La virgola si usa di regola quando faccio una lista: Sono andato al mercato e ho comprato pane, latte, zucchero. Se la lista la state facendo su un post it da lasciare attaccato alla porta del frigo, lì è concesso saltare le virgole. Se mettere le virgole anche nei post it attaccati al frigo, siete probabilmente un Accademico della Crusca.
Altro caso in cui è obbligatorio usare la virgola è dopo il nome di qualcuno che viene chiamato o evocato: Mario, passami il sale! Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
In questo caso Mario e Dio non sono il soggetto della frase, ma un complemento di vocazione, che indica il nome della persona chiamata (vocare in latino significa chiamare, appunto), e siccome dopo il nome viene fatta una pausa (Mario || passami il sale!) la virgola la segnala.
Non si deve mai, mai, mai (ho già detto mai? Lo ripeto: mai!) usare la virgola per separare invece il soggetto dal suo verbo o il verbo dal suo complemento oggetto. Se scrivete frasi come : Mario, va a scuola o Dio ha creato, il mondo l'Accademico della Crusca di cui parlavamo sopra (quello che mette le virgole anche nei post it) viene a casa vostra di persona per bacchettarvi le dita.
Le virgole sono anche usate per separare le frasi all'interno del periodo. Di regola andrebbero messe prima di una coordinata avversativa (quelle frasi che iniziano con ma, tuttavia, però): Ti ho cercato a casa, ma non c'eri. Non ho finito ancora il libro, tuttavia le pagine lette mi piacciono. Sono molto stanco, però voglio andare al cinema lo stesso.
Le virgole possono anche essere usate in coppia, come le parentesi, per indicare una frase che in teoria può essere tolta dal testo senza che questo soffra particolarmente. Queste frasi si chiamano incisi: Questo, come vedi, è lo stato dei fatti. Questa casa, se proprio lo vuoi sapere, sarà messa in vendita presto. Non è questo, a mio modesto avviso, il modo di parlare a tua madre.
Le virgole, anche se non sembra, sono piccole ma sensibili. Non abbandonatele in mezzo ai periodi e non lasciatele da sole a vagare per le vostre frasi. Si possono vendicare in maniere terribili e impreviste. La frase: Vengo a mangiare, nonna! vi dipinge come premuroso nipote che va a visitare una parente anziana. La stessa frase senza virgola: Vengo a mangiare nonna! vi indica invece come un pericoloso cannibale epigono di Hannibal Lecter.
Quindi occhio alle virgole, se non volete passare per sterminatori di vecchiette.