Nel film di Pablo Larrain la vedova è un personaggio postmoderno della società dello spettacolo. Che vive paradossalmente, in questa tragedia che la travolge, il trionfo della propria missione

All’indomani della morte del marito, Jacqueline Lee Bouvier in Kennedy rilascia un’intervista per raccontare il presidente e per costruirne il mito nazionale. La sua opera di creatrice d’immagine è culminata nel solenne funerale, in processione a Washington davanti ai potenti della Terra.

Per Larrain e il suo sceneggiatore Noah Oppenheim, Jackie è la vera artefice del mito di Kennedy. Un personaggio postmoderno, della società dello spettacolo. Mentre Bob Kennedy si interroga sul fallimento o almeno sull’incompiutezza dell’esperienza presidenziale (cosa abbiamo fatto davvero? Cosa abbiamo lasciato in eredità?), Jackie vive paradossalmente, in questa tragedia che la travolge, il trionfo della propria missione. «Sto solo facendo il mio lavoro» dice, e il suo lavoro è creare una nuova regalità («majesty», dice in originale), inventare una tradizione.
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Colpisce, del film di Larrain, non solo l’eleganza della regia o la bravura degli interpreti (Natalie Portman virtuosistica), ma la sottigliezza politica. I giorni del lutto sono intarsiati di flashback, e in fondo questa trasferta americana rende più limpido il discorso disincantato di Larrain sul potere, la verità, i media. In “No” il pubblicitario batteva Pinochet con una campagna spregiudicata, puntando su un mondo roseo d’evasione. In Neruda il poeta-esteta trionfava idealmente sulla dittatura grazie all’arte del trasformismo e della menzogna (artistica). Jackie crea quella che oggi si chiamerebbe una “narrazione” (o, come dice lei, «un grande spettacolo»), che il regista collega ironicamente al musical Camelot.

Poco prima dell’era Kennedy, il celebre libro di uno storico di Princeton spiegava che fino all’età moderna il sovrano, accanto al corpo mortale, ne possiede uno mistico, depositario del potere, che viene ereditato dai successori attraverso l’esibizione pubblica del cadavere (“Il Re è morto, viva il Re”). Il nuovo corpo del sovrano democratico e di massa, ci racconta Larrain, è fatto di stoffa pop. La morte catturata da una cinepresa può essere ri-consacrata da un funerale in diretta televisiva. E quando la vedova Kennedy, dopo il funerale, osserva da un vetro tutte le vetrine con gli abiti ispirati ai suoi abiti, capisce che l’icona di stile Jackie è riuscita a creare la nuova Camelot glamour.