A quanto è dato sapere nessuna persona sondata dagli istituti di ricerca sulla tentazione di affidarsi in politica a un uomo forte è uscita dai ranghi rispondendo di preferire una donna forte (forse non è stata proprio posta la domanda). Si sa come vanno ancora le cose. Mille volte meglio il diavolo di una strega-femmina. I diavoli hanno regole che gli uomini forti conoscono. Le donne forti no.
Ma sulla scena dello scacchiere europeo e di conseguenza mondiale, agitato da maschi sventati e desiderosi di onnipotenza, spiccano tre ragazze di non poco conto. Davanti alle sliding doors dell’Europa c’è un trio antagonista, interprete di un enorme potere di chiusura e difesa, dal Bene o dal Male dipende dai punti di vista in grado di cambiare gli equilibri del gioco. Tre donne forti, comandanti e non solidali tra loro in un anno cruciale e bestiale per l’Unione, segnato da candidature presidenziali, elezioni politiche e gravi scelte finanziarie.
Grand hotel Europa. In Francia, Marine Le Pen, presidente del Front National, anela a infilare una Frexit che ristabilisca grandeur e patrie e marcia a passo di carica in testa alle classifiche nel primo turno, puntando l’Eliseo «Massimo dieci anni e prenderemo il potere» ha avvertito i francesi, perché in caso di una sua sconfitta nessuno si metta il cuore in pace.
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Angela Merkel, la capopopolo dell’Unione, non molla mai la presa europea, è in ballo per la riconferma del cancellierato e della leadership Cdu e il suo consenso sale dopo il Trump horror show. Nel Regno Unito la new entry è Lady Brexit, Theresa May detta anche May be, prima paladina del capitalismo responsabile ora passata a più allegri dogmi del paradiso fiscale, tory fin da piccina, parla di Churchill come fosse il segretario o il marito e infatti ha spedito il testo di un discorso di Winston, non del marito, in dono a Trump, per il quale va a nozze. In pieno tourbillon Brexit ha affrontato anche Westwood, la stilista del cuore, per rifarsi lo stravagante guardaroba e ha acceso grandi speranze inchinandosi alla Regina con scarpine animal print non conservatrici. Ma si trattava solo di anti conformismo fetish.
Nel boudoir delle donne forti non si intravede l’ombra di qualche figliola della cultura democratica e forse c’è da rallegrarsi, non da lapidarsi, vista la tendenza a pendere politicamente verso lidi pugnaci e molto anti-Europa, come dimostrano le esemplari del nostrano ristretto catalogo. Un tempo avanzava con i tacchi dodici chiodati Daniela Santanchè, poi sostituita da Georgia Meloni e per dovere di lombi Alessandra Mussolini, crollata dai talk di prima serata ai contenitori del pomeriggio.
L’arma per rompere il soffitto di cristallo e arraffare la valigetta con i codici nucleari era Hillary, ridotta però a polpette da fuoco amico, candidatura dinastica e marito sciupafemmine, che per ambizione o debolezza non è riuscita a lasciare. A Washington controlla il via vai e il su e giù dell’Europa Christine Lagarde, direttore del Fmi dopo un predecessore libertino- Dominique Strauss Khan- soprannominata zanna bianca per colore dei capelli e ferocia nel fare i conti, anche se certi bigliettini al presidente Sarkozy mostrano cedimenti di cortigianeria non da Dna di donna forzuta. Ma Parigi è rimasta sempre un po’ Versailles.
Non c’è dubbio che il destino di un’Europa debole e in preda a epilessia populista sia nelle loro mani. Il paese di May se le è lavate e ha infilato la porta. Le Pen, leggiadra come Baudelaire, ha spiegato la posizione «Io voglio distruggere l’Ue». Solo Merkel, figlia di un pastore protestante (come May) della Germania dell’Est, che dialoga in russo con Putin e ha definito «una follia» l’avvento di Trump, non ha barcollato un secondo. Ha difeso i trattati, accolto 900 mila persone, un numero da scandalo per May protezionista e conservatrice non compassionevole. «Stai attenta, madame Merkel» ha avvertito pubblicamente Le Pen dopo la vittoria del presidente Usa di cui è fans. Indimenticabili le ricette di suo padre Jean Marie, che suggerì come monsieur Ebola potesse diminuire l’immigrazione in Ue.
Per arrivare al potere, tutt’e tre le ragazze hanno giocato duro, Marine ha defenestrato il genitore, May è ascesa sulle ceneri di David Cameron e Angela ha pugnalato politicamente Helmut Kohl.
Intanto, proprio la donna che ha comandato l’Europa agitando i sonni di premier assai strutturati, criticata perché crucca, pignola, irremovibile, sempre con il pallottoliere e il righello in mano a fare le pulci ai conti in nome della Dea Europa e soprattutto della grande Germania, con le stesse stanche tre giacchette da decenni (nota da osservatrici d’inutili dettagli), di fronte al pericolo Trump è diventata all’improvviso il meglio. Come in Pretty woman. Non solo per i media tedeschi che prima ne stigmatizzavano l’europeismo spinto. Ma persino The Guardian, il quotidiano britannico sulla cresta dell’onda, l’ha definita «il leader più importante del mondo libero democratico e liberale». Tanto peggio per chi se n’è già andata e chi spera di farlo. A lei invece tocca pure dire grazie a Trump.
Mondo
3 febbraio, 2017Sulla scena dello scacchiere europeo e di conseguenza mondiale, agitato da maschi sventati e desiderosi di onnipotenza, spiccano delle leader che dimostrano un'energia sconosciuta ai loro colleghi uomini
Marine Le Pen contro Angela Merkel: i due volti della donna forte
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