In questi anni si è guadagnato l’aureola di salvatore di Eurolandia, e il cilicio delle critiche tedesche. E ha anche plasmato, come nessun politico di professione ha fatto, una visione dell’Europa in crescendo e non in demolendo. Ecco, in pillole, una guida al “credo” di Draghi

La cravatta blu di quando imbraccia il bazooka o quella bordò del rinvio? Per i “tiewatchers”, gli osservatori che scommettono sul colore della cravatta di Mario Draghi ?(sono economisti, giornalisti, finanzieri, appassionati ?a vario titolo del presidente della Bce) i prossimi mesi saranno pieni di suspense.

Perché dopo un 2016 passato ad abbassare i tassi e a stimolare la crescita con il QE, il 2017 può riservare qualche significativo cambio di rotta nel cammino della banca centrale, alimentando quindi la cabala della cravatta. Di certo al giochino Draghi non offre nessuna complicità, abituato com’è a parlar chiaro ogni volta che può. Come ha fatto dall’istante in cui ha traslocato a Francoforte, nell’autunno del 2011, l’anno nero dello spread oltre i 500 punti, con i mercati impazziti che puntavano contro il futuro dell’euro.

In questi cinque anni si è guadagnato l’aureola di salvatore di Eurolandia, e il cilicio delle critiche tedesche. E ha anche plasmato, come nessun politico di professione ha fatto, una visione dell’Europa in crescendo e non in demolendo.

Ecco, in pillole, una guida al “credo” di Draghi.

1. Euro per sempre
Se la Bce ha «il potere di agire, ?la determinazione di agire, l’impegno per agire», come il suo presidente ha chiarito a Wall Street a dicembre 2015, non altrettanto si può dire dei partner europei a difesa del modello di integrazione che si sono dati. Invece Draghi ha sempre avuto le idee chiare: dall’euro non si torna indietro. Come ha ricordato poche settimane fa a Lubiana, nel discorso più politico mai pronunciato, senza l’Unione gli europei sarebbero non solo più poveri ma anche più indifesi, e se qualcosa non ha funzionato la soluzione non è distruggere tutto «ma correggere gli errori che hanno impedito all’Unione di funzionare come avrebbe dovuto». Quindi, per arginare i gli euroscettici, la sua ricetta è semmai più integrazione.

2. il pilota automatico
Al culmine delle turbolenze ?di quel maledetto 2011, a dicembre, Draghi lancia al Parlamento europeo l’idea di un contratto di finanza pubblica che rafforzi la disciplina dei conti riducendo ?la sovranità nazionale in materia. È la nascita del fiscal compact: gli obiettivi di rispetto dell’indebitamento ?e del deficit diventano più stringenti e rigorosi, e prevedono ?un allineamento progressivo, pena forti sanzioni. ?Serve a tenere buona la sospettosa Germania? Certo. ?Ma i mercati si placano proprio grazie al fatto che l’Italia ?deve far viaggiare i conti pubblici con il “pilota automatico” delle regole di bilancio chieste da Draghi. E si spiana ?la strada a nuove istituzioni europee come l’Unione bancaria.

3. Riformatevi tutti
Un continente che non cresce abbastanza, che non crea posti di lavoro, che non ritrova ?la strada dello sviluppo, deve fare riforme, liberalizzare, rinnovarsi tecnologicamente. È il succo del discorso ?di Madrid dello scorso novembre, in cui Draghi lancia ?un messaggio chiaro: i governi devono mettere mano ?alle riforme strutturali, perché non ci si può affidare ?solo al QE, cioè agli acquisti di bond che la Bce fa da mesi ?a piene mani, né cullarsi nella stagione dei tassi sotto zero. La finestra di opportunità potrebbe chiudersi, la grande occasione offerta dalla Bce finire. ?E se i governi non fanno da soli, a Draghi piacerebbe ?una governance europea delle riforme, proprio come ?quella ottenuta per la disciplina di bilancio.

4. Banche, non dormite
"A wall of money!", hanno gioito i banchieri quando, a inizio del suo mandato, Draghi ?ha inaugurato la stagione dei prestiti a buon mercato alle banche per evitare il credit crunch da sfiducia reciproca ?tra istituti e paralisi economica. ?Pragmatico, non ha lesinato le sue munizioni a difesa ?del sistema, come pure ha ammesso - quando emergeva ?il caso Montepaschi - che gli aiuti di Stato sono possibili ?in circostanze eccezionali. Tutt’altro che protettivo, ?però, ai banchieri lancia anche un altro messaggio: ?i tassi bassi non devono essere l’alibi delle banche ?per tirare i remi in barca, perché hanno come obiettivo ?la ripresa. Che, una volta riavviata, consentirà alle banche nuovi profitti.

5. Decido io la rotta
Basta con i tassi a zero, danneggiano i nostri risparmiatori, dicono i tedeschi. Questo perché in Germania l’inflazione è ripartita e ha raggiunto il 2 per cento, livello-obiettivo che indurrebbe la Bce a far partire i rialzi e ad avviare la riduzione del Qe. Ma Draghi è prudente. E ha chiarito che cambierà la politica della banca centrale solo se avrà la certezza che il ritorno dell’inflazione non è una fiammata temporanea (ora è molto legata all’aumento del prezzo del petrolio) ma reggerà a medio termine, ?e riguarderà tutta l’eurozona, non solo la Germania.