Le manifestazioni contro il presidente e l'ennesimo arresto del leader dell'opposizione sono indizio di un nuovo clima. E portano alla ribalta protagonisti inediti: i giovani, nati quando Vladimir era già al potere, a cui lo 'zar' non ha niente da offrire
Gli agenti del reparto speciale Omon usano la tattica antisommossa della “snatch squad": una dozzina di agenti formano improvvisamente un serpente umano che si apre un varco nella folla dei manifestanti, ne agguanta uno e se lo porta via. I poliziotti dell’Mvd, invece, per le cariche preferiscono la formazione a cuneo. Il risultato finale è lo stesso. Gli “omonovtsy” sono più tosti. Quelli dell’Mvd pestano di più. Entrambi i reparti fanno parte della Guardia nazionale creata l’anno scorso da Vladimir Putin che fa capo direttamente al presidente.
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“Che ci fate qui, non vi pare imprudente”? Chiediamo a una coppia con un bambino piccolo. “Volevamo esserci, è giusto. E non avevamo nessuno a cui lasciare il nostro Misha”. “Sono venuto apposta da Kaluga (190 chilometri da Mosca, ndr.)“, dice Oleg, 50 anni. “Non ero mai stato a una manifestazione”. Accanto a noi c’è un’intera classe di liceo, ultimo anno.
Fino a poco fa il coro era “la Russia siamo noi”. Dopo le cariche e gli arresti, adesso si urla “pozor, pozor”, cioè “vergogna”. Ma nessuno provoca davvero i poliziotti. In realtà non abbiamo mai visto una dimostrazione così pacifica e sorridente. L’età media è sui 25 anni. E’ una giornata di sole. A Mosca ancora non è primavera, ma quasi.
Navalny e i ragazzi senza zar
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E’ la più grande protesta contro Vladimir Putin e il suo governo dal 2012. Il modo civile in cui si è svolta e la severità con cui è stata repressa, con l’ennesimo arresto del leader che l’ha ispirata, Alexey Navalny, e di centinaia di altre persone, indicano come in Russia esista un’opposizione decisa, moderata e responsabile, e quanto il Cremlino tema la piazza.
La lotta contro la corruzione si è dimostrata un ottimo catalizzatore, tra i diversi motivi di scontento. Navalny ha visto giusto. La corruzione in Russia colpisce tutti e a tutti i livelli.
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Manifestazioni come quelle di domenica a Mosca, San Pietroburgo, Vladivostok, Ekaterinburg, Nizhny Novgorod, Kazan, Samara e altre città potrebbero ripetersi. La sensazione diffusa è che si sia aperta una nuova stagione politica. Il leader che fa paura a Putin ha dimostrato di essere credibile in tutta la Federazione, non solo tra gli intellettuali delle grandi città. A mobilitarsi sono stati soprattutto i giovani. E’ finita l’apatia.
“Non era mai successo che scendessero in piazza i ragazzi delle scuole”, scrive sul suo blog l’economista Sergey Aleksashenko. E sono rimasti lì anche quando hanno saputo che Navalny era stato preso dalla polizia e non sarebbe intervenuto. Non erano lì per il leader, ma perché non gli piace quel che succede nel Paese. Evidentemente, i ragazzi russi non hanno bisogno di uno zar.
“Con tutto il suo presunto consenso, Putin non ha mai mobilitato tanta gente”, sottolinea l’economista. “Lui le piazze oggi può riempirle solo di poliziotti”, e a questi giovani nati quando lui era già al potere, poco influenzati dal retaggio di settant’anni di dittatura comunista e molto da internet, “non ha niente da offrire”. Il fatto è che questi ragazzi hanno in mano una bandiera russa, ma sono proprio come tutti gli altri ragazzi d’Europa.
I mesi che separano il Paese dalle elezioni presidenziali del 2018 potrebbero esser fatali alla cosiddetta “democrazia controllata” e smascherare un regime di fatto sempre più autoritario.
Non proprio una passeggiata
Le dimostrazioni erano quasi tutte non autorizzate. Chi vi partecipava sarebbe finito nei guai, avevano ripetutamente avvertito le autorità. Eppure sono scese per strada decina di migliaia di persone. Difficile fare un calcolo preciso. Le modalità erano di arrivare alla spicciolata alla stessa ora in un luogo definito e semplicemente camminare avanti e indietro. Niente cortei, niente striscioni né fischietti.
I fermati e gli arrestati sono almeno un migliaio, secondo la Odv-info, un’organizzazione indipendente che informa sui provvedimenti giudiziari per motivi politici. Le cifre ufficiali non sono molto distanti. Solo a Mosca, sono state caricate sui cellulari (che qui somigliano a piccoli autobus) e portate nei posti di polizia oltre 800 persone, scrive l’agenzia di stampa di Stato Ria Novosti.
Navalny l’hanno beccato appena uscito dalla metropolitana. La folla per qualche minuto ha sbarrato la strada al cellulare, poi ha continuato tranquillamente la “passeggiata”. Davanti al giudice, con tutto l’umorismo surreale dei russi, l’avvocato anti-corruzione ha chiesto come testimone in sua difesa il primo ministro Dmitri Medvedev.
Durante la manifestazione, la polizia ha fatto irruzione negli uffici di Fbk, la fondazione di Navalny. Tutti i presenti sono stati arrestati. Sequestrati computer e documenti, rende noto la portavoce Kira Yarmush. Il co-fondatore, Leonid Volkov, potrebbe essere incriminato per “estremismo”, delitto punibile con sei anni di carcere duro. Motivo: ha mandato in diretta streaming sul sito di Fbk le immagini della manifestazione moscovita senza autorizzazione.
La maggior parte di tutti i fermati è stata rilasciata dopo una notte in cella. Per il reato amministrativo di “manifestazione non autorizzata” possono esser condannati a una multa di circa 350 euro, o a 40 giorni di lavori socialmente utili. Per i recidivi, però, il reato diventa penale: fino a cinque anni di galera.
La Toscana di “Dimon”
Nella capitale, i manifestanti erano almeno 20mila, secondo un calcolo che abbiamo fatto assumendo una densità di due persone per metro quadrato. Il fulcro della dimostrazione è stata la statua del poeta Pushkin, nella piazza a lui intitolata nel centro di Mosca. Alla base del monumento qualcuno aveva attaccato un cartello con la scritta “Dimon, dove hai preso i soldi per la Toscana”? Dimon è un nomignolo poco riguardoso affibbiato a Dmitri Medvedev. In Toscana c’è la fattoria con annessi castello e vigneti che da un’inchiesta anti-corruzione di Fbk risulta essere sua.
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E’ la fattoria dell’Aiola, e si trova vicino a Radda in Chianti. E’ appartenuta a Giovanni Malagodi. Dal 2012 è in mano a una società russa. Risulta dalle visure camerali. Il top manager è lo stesso di un’ azienda vinicola in Crimea di proprietà di una società gemella, abbiamo potuto verificare. Entrambe, sostiene documenti alla mano Fbk, sono finanziate da grandi imprenditori privati russi e appartengono a un ex compagno di scuola di Medvedev: Ilya Eliseev. Un prestanome che gestisce il tesoro del primo ministro, secondo la fondazione.
"Qui Medvedev non si è mai visto”, ha detto alla Repubblica Daria Ivleva, responsabile marketing della tenuta. Conferma che la proprietà è di Eliseev, ma si sente di poter smentire che “Dimon” c’entri qualcosa.
Le proprietà nel portafoglio di Eliseev e che secondo Fbk appartengono a Medvedev sono anche molte altre, e ben più ricche.
In effetti, l’antica roccaforte trasformata in villa all’Aiola a vederla da fuori non sembra una reggia. Ma la Toscana sui russi di oggi ha molta più presa della appena riannessa Crimea, e probabilmente di ogni altro luogo.
Efficienza militare
Gli agenti antisommossa hanno impedito che chi era su via Tverskaya si unisse a chi era in piazza Pushkin. Hanno iniziato a caricare la folla dopo un paio d’ore. Poi hanno sgombrato la piazza con estrema efficienza, stringendo i presenti in un imbuto (termine militare, “kettling”) da cui potevano uscire solo entrando nella metropolitana - dove altri agenti regolavano il transito della gente indirizzandolo verso i treni in partenza. Nel tardo pomeriggio, una manovra simile ha disperso i dimostranti dalla parte opposta, nella piazza del Maneggio, di fronte al Cremlino.
La polizia non ha trovato alcuna resistenza. Avete presente i “black bloc”? I manifestanti di Mosca erano l’esatto contrario. Educati e quasi collaborativi. Ma l’efficienza militare dimostrata dai reparti antisommossa è stata comunque magistrale. La riforma che da meno di un anno ha portato i nuclei operativi speciali e altre forze della pubblica sicurezza sotto il controllo diretto del presidente è volta proprio ad ottenere risultati come quelli visti durante le manifestazioni di domenica. Bisogna esser bravi, oltre che tanti, a far sgomberare tutti con tale velocità e precisione, e nel frattempo arrestare e trasportare via 800 persone in meno di due ore.
Gli incubi di Putin
Il fatto è che Vladimir Putin ha una paura maledetta delle dimostrazioni di protesta. L’eventualità di una “rivoluzione colorata” in Russia lo preoccupa parecchio almeno dalla metà del decennio scorso, dopo le “rose” georgiane, i “tulipani” kirghizi e soprattuto dopo la Rivoluzione arancione della fine del 2004 in Ucraina. Convinto che dietro ci fossero direttamente gli Stati Uniti, mentre la Nato si ingrandiva fino alle frontiere della Federazione, il presidente cambiò repentinamente la sua narrativa: niente più discorsi sull’Europa, il liberalismo e la democrazia. Il leitmotif divenne la contrapposizione con l’Occidente.
Nell’inverno tra il 2011 e il 2012, quando le manifestazioni di massa contro i brogli nelle elezioni che lo avevano riportato alla presidenza fecero pensare che dalle strade di Mosca fosse partita un’ inarrestabile “rivoluzione bianca”, la preoccupazione diventò un vero incubo, e Putin da Vladimir il Grande si trasformò in Vladimir il Terribile. Vennero così le leggi, manifestamente anticostituzionali (la costituzione russa contiene norme analoghe all’articolo 17 di quella italiana) che limitano fortemente la libertà di manifestare opinioni in pubblico.
Nei mesi scorsi il Cremlino ha iniziato a preparare le elezioni del 2018, e secondo i politologi e i consulenti sentiti dall’amministrazione presidenziale, c’era l’intenzione di renderle più democratiche possibile, salva l’assoluta sicurezza che le vincesse Putin, o una figura da lui indicata. Si era anche pensato a Navalny come al candidato d’opposizione che potesse raccogliere abbastanza voti d dare una certa decenza a tutta l’operazione.
L’ipotesi è stata presto accantonata. Condannato nuovamente nella frettolosa riedizione di un vecchio processo annullato perché “processo non equo” secondo la Corte di Strasburgo, al momento non può concorrere perché pregiudicato. Ma lui ha iniziato lo stesso la campagna elettorale, ottenendo sovvenzioni col crowdfunding e aprendo uffici in tutta la Russia. Se riuscirà a superare l’ostacolo legale, gli incubi di Putin potrebbero anche materializzarsi. E anche se Putin riuscirà a fermare Navalny, resta il fatto che oggi, a quanto pare, i ragazzi russi non hanno proprio bisogno di uno zar. E i ragazzi cresceranno.