Meno di un diplomato al liceo classico su 10 è figlio di operai e impiegati. Perché il fattore socio-economico è determinante nelle scelte dei ragazzi dopo le medie. Un gap di partenza che non abbiamo superato. E che incide nelle scelte universitarie
Il fatto che 7 diplomati su 10 abbiano intenzione di iscriversi all'università non è sufficiente per poter dire di essere sempre più vicini a rendere davvero equo l'accesso all'università. Il gradiente sociale che emerge se si considera la classe socio-economica di appartenenza dei giovani diplomati a seconda del tipo di diploma è infatti drammaticamente evidente. Anche se frequentare un
liceo pubblico costa allo stesso modo di un istituto tecnico o di uno professionale,
un terzo di chi si diploma al liceo proviene da famiglie di classe sociale considerata “elevata”, mentre solo il 17 per cento da famiglie che lavorano nell'esecutivo.
Lo mostrano i dati raccolti da
AlmaDiploma, la “sorella” di Almalaurea che ogni anno cerca di fare il punto sulle condizioni dei ragazzi prima che essi arrivino all'università. Per capire meglio di cosa stiamo parlando vale la pensa sciogliere un po' questa nomenclatura. Secondo le categorie di AlmaDiploma la classe sociale considerata “elevata” è rappresentata da liberi professionisti (medici, avvocati), dirigenti, docenti universitari e imprenditori con almeno 15 dipendenti.
La classe “media impiegatizia” comprende impiegati con mansioni di coordinamento, direttivi o quadri intermedi e insegnanti, mentre la “classe media autonoma” coadiuvanti familiari, soci di cooperative e imprenditori con meno di 15 dipendenti. Infine, la classe del lavoro esecutivo è composta da operai, da qualsiasi forma di lavoratore subalterno e assimilato e da tutti coloro che sono considerati “impiegati esecutivi”, con contratti di varie forme e colore.
Una specifica che rende ancora più rilevante il fatto che solo un liceale su 6 provenga da una famiglia che lavora nell'esecutivo. Si tratta in realtà di una stima al rialzo. Se consideriamo solo le due “roccaforti”, cioè il
liceo classico e il
liceo scientifico, il gradiente è ancora più evidente: il 45% dei diplomati nel 2016 nei licei classici è figlio di professionisti, dirigenti, docenti universitari, imprenditori, contro un 8,7% rappresentato da figli di operai e di impiegati. Simile la situazione per i licei scientifici, dove quest'ultima categoria rappresenta il 13,1%, tendendo a preferire, come formazione liceale, i licei delle scienze umane e i licei artistici.
LICEI, OLTRE IL 30 PER CENTO VIENE DA FAMIGLIA DI CLASSE ELEVATACerto, si tratta di un sondaggio, non di una raccolta svolta a tappeto, scuola per scuola. Leggendo il rapporto di
AlmaDiploma si apprende infatti che questi dati rappresentano 261 istituti per un totale 43.171 studenti esaminati: 61 nel Lazio, 45 in Lombardia, 40 in Emilia Romagna, 26 in Liguria, 22 in Puglia, 20 in Toscana, 12 in Trentino-Alto Adige, 11 in Sicilia, 9 in Veneto e 15 in altre 7 regioni italiane. Perfettamente omogenea invece la proporzione di studenti esaminata per classe sociale.
È ampiamente sottorappresentato il sud, ma anche per questo si tratta di dati interessanti perché ci tolgono dall'imbarazzo di pensare che forse questo gap così marcato rifletta in qualche modo un gradiente geografico, dal momento che solo una piccola parte di questi dati proviene dalle scuole del Meridione. Colpisce molto anche ciò che emerge dalle domande che AlmaDiploma pone ai giovani riguardo al loro prossimo futuro. Se filtriamo i risultati per i liceali italiani, coloro cioè che si presuppone più di tutti proseguiranno gli studi, fra coloro che non intendono iscriversi all'università, quasi il 30% appartiene alla classe dell'esecutivo, che ricordiamo costituisce solo il 15% del totale dei diplomati liceali. Inoltre, sempre solo considerando i liceali, il 30% di chi viene bocciato 2 o più volte appartiene alla classe sociale più bassa, contro il 17% della classe elevata. E di nuovo, ricordiamo che i primi rappresentano solo il 17% del totale degli iscritti ai licei.
LE PROSPETTIVE DOPO IL DIPLOMALA REGOLARITA' NEGLI STUDIUn dato che ci fa riflettere ancora una volta sul substrato sociale che stiamo costruendo, e su quanto le condizioni di partenza possano incidere sulle attuali possibilità di un giovane nato in una famiglia con meno possibilità di altre di partenza, di seguire il medesimo percorso di un suo coetaneo e di usufruire delle migliori possibilità formative, curriculari e non.
Vale la pena per esempio soffermarsi sulle percentuali di diplomati che hanno effettuato un
soggiorno di studio all'estero, a seconda del tipo di scuola superiore considerata. Ancora una volta il gradiente si fa sentire: anche escludendo il liceo linguistico, che per ovvie ragioni propone molte attività di questo tipo, i giovani che fanno questo tipo di esperienza sono il doppio nei licei rispetto agli istituti tecnici o professionali. In media 4 ragazzi su 10 del classico e dello scientifico hanno usufruito di periodi di studio all'estero contro il 15% degli istituti professionali. Il divario aumenta se si considerano solo i soggiorni lunghi, superiori alle 2 settimane, prerogativa scelta da un liceale su 10 e da un diplomato professionale su 100.
GLI STUDI ALL'ESTEROSi possono guardare questi dati da diversi punti di vista, per esempio notando il fatto che il 33% di chi ha intenzione di iscriversi all'università e contemporaneamente cercare un lavoro, proviene dalle classi sociali elevate. Tuttavia, in termini di disuguaglianze sociali il punto di osservazione – dicono gli esperti – deve essere quello dell'elemento più vulnerabile. Il punto di vista più interessante non è infatti che i figli delle classi sociali più elevate non scelgano le scuole professionali, come è facilmente prevedibile, o che tendano a proseguire gli studi dopo il diploma:
l'elemento cruciale per valutare gli estremi di una società disuguale è capire perché ancora oggi meno di un diplomato al liceo classico su 10 sia figlio di operai e impiegati. Un possibile risultato di questo trend lo raccontava un anno fa
AlmaLaurea, mostrando come chi proviene da famiglie più istruite sia più propenso a intraprendere percorsi di studio più lunghi, le famose “lauree a ciclo unico”, come medicina e giurisprudenza.
Un dato su tutti: il 43% dei laureati in medicina proviene da classi sociali elevate (cioè con entrambi i genitori laureati), e in generale il 34% degli iscritti a corsi di laurea magistrale a ciclo unico. I figli di operai e impiegati rappresentano solo il 15% dei laureati magistrali a ciclo unico, cioè del neo-medici e dei neo-avvocati, contro un 34% costituito dai figli della classe sociale più elevata. Viene da chiedersi dunque se si tratta solo di una condizione economica, specie alla luce del recente dibattito sul Reddito di Inclusione per le famiglie meno abbienti, o se dietro ci sia dell'altro, barriere culturali e sociali. Quello che è certo è che in ballo vi è anche la composizione stessa della classe dirigente del domani.