Perché non funzionerà l’economia che vuole Donald Trump
Dopo l'euforia iniziale, i mercati hanno cominciato a metabolizzare l’idea che niente di importante accadrà in tempi brevi riguardo al suo programma
Tutte le fasi di rialzo dei mercati borsistici finiscono, prima o poi. Sul boom di Wall Street innescato dall’arrivo alla presidenza di Donald Trump la domanda però è se sia destinato a una morte prematura. La forte svendita di titoli dei giorni scorsi non deve infatti sorprendere. ?Le valutazioni dell’azionario statunitense erano cresciute di un buon dieci per cento da quando Trump ha vinto le elezioni, ma l’impennata non era giustificata da ciò che la Casa Bianca realisticamente può concludere nel breve-medio periodo.
Le possibilità che Trump riesca a fare approvare al Congresso ancora nell’anno in corso una sostanziale riduzione delle tasse, ad esempio, sono molto esigue. E ancora di più ?lo sono quelle di una legge per finanziare il piano per le infrastrutture promesse in campagna elettorale. Senza questo stimolo sarà difficile tenere alta l’euforia.
Il primo duro test è stato il voto contro la riforma sanitaria del presidente Obama, avvenuto giovedì 23. Nonostante gli sforzi, non potendo contare su un numero sufficiente ?di voti repubblicani, Trump e il presidente della Camera, Paul Ryan, hanno scelto di ritirarla.
Anche se fosse passata alla Camera, al Senato raccogliere i voti repubblicani necessari sarebbe stato ancora più difficile. Come proposta di legge era un pasticcio che aveva suscitato poco entusiasmo e che per essere approvata contava solo sulla fedeltà dei deputati repubblicani.
Quale che sia adesso il destino della legge sulla sanità di Trump, i mercati hanno cominciato a metabolizzare l’idea che niente di importante accadrà in tempi brevi riguardo al suo programma. Dato che Trump non dispone del numero sufficiente di tecnici a lui fedeli per occupare i tanti posti ancora vacanti nei ministeri, su di lui crescerà la pressione perché vari una riforma fiscale - di solito hanno vita per qualche decennio - a suon ?di trattative e anche di accordi ?e mediazioni, se necessario.
Washington è per definizione un terreno scivoloso per i riformatori ambiziosi. Persino i più ben oliati tentativi di riforma non sopravvivono talvolta alle lotte dei congressisti a Capitol Hill per preservare la propria area di influenza. Le riforme, per avere una qualche possibilità di farcela devono essere coerenti e ben sostenute da un’abile costruzione ?di coalizioni e da un alto tasso ?di approvazione del presidente.
A Trump mancano tutte tre le condizioni. La caratteristica che meno si aspettava da lui è l’indecisione. Poiché per completare il suo team mancano ancora numerose nomine, egli non ha a oggi prodotto un piano per la riforma fiscale. In più, persino ?i suoi consulenti hanno idee contrastanti sull’opportunità ?di una tassa sulle importazioni, su come saranno finanziate le nuove infrastrutture e sulla riforma ?del fisco allargata ai cittadini ?e non solo per le imprese.
Steven Mnuchin, segretario del Tesoro di Trump, ha dichiarato che l’obiettivo del governo è di far approvare tagli alle tasse entro agosto. Ciò è adesso impossibile. Nella migliore delle ipotesi, Trump potrebbe avere una proposta adeguata sul suo tavolo a inizi 2018. Più il presidente rimanda il comunicare in che cosa essa consisterà, minori saranno le possibilità di successo. Anche con una proposta ben definita, il basso tasso di approvazione di Trump - nella settimana è crollato sotto il 40 per cento e resta il più basso mai avuto da un presidente all’inizio del mandato - limiterà la sua influenza ?sui legislatori.
Nessuno sapeva di preciso che cosa Trump avrebbe fatto una volta presidente e, tuttavia, tanto i mercati quanto i suoi elettori credevano che avrebbe almeno saputo impersonare ?il ruolo di presidente. Anche questa convinzione ora sta svanendo.
I mandati presidenziali possono avviarsi in tre modi. Certi partono in quarta, come Ronald Reagan nel 1981 con il suo forte abbassamento delle tasse. Ciò vale anche per Barack Obama, che a questo punto del mandato aveva fatto approvare il più sostanzioso pacchetto di stimolo della storia degli Stati Uniti. Da un successo iniziale, una presidenza riceve una buona spinta. Altre cominciano più mestamente, come Bill Clinton nel 1993 che, dopo essere riuscito a far approvare una importante riforma della legge finanziaria, fallì su quella sanitaria. Altri fanno flop subito, come il secondo mandato di George W. Bush nel 2005: l’insuccesso della sua riforma previdenziale frantumò le speranze di altri successi legislativi.
I mercati pensavano che Trump avrebbe seguito le orme di Reagan, ma, nei fatti, egli oscilla tra il secondo e il terzo tipo di inizio di un mandato presidenziale: quello di Clinton ?e quello di Bush junior.
Il momento della verità arriverà a inizio aprile quando sarà pubblicato il tasso di crescita del primo trimestre. È vero che non gli si può imputare il calo, ma è anche vero che è stato lui ad attribuirsi con clamore il merito ?di risultati economici sui quali non ?ha invece alcun controllo, come ?la crescita dell’occupazione, ?oltre al forte rialzo del mercato azionario. Ora non gli sarà semplice districarsi retoricamente di fronte ?a un cambiamento negativo. Non potendo contare sull’epifania di una riforma fiscale, Trump potrebbe aiutare gli “spiriti animali” con un’aggressiva cancellazione di normative. Il settore dell’energia potrebbe beneficiare dall’azione ?di Trump contro i vincoli ambientali dell’era Obama. Anche per Wall Street dovrebbe arrivare un allentamento delle condizioni per il credito. Ciò aiuterebbe la crescita ai margini.
Contro questa prospettiva lavora però l’effetto Trump sulle restrizioni dei visti. Il turismo rappresenta un decimo dell’economia Usa. Le prenotazioni di voli e alberghi stanno calando. Anche l’istruzione universitaria genera cospicui introiti, ma il 40 per cento delle università americane registra ?già una caduta delle iscrizioni ?per quest’anno, mentre in Canada ?le richieste sono notevolmente aumentate.
In realtà, Trump potrà attuare restrizioni ai visti molto limitate. Temporaneamente ha interrotto il rilascio di visti ai cittadini di sei paesi a maggioranza musulmana, ma la misura potrebbe non farcela nei tribunali. Il punto critico è tuttavia la percezione.
All’estero si ritiene che Trump stia opponendosi a ogni tipo di accoglienza. Quella dei visti è una misura che Trump ha saputo strombazzare ?anche troppo: peccato che per la crescita economica sia negativa.