Pochi lo riconoscono, anche se le frasi che facciamo con lui ogni giorno sono centinaia. Ma 'ci', ovvero l’avverbio di luogo che indica “qui, in questo posto”, è una delle parole più bistrattate del vocabolario. La maggioranza delle persone, quando analizza una frase come “C’è posto a tavola?” o “C’è qualcosa che manca?” tende a considerare il povero ci come se facesse parte del verbo, oppure a confonderlo con il suo omografo 'ci' pronome personale atono, quello che vuol dire “a noi”.
C’è/ci sono sono invece due frasi con un avverbio di luogo: c’è significa “è in questo posto”, “sta qui”. Il suo compito accanto al verbo essere è molto preciso: indica il luogo dove l’azione si svolge. Tra l’altro segnala in modo inequivocabile che in questo caso il verbo essere svolge la funzione di predicato verbale e non nominale, come invece gli capita quasi sempre. C’è significa infatti “si trova”, e pertanto in questo caso il verbo essere descrive una azione, ovvero è sostituibile con il verbo “stare”.
Il ci deriva probabilmente da un latino alto medievale hicce, a sua volta derivato dall’avverbio di stato in luogo latino hic.
Il ci avverbio di luogo si usa con i verbi che indicano il rimanere o il raggiungere un determinato luogo, come stare (ci sta), andare (ci andiamo), venire (ci vieni?). Non va invece confuso con il ci che significa “noi/ a noi”. Ci guardiamo negli occhi significa infatti che io e te /noi ci guardiamo reciprocamente negli occhi, e non indica nessun luogo; allo stesso modo Ci spostiamo da casa al lavoro indica che spostiamo noi stessi, ci portano da mangiare significa che portano da mangiare a noi. Nella frase Noi ci siamo, invece, è chiaro che sostituire il ci con un ulteriore “noi” non avrebbe senso.
Il segreto per riconoscere i due ci è quindi provare a sostituire il ci con un noi/a noi. Se la frase ha ancora senso, è pronome, se invece risulta incomprensibile si tratta di un avverbio.
Il povero ci ve ne sarà molto grato. Passare l’esistenza ad essere confuso con qualcos’altro è difficile persino per un avverbio: c’è di che perdere l’autostima.