Attualità
26 dicembre, 2018

La protesta delle sette Madamin 

L'impresa delle professioniste della società civile che hanno compiuto l'insperato nel 2018 e portato in piazza 30mila persone a dire “Sì” alla Tav

Avevano dato loro l'appellativo di “Madamin” pensando così di ridicolizzarne la portata dell'azione e ricondurla all'interno delle mura domestiche. Sette mogli in tarda età che non hanno di meglio da fare. Elite annoiata che gioca alla politica. E invece sette professioniste della società civile hanno compiuto l'insperato nel 2018 e portato in piazza 40mila persone a dire “Sì” alla Tav, al treno veloce che collegherà Torino a Lione. Il progetto, ideato negli anni Novanta, prevede una linea ferroviaria di 235 chilometri per passeggeri e merci che affiancherebbe quella voluta da Cavour, troppo in pendenza per poter essere convertita all'alta velocità.

Grazie alla protesta di piazza guidata dalle donne della borghesia piemontese, il termine Madamin, o signora sposata, ha superato i confini locali ed è entrato nel linguaggio nazionale con una doppia accezione positiva: sinonimo dell'Italia che vuole andare avanti senza scuse né scorciatoie e quella di donne finalmente capaci di aggregare e di fare politica.

L'iniziativa è nata dopo che il consiglio comunale di Torino con 23 voti favorevoli e 2 contrari ha approvato la mozione dei 5Stelle che aveva chiesto di fermare il progetto fino all'arrivo di un'ulteriore valutazione costi e benefici. Il disegno volto a incrementare il traffico su gomma e a connettere l’Italia alla Francia e all’Europa, sarebbe in buona parte finanziato dall'Unione europea, perché parte della nuova rete infrastrutturale europea, e poi dalla Francia e dall'Italia. Ma a causa di valutazioni economiche e ambientali nella Val di Susa ha da anni dato vita al movimento italiano dei No-Tav.

Patrizia Ghiazza, Adele Olivero, Donatella Cinzano, Simonetta Carbone, Roberta Dri, Giovanna Giordano e Roberta Castellina. La loro avventura è cominciata a Torino ma non si ferma qui. Ben più ampio sta diventando lo scopo della protesta che hanno sollevato. Se otterrà il sostegno di una fetta ampia della società civile proseguirà a Genova il 20 gennaio per poi sbarcare a Milano, Padova, Como, Piacenza e Roma. Obiettivo: sbloccare le grandi opere e, con esse, il futuro di un’Italia che non rinuncia né alla crescita né all'Europa.

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