Il presentatore, scomparso all'età di 60 anni, è stato protagonista di una televisione sempre elegante e che mai rincorreva le volgarità

Non urlava mai Fabrizio Frizzi, e cercava di scappare a gambe levate da quelle trasmissioni che sull'urlaccio ci hanno sempre campato. Non gli apparteneva, non era il suo modo di fare televisione, un modo gentile, educato, a volte un po' inutile ma sempre di livello. Dal Paroliamo che ha formato parecchi cinquantenni di oggi, gioco pomeridiano che richiedeva persino l'utilizzo del cervello, alla conduzione plurincensata di "Scommettiamo che", in cui brave persone presentavano i loro azzardi fatti di piccole cose e il massimo della tv sguaiata era una doccia come penitenza.

Partite del cuore, Telethon, tanta beneficenza mai sbandierata, Fabrizio Frizzi ha sempre sorriso davanti alle telecamere, non ha scatenato inutili polemiche per un pugno di ascolti, è accorso quando mamma Rai gli ha chiesto di salvare un programma pronto ad affondare e si è fatto da parte quando l'aria che tirava non soffiava più in suo favore.

Persino nella vita privata non ha mai dato adito a copertine sguaiate, su quei giornali che pendono dalle urla dei personaggi televisivi. La sua lunga storia d'amore con Rita Dalla Chiesa, una signora più adulta di lui, è stata trattata in quanto tale, e la separazione e il divorzio non sono riusciti e sfociare in pettegolezzi di bassa lega. Così come la relazione con Carlotta, concorrente di Miss Italia, con cui nacque “Un amore travolgente”, un matrimonio romantico, una bambina e una storia solida al punto da non riuscire a farsi sporcare dal gossip.

Un signore, un po' goffo, che inciampava con simpatia, e con quella pronuncia inconfondibile, sembrava esattamente il vicino di casa gradevole a cui andare a chiedere in prestito il cognac per sfumare l'arrosto.

Nel giorno in cui il cordoglio straziante dell'opinione pubblica dà una vaga misura dell'affetto che il pubblico gli ha tributato in una carriera cominciata nel lontano 1980, ci piace ricordarlo con la maschera di Piero Pelù a "Tale e Quale show". Una partecipazione in cui dimostrò che la lezione elegante di Alighiero Noschese si poteva usare, digerire e regalare. E al contrario di molti, senza urlare mai.

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