I bambini che vivono al di sotto della soglia di povertà sono moltissimi, un milione e trecentomila in Italia, più di 1 su 10. Sentirete di certo generici appelli alla povertà e slogan di chi a parole afferma di volerla combattere, ma nei fatti, spesso, agisce ostacolando il lavoro delle associazioni che ogni giorno, in ogni parte del mondo e soprattutto in Italia, si adoperano perché il divario tra chi nasce e cresce in famiglie agiate e chi nasce e cresce in famiglie poverissime possa diminuire. Ci sono Ong, come Save the Children, che con i bambini fanno un lavoro titanico, e non è semplice beneficenza, ma informazione e tentativo reale di modificare il volto di interi quartieri e quindi il modo in cui i bambini possano viverli.
“Illuminiamo il futuro” è una campagna di Save the Children alla quale chiedo a chi sta leggendo di aderire. Non si tratta di dare soldi, ma di firmare una petizione sul sito www.illuminiamoilfuturo.it, per chiedere alla politica (e sperare di essere ascoltati) che i numerosissimi spazi pubblici inutilizzati, spesso lasciati nel più completo degrado, vengano restituiti ai bambini e che siano dedicati ad attività sportive, educative e culturali gratuite. Gratuite, quindi destinate a quei bambini che non possono permettersele, ma che non hanno meno diritti degli altri.
È trascorso esattamente un anno dal vile attacco alle Ong, chiamate “taxi del mare”, partito dalla pagina Facebook di Luigi Di Maio, attacco che ha contagiato redazioni di giornali e televisive e che ha anche trovato una sponda nel Procuratore di Catania del cui fascicolo conoscitivo sulle Ong colpevoli di niente si è persa traccia. Le Ong ora devono fare salti mortali non solo per essere economicamente sostenute, ma anche per proporre petizioni che chiedono soluzioni di buon senso a cui la politica è generalmente sorda. Come i migranti, anche i bambini non votano e quindi che ci siano bambini che vivono al di sotto della soglia di povertà e che non abbiano pari opportunità rispetto ad altri loro coetanei, sembra riguardare poco la politica italiana.
Sono centinaia i luoghi in tutta Italia abbandonati e Save the Children ne prende una manciata come testimoni di questa campagna: un’ex scuola elementare nella periferia di Milano, un teatro abbandonato a Torino, i parchi degradati nelle periferie di Roma e Napoli, ma anche luoghi simbolici come L’Aquila, interdetta a tutti, bambini e adulti. Ma “Illuminiamo il Futuro” non ci racconta solo la povertà materiale, la povertà di mezzi, ma propone soluzioni alla povertà che produce i danni maggiori, perché impedisce ogni possibilità di miglioramento: la povertà educativa.
Ma come, a migliaia di famiglie mancano le risorse economiche e tu pensi all’istruzione? Sì, è proprio così e vi spiego perché. Il nuovo rapporto di Save the Children “Nuotare contro corrente. Povertà educativa e resilienza in Italia” mostra chiaramente come gli adolescenti che vivono disagi economici hanno minori probabilità di superare il livello minimo di competenze in matematica e in lettura rispetto a coetanei che vivono in condizioni economiche migliori. Questo vi può sembrare un dato scontato, ma non vuol dire che lo si debba accettare senza pensare di poter agire. E la strada la indicano quei ragazzi e quelle ragazze che, invece, superando ogni giorno mille ostacoli, raggiungono ottimi livelli di apprendimento. Cos’è dunque che fa la differenza? L’aver frequentato un asilo nido, una scuola ricca di attività extracurriculari, dotata di infrastrutture adeguate o caratterizzata da relazioni positive tra insegnanti e studenti.
Le regioni d’Italia capofila per povertà educativa sono la Campania, la Sicilia, la Calabria, la Puglia e il Molise, tutte regioni del Sud. Tutte segnate da alti tassi di criminalità minorile dovuta ad alti tassi di dispersione scolastica.
Ho letto su Repubblica una dichiarazione del Presidente della Camera, Roberto Fico, che, dopo aver conosciuto la storia di Emanuele Sibillo, dice che per arginare il fenomeno delle baby gang servirebbe un Piano Marshall. A me queste dichiarazioni colpiscono perché sembrano pietre lanciate così, un po’ a caso. Potrei dire che sono parole che arrivano tardi, dopo tanto silenzio. Potrei dire che mi sembrano superficiali. Ma farò uno sforzo e starò a guardare, per vedere se alle parole, questa volta, seguiranno azioni concrete.
Camorra10.11.2011
Quel processo, la mia speranza