Da ragazzo scrisse poesie e romanzi (poco originali). Come filosofo ci ha lasciato una visione della società e dell’economia destinata a rivoluzionare il mondo. «Non possiamo capire nessun grande evento del Ventesimo secolo senza Marx», dice Andreas Arndt, uno dei massimi esperti del suo pensiero. «Ma per capire davvero Marx bisogna tornare al suo rapporto con Hegel». In questa intervista esclusiva Arndt, docente di filosofia alla Humboldt Universität di Berlino - la stessa in cui insegnò Hegel ?e studiò Marx - ci spiega il perché.
Per capire Marx dobbiamo dunque ripartire da Hegel?
«La questione è controversa: c’è la tradizione socialdemocratica che solo nel giovane Marx vedeva il discepolo di Hegel. E c’è poi Lenin che riscopre tratti hegeliani nel Marx maturo. Per me Marx, anche mentre scrive il Capitale, rielabora in modo produttivo Hegel, e si vede come colui che ha rimesso il padre dell’idealismo con i piedi per terra».
“I filosofi hanno sinora interpretato il mondo, ora si tratta ?di cambiarlo”: è questo riferimento alla Praxis la vera matrix ?o la magia di Marx?
«Il riferimento alla praxis è comune ai giovani hegeliani. ?Quel che è specifico è il suo modo non ortodosso di pensare ?la scienza, che gli consente di scrivere una “Critica dell’economia politica” innestando storia e antropologia, scienze e letteratura nel campo dell’economia. Lo sguardo ?di Marx è universale, oggi diremmo “interdisciplinare”: per questo è un autore fondamentale del Ventesimo secolo».
Sguardo interdisciplinare che gli fa scorgere, dietro all’apparenza delle merci, la dura realtà della produzione capitalistica…
«Già nei “Gründrisse” del 1857 Marx elabora una posizione da cui vede tutti gli individui nel sistema capitalistico, il lavoratore salariato come il manager dell’impresa, prigionieri di una libertà solo formale, apparente. Da qui la dimensione etica e politica in Marx, la volontà cioè di liberare non solo una classe, quanto ogni singolo individuo da rapporti economici di dipendenza o alienanti e dal feticismo compulsivo del consumismo».
Nasce filosofo e si avvicina lentamente ai classici dell’economia, anche se - secondo il biografo Gareth Stedman Jones - non capirà mai bene le tesi di Ricardo…
«Marx si avvicina all’economia non solo tramite Engels, ma già come giornalista, e poi a Parigi nelle sue analisi di Proudhon. È un tedesco, e a Londra passerà al setaccio i classici: il suo obiettivo è far saltare i limiti e le categorie della scienza economica. La sua domanda non è mai come funziona l’economia, ma cosa implicano le forme capitalistiche dei processi produttivi per il singolo e per la società. L’attualità ?di Marx sta anche in questa sua interpretazione creativa ?dei classici, Ricardo incluso».
Era convinto che la Macchina del capitalismo fosse votata al crash totale: era un fatalista, un determinista del 19° secolo?
«Mostrare come il capitalismo si avviti in nuove crisi e ricresca sulle sue contraddizioni non significa essere fatalisti, come la recente crisi finanziaria insegna. Ancora oggi la crescita illimitata è un dogma dell’economia. Ma vivere su un pianeta a risorse limitate e nutrire tali dogmi è un’illusione fantastica e pericolosa. L’illuminismo di Marx punta il dito su queste piaghe per porci davanti all’alternativa: o l’economia distrugge la Terra, o troviamo forme di produzione più compatibili con l’ambiente».
Parla di un Marx figlio dei Lumi. D’altra parte Karl Löwith, nel suo famoso libro “Meaning in History”, ha mostrato come la sua idea della storia provenga direttamente da Nicola da Cusa e Sant’Agostino. Quanto è messianico il suo pensiero?
«Non credo che il suo pensiero abbia radici escatologiche o impulsi messianici. È vero che molti marxisti, ad esempio Ernst Bloch, hanno visto nella religione potenziali utopici. Anche per Hegel quella del cristianesimo è una storia di progressiva liberazione e di eguaglianza degli uomini davanti a Dio. È da questa matrice hegeliana che nasce il pensiero di Marx, perciò per lui all’orizzonte c’è l’emancipazione dell’individuo dalle catene dell’economia, una liberazione da realizzarsi su questa Terra».
Per Benedetto Croce, invece, non ci può essere nulla di più noioso del comunismo, del Paradiso realizzato su questa Terra…
«Dopo la rivoluzione del 1918 e gli orrori compiuti in nome dei dogmi del leninismo-stalinismo, ogni idea “paradisiaca” del comunismo è bruciata per sempre. La distinzione tra il filosofo ?di Treviri e la storia del marxismo è necessaria quando parliamo di Marx. Ma, storia del 20° secolo a parte, e con buona pace di Croce, che cosa ha detto veramente Marx sul comunismo?».
Ce lo spieghi lei, professor Arndt...
«Marx è stato il primo a porsi rigorosi divieti sull’utopia e nei suoi scritti troviamo pochissime righe sul comunismo. Nei pochi accenni nel “Manifesto” e nel “Capitale” troviamo l’idea della liberazione dai rapporti capitalistici di produzione, soprattutto quella del pieno sviluppo della libertà individuale come condizione della libertà altrui. L’economia pianificata, il dogmatismo, il centralismo del partito depositario unico della verità nel “socialismo reale” sono la pietrificazione di Marx, totale negazione di ciò che indicava come orizzonte normativo ?del comunismo».
Da Putin a Trump, da Erdogan a Kim Jong-un ci ritroviamo in balia di sfrenati Supermen e, in Europa, di populisti, ultranazionalisti e razzisti. Figure che Marx ha analizzato nel suo “18 Brumaio di Luigi Bonaparte”: era migliore come storico o come filosofo?
«Come giornalista e interprete del suo tempo Marx è brillante. ?I suoi saggi storici però non sono comprensibili senza le sue tesi filosofiche e viceversa. La sua analisi della psicologia decadente ?e corrotta del Parvenu, della demagogia ai tempi di Napoleone III, la ritroviamo incarnata nel populismo di un Orbán, di Le Pen o nel neo-sultano Erdogan. Negli anni, Marx ha rivisto completamente ?il suo giudizio euforico sulla comune di Parigi e sulla dittatura del proletariato. Altra differenza notevole tra la sua visione della storia e della presa del potere e quella teorizzata e praticata da Lenin».
Filosofo ed economista, storico e profeta, poeta e bohémien: Marx è stato l’ultimo ?dei romantici?
«Ultimo dei dotti universali. Emblema di una generazione di intellettuali costretta dalla Reazione all’esilio a una vita precaria, senza mai rinunciare, al di là dei compromessi, ?a una stringente etica scientifica».