Per la sesta volta nella storia repubblicana ad occupare Palazzo Chigi si ritroverebbe un tecnico o un professore che non è stato eletto in precedenza dai cittadini. L'ultimo è stato Matteo Renzi ma nella Seconda Repubblica è successo varie volte. Nella Prima mai (se non in chiusura)

Si è detto e scritto molto sul fatto che Giuseppe Conte stia per diventare presidente del Consiglio senza nemmeno essere passato per l'elezione popolare da parlamentare semplice. Ma non sarebbe però la prima volta che succede una cosa del genere. Nella Prima Repubblica non è mai avvenuto, e probabilmente in quel periodo pieno di forti personalità politiche non era nemmeno pensabile. Solo in chiusura di quella stagione ci si affidò all'allora “tecnico” Ciampi. Ma poi, nella Seconda, sono stati diversi i momenti in cui ci si è voluti affidare a qualcuno che provenisse al di fuori delle Camere.

GOVERNO CIAMPI (1993-1994)

Ciampi giura da presidente del Consiglio nelle mani di Scalfaro. (Foto: Ansa)

Era un periodo drammatico per la vita del Paese. La mafia colpiva duramente le istituzioni, le quali reagivano e le davano la caccia altrettanto duramente. La magistratura scoperchiava un'infinità di piccole e grandi corrutele nella politica. La partecipazione al sistema di cambio con le altre monete europee, lo Sme, entrava in crisi.
Quella legislatura, la XI, aveva dunque la vita segnata. Dopo le dimissioni di Giuliano Amato, che con il suo governo dovette farsi carico di decisioni delicatissime per la vita economica del Paese, l'allora Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro diede l'incarico a Carlo Azeglio Ciampi, che da poco aveva lasciato la presidenza della Banca d'Italia. Ma che mai era entrato in maniera diretta nell'agone politico.

Il suo governo si caratterizzò, dal punto di vista della politica economica, per l'inizio della privatizzazione delle imprese pubbliche (con Romano Prodi commissario speciale) e per la concertazione con i sindacati di misure volte a contenere l'inflazione; sul versante della Giustizia, per il famoso decreto Conso che revocò le misure di detenzione speciali a diversi mafiosi previste nell'art. 41 bis del codice penale. E quando nacque vide quasi subito le dimissioni dei propri ministri iscritti al Pds e ai Verdi (tra cui un giovane Francesco Rutelli) perché a Bettino Craxi era stata negata l'autorizzazione a procedere.

Quando Ciampi si dimise furono convocate elezioni anticipate, che segnarono l' inizio dell'epoca di Silvio Berlusconi in politica.

GOVERNO DINI (1995-1996)
Lamberto Dini applaude dopo l'approvazione della riforma previdenziale, nel 1995. (Foto: Ansa)

Pur avendo ottenuto straordinari successi con le sue imprese, per Berlusconi l'attività politica non cominciò in maniera altrettanto entusiasmante. Dopo pochi mesi dalla vittoria alle elezioni, i contrasti politici con gli alleati della Lega Nord lo spinsero alle dimissioni.

Scalfaro decise nuovamente di chiamare una personalità esterna al Parlamento per gestire la crisi e le nuove elezioni: Lamberto Dini. Già dirigente della Banca d'Italia, Berlusconi lo aveva scelto come ministro del Tesoro. Al Presidente Scalfaro sembrò opportuno selezionare il nuovo capo di governo direttamente da quello dimissionario. Si scelse di formare un nuovo esecutivo con sole personalità “tecniche”, non elette in Parlamento, fra cui Susanna Agnelli, sorella, tra gli altri, di Giovanni, che diventò ministro degli Esteri.

Il governo Dini è passato alla storia soprattutto per aver riformato il sistema pensionistico con il metodo contributivo. Per Berlusconi è stato invece in primo luogo il governo del “ribaltone”, perché fu appoggiato proprio dagli ex-amici della Lega Nord.

Dopo le sue dimissioni, di nuovo elezioni. E l'emergere di un'altra figura fondamentale per la cosiddetta Seconda Repubblica, ma già presente in vari modi nella Prima: Romano Prodi.

GOVERNO AMATO II (2000-2001)
L'incontro in cui Ciampi conferirà l'incarico ad Amato. (Foto: Ansa)

Prodi e D'Alema, protagonisti della nuova fase politica, formeranno dei governi ma saranno costretti a dimettersi dalla presidenza del Consiglio per instabilità delle rispettive maggioranze. Di nuovo, la necessità di formare un governo di emergenza per gestire la fase pre-elettorale.

Il Presidente della Repubblica è ora proprio Carlo Azeglio Ciampi. Per il nuovo incarico sceglie Giuliano Amato, già ministro del Tesoro con D'Alema premier e già, come abbiamo visto, presidente del Consiglio. Ma non parlamentare, in quella fase politica, nonostante vantasse già 3 legislature da deputato nel suo curriculum.

Dopo le sue dimissioni da premier, il trionfale ritorno di Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi, a seguito della nuova vittoria nelle urne.

GOVERNO MONTI (2011-2013)
Mario Monti entra in Parlamento dopo la nomina a senatore a vita. (Foto: Ansa)

Stagione politica completamente diversa. Berlusconi era tornato premier per la terza volta e governava già da tre anni, ed il Paese era incappato in una delle sue più gravi crisi economiche di sempre. Lo spread, il differenziale tra i tassi di interesse dei nostri titoli di Stato con quelli tedeschi, era alle stelle. La sua maggioranza traballava, dopo anni di ripetute crisi politiche e personali.

L'allora Cavaliere subì dunque molte pressioni per dimettersi e lasciare ad altri il compito di risanare le finanze pubbliche, che in quel momento appariva drammaticamente urgente. Il Presidente Napolitano nominò Mario Monti senatore a vita e poi presidente del Consiglio. Tecnicamente, dunque, diventò premier da parlamentare, ma comunque non era stato eletto per rappresentare il popolo italiano.

Il resto della storia è recente e ben nota. Anni di politiche di austerità fortemente criticate per gli effetti recessivi sull'economia italiana. Al termine del mandato di Monti, le elezioni segnarono un cambiamento epocale nella politica italiana: l'insorgenza del Movimento 5 Stelle guidato dal comico Beppe Grillo.

GOVERNO RENZI (2014-2016)
Renzi durante la conferenza stampa in cui comunica di aver accettato l'incarico. (Foto: Ansa)

La XVII legislatura ebbe un inizio piuttosto rocambolesco, con la nascita del governo Letta appoggiato da Pd e Forza Italia e poi solo dai democratici e dai fuoriusciti dal partito di Berlusconi.

Le primarie del Pd fecero emergere la nuova leadership di Matteo Renzi, che non si era candidato alle elezioni in quanto ancora sindaco di Firenze. Una volta segretario del partito, Renzi non resistette al richiamo di Palazzo Chigi e chiese ai suoi di lasciarlo diventare premier al posto di Enrico Letta, che non poté fare altro che rassegnare le dimissioni.

Ne seguì una stagione piena di riforme, spesso contestate ed anche platealmente respinte, come nel caso della riforma costituzionale promossa dallo stesso Renzi e da Maria Elena Boschi.