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Attualità
luglio, 2018

Che avventura crescere una figlia femmina

Una mamma in viaggio con le sue due ragazzine di 9 e di sei anni, senza il papà. Che diventa un gioco di relazioni ed esperienze in cui ci si insegna reciprocamente a vivere. Il debutto letterario di Annalisa Monfreda, tra risate e pedagogia

 «Ehi, socia». È così che la Novenne si rivolge alla Seienne. E sentendo le due sorelline chiamarsi così, la loro giovane madre riflette: «In quei primi anni la sorella è la socia che rende possibile ogni impresa. La sorellanza è la consapevolezza che ciò che da soli sembra insormontabile, in due pian piano si affronta, si aggira, si supera».

La Novenne e la Seienne sono due delle protagoniste del primo libro di Annalisa Monfreda, co-protagonista e autrice di un'opera di non semplice definizione, sfuggente ai generi e anche per questo interessante: "Come se tu non fossi femmina. Appunti per crescere una figlia" (Mondadori, 2018, pp. 163, € 16)

Romanzo di formazione famigliare, manuale pratico di psicopedagogia, racconto di viaggio, riflessione sulla condizione genitoriale oggi, autobiografia di una "ragazza alpha" realizzata professionalmente (e viene in mente il libro scritto 10 anni fa da Valeria Palumbo: «L'ora delle ragazze alpha»).
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In questo melting pot  l'autrice metabolizza creativamente le proprie radici in una comunità famigliare matriarcale del Sud composta da «femministe inconsapevoli» senza fare un santino del femminismo, e giocando con riferimenti che vanno dai testi di psicologia a quelli di poesia.

L'escamotage narrativo è un viaggio in Croazia intrapreso da Monfreda con la Novenne e la Seienne per la prima volta senza il marito/padre, costretto a rimanere in Italia per lavoro. Nel procedere del viaggio si sviluppa un gioco di relazioni e di esperienze che porta l'autrice a trarre una serie di "lezioni" (per le figlie, ma anche imparate dalle figlie) e di osservazioni che il lettore può raccogliere come sassetti bianchi che segnano un sentiero.

Osservazioni come questa: «Sapersi divertire è una competenza che noi donne tendiamo a perdere quando diventiamo madri. Ma per fortuna abbiamo a disposizione dei professionisti per riacquisirla, i nostri figli». Oppure questa, sulla divisione dei compiti fra uomo e donna: «Un carico equamente condiviso non è quando raggiungi il 50 e 50 ma quando non provi risentimento».

Il viaggio in Croazia è spazio di libera espressione di sè ma diventa anche luogo di riflessione sui rischi che le figlie correranno, una volta grandi, nelle relazioni con i maschi adulti. Il tema, inevitabile, della violenza di genere. «Cosa può fare una mamma per mettere al sicuro una figlia?» si chiede Monfreda (e con lei qualsiasi genitore).

La risposta - il suo messaggio di madre alle figlie - è un verso della poetessa indiana Rupi Kaur: «Il modo in cui ti ami è il modo in cui insegni ad altri ad amarti».

È questa, secondo Monfreda, «la più importante verità sull'amore. Non c'è una formula matematica che possa proteggerci da una relazione violenta. Ma c'è un lavoro preliminare che possiamo fare su noi stesse. Possiamo imparare a volerci così bene, da trasmettere agli altri la convinzione che non accetteremo un grammo di meno di amore da parte loro».

A Zara, in Croazia, le tre protagoniste si imbattono in una originale opera d'arte: l'organo marino realizzato nel 2005 dall'architetto Nikola Baši?. Si tratta di una scala digradante nel mare e contenente 35 differenti canne d'organo: il moto delle onde e delle maree insuffla nelle canne quella che si può ben definire "la musica del mare", per la gioia dei passanti sulla banchina di Zara. E forse l'organo marino può darci ispirazione per uno dei compiti più importanti di un genitore: farsi strumento per la musica che attraverso di lui/lei i figli desiderano far risuonare nel mondo.




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