A Pontida il ministro della mala vita Matteo Salvini ha tenuto il suo comizio. Tutto prevedibile, una messa in scena piena di slogan, toni totalitari e pecorecci in pieno stile leghista.
Alcuni elementi nuovi però ci sono stati.
1) La presenza di una fetta di leghisti del Sud che sembrano aver dimenticato come nelle argomentazioni leghiste ciò che oggi è riservato ai migranti un tempo fosse riservato ai meridionali. Eppure, ricordarlo sarebbe un’operazione così facile: chi erano gli invasori del Nord per i leghisti? I meridionali. Chi portava la criminalità in lande di lavoro e impegno? I meridionali. Chi rubava il lavoro ai settentrionali? I meridionali.
2) La seconda novità riguarda Salvini che prova ad assumere i toni dell’antimafia. Si sente adulto, è arrivato al Viminale, sente che una parte della sua propaganda può sfruttare la grammatica della lotta alle mafie. Per farlo cita i morti, anzi i martiri. Citare i giudici Livatino, Falcone e Borsellino è cosa facile. Non possono dissociarsi, non possono più argomentare. Dovrebbe essere la società civile a impedire che questi nomi vengano sporcati, citati in un contesto assolutamente in contraddizione con la loro vita, con il loro impegno. Il meccanismo del militante leghista medio è il solito: «Loro sì sono eroi, non certo quelli come voi che…». Per arrivare a trasmettere il messaggio: «Solo i morti hanno combattuto davvero la mafia, voi vivi siete solo dei cialtroni». Il meccanismo è facile: da un lato mostrano di rispettare i martiri (che subiscono questa indebita appartenenza) e dall’altro sputano su chi riconosce da sempre una continua interlocuzione tra Lega e potere mafioso al Nord. Non serve ricordare che uno dei più importanti summit di ’ndrangheta degli ultimi anni è avvenuto in Lombardia, al Circolo Falcone e Borsellino di Paderno Dugnano (Mi), nel 2009. Usare i simboli dell’antimafia è una strategia impiegata persino dalle mafie.
Ma un ministro della Repubblica deve andare oltre la mera citazione: ci dica con proposte e fatti come intende combattere i clan. Salvini non sa nemmeno da dove iniziare per contrastare il capitalismo mafioso, non conosce il fenomeno, ne ha una visione superficiale. E anzi, persevera con un comportamento in assoluto in conflitto con i modelli che ha citato a Pontida: non restituisce i quasi 50 milioni di euro truffati dalla Lega allo Stato italiano con falsi rimborsi elettorali, e continua a non fornire risposte serie e plausibili in merito.
Ma il vero bersaglio del comizio di Pontida sono stati ancora una volta i migranti e le Ong. Le stragi nel Mediterraneo ormai non generano nessuna indignazione, nessun clamore, nessun tipo di risposta sociale. Ci stiamo abituando a questa ecatombe. Tutto questo è considerato fisiologico. Nel naufragio di pochi giorni fa al largo della Libia, tra i cento annegati c’erano anche tre neonati, eppure non solo sulla notizia è calata una cappa di silenzio, ma c’è chi commentandola è arrivato a dire che si trattava di un’invenzione, che i migranti erano figuranti e i cadaveri dei neonati semplici bambolotti. Tralasciando i commenti idioti, la cosa a cui dovremmo pensare è che quelle persone sarebbero ancora vive se fosse stato permesso all’Ong Open Arms, che aveva ricevuto il sos da un aereo militare, di intervenire; ma le autorità italiane non hanno autorizzato il soccorso, sostenendo che fosse di competenza della Guardia costiera libica.
Da pochi giorni alla Libia è stata riconosciuta una propria area Sar (area di ricerca e soccorso), controllata da un centro di comando a Tripoli. Questo comporta una deresponsabilizzazione completa dell’Italia e dell’Europa. È solo un modo furbo di addossare ad altri la responsabilità delle morti in mare. In poche parole, gli annegati non sono più un problema nostro, non è sangue che ci riguarda. Il nostro governo sta spingendo in questa direzione, affinché siano solo i libici a gestire la questione migranti. Delegare alla Libia, Paese che non ha ratificato la Convenzione di Ginevra, è una follia. Il ministro Salvini e il ministro Toninelli, criminalizzando le Ong, stanno determinando una situazione in cui i migranti hanno solo due possibilità: annegare in mare o tornare nei campi di concentramento libici.
Di questo devono rispondere. Di questo gli faremo rispondere con ogni mezzo che la democrazia ci concede.