Oggi Savane è maestro di sartoria, Ariam si definisce una “guerriera” ed è mediatrice culturale, Tessy lavora in una pizzeria di Matera, Joy in una tavola calda, mentre Tresor è stimato piastrellista.
Tanti volti, tante storie quelle della Silent Academy, progetto co-prodotto dalla cooperativa sociale Il Sicomoro, che porta al centro di Matera 2019 il talento dei migranti, ridando voce alle competenze silenziate di chi scappa da guerra e fame. Abilità ignorate da sistemi di accoglienza standardizzati che spesso azzerano le storie professionali e accademiche maturate nei paesi di origine. Un nuovo modello di accoglienza che nella città lucana sarà raccontato nei prossimi 12 mesi nel corso di una serie di iniziative nell’ambito della manifestazione, dietro la direzione artistica di Renato Quaglia.
In un Paese che oggi lascia poco spazio a questo tipo di narrazione, tanto per cominciare Savane curerà una parte degli abiti della grande sfilata del 19 gennaio prossimo, il giorno dell’inaugurazione di Matera Città della Cultura: sviluppando un’intuizione dell’artista piemontese BR1, gli abiti saranno rigorosamente - questa è un’anticipazione - nel segno dell’“emergency blanket”, le coperte termiche dorate con cui vengono avvolti i migranti al loro arrivo dopo le lunghe traversate. Una macchia luminosa che come un lampo attraverserà la marea umana, un’immagine potente che non avrà bisogno di parole o didascalie. Per proseguire, il mattino dopo, alle 10 presso il complesso della Cattedrale materana, sarà presentato il programma della Silent Academy e i protagonisti si racconteranno nel corso di un appuntamento ricco di performance e interventi, che darà una chiave di lettura del tutto inedita alla manifestazione.

Oggi, passeggiando per il centro della Matera imbiancata, è facile imbattersi nel laboratorio di sartoria della Silent. Lì c’è Savane e gli altri maestri migranti; oltre a loro alcuni ospiti del "Brancaccio", la residenza per anziani gestita dal Sicomoro. Nuovi e vecchi abitanti, uniti nel segno della comunità.
Tra questi c’è Carlo, sguardo vispo e 87 anni scoccati, ci parla della “sua” antica città dei Sassi: “Qui non c’era niente, si viveva come Dio voleva. Grandi famiglie in case di due stanze umide; con noi, gli animali di casa: galline, i maiali, i ciuchi…”. Sessant’anni fa, quando Carlo fu costretto ad abbandonare i Sassi insieme ad altri 15mila contadini, non avrebbe mai immaginato che Matera sarebbe diventata - anni dopo - la Capitale europea della Cultura.
Contrasto tra lo ieri e l’oggi, il materano e il migrante, l’Europa e noi… si svela di fronte ai nostri occhi la storia di un grande riscatto. Una Storia con la S maiuscola di una città che deve saper cogliere l’opportunità: per dodici mesi il suo messaggio, in tutta la sua bellezza, potrà volare al di là dei Sassi. Per un anno, al centro di un Continente. Nel segno dell’integrazione, quella vera.