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La rapidissima ascesa del professore, come ama farsi chiamare, è partita proprio dalla città dell’acciaieria, dove il suo nome è ancora al centro di una rag natela di affari e di rapporti. Arruolato dai Cinque stelle poche settimane prima delle elezioni, Turco è sbarcato in Senato grazie al trionfo grillino a Taranto e ben presto il futuro sottosegretario si è conquistato quella fama da secchione appassionato di bilanci che ha messo le ali alla sua carriera. Tre mesi fa, infatti, durante la faticosa trattativa per la formazione del nuovo esecutivo, Conte era alla ricerca di un esperto di numeri e di finanza, un tecnico in grado di affrontare i dossier più delicati di politica economica. Ecco Turco, quindi, che agli occhi del premier incaricato aveva anche la non secondaria qualità di essere difficilmente incasellabile in una delle numerose fazioni in cui si divide la truppa dei parlamentari pentastellati. In altre parole, il senatore tarantino sembrava il candidato ideale per un incarico a diretto riporto del presidente del Consiglio, un collaboratore da cui era lecito attendersi dedizione assoluta. La sua figura ricorda quella dello stesso Conte. Un tecnico estraneo alla politica, ma di provata competenza in campo giuridico ed economico, che passati i cinquant’anni risponde alla chiamata dei Cinque stelle e si trova all’improvviso proiettato al governo.
Di certo a Palazzo Chigi non si era mai visto, neppure ai tempi del leghista bocconiano Giancarlo Giorgetti, un sottosegretario con un mandato così ampio in materia di investimenti pubblici, di programmazione e sviluppo della politica economica. Secondo quanto recita il decreto di nomina, spetta per esempio a Turco il coordinamento di “specifiche iniziative volte a fronteggiare situazioni straordinarie di crisi in ambiti territoriali locali”, un ruolo che gli attribuisce anche la facoltà di partecipare a tutti i tavoli istituzionali dove si discutono gli interventi nelle aree del Paese in difficoltà. In cima alla lista delle emergenze c’è l’Ilva. E allora non sembra un caso che Conte abbia affidato una delega specifica per seguire la complessa vicenda proprio a Turco, nato e cresciuto a Taranto. «È un incentivo alla paralisi economica», ha tagliato corto di recente il sottosegretario parlando del polo siderurgico.
Pollice verso anche sulla multinazionale Arcelor-Mittal, che avrebbe a suo tempo comprato lo stabilimento pugliese solo per evitare che «venisse rilevato dai suoi concorrenti». Una posizione tranchant che si fa più sfumata quando dalle dichiarazioni di principio si passa ai programmi concreti.
Del resto, l’anno scorso, i Cinque stelle hanno fatto man bassa di voti proprio predicando la chiusura degli impianti. E, appena eletto, anche Turco chiedeva «un nuovo contratto di programma che puntasse alla riconversione economica dell’area di Taranto». Adesso che il senatore pugliese è approdato al governo, le promesse del recente passato hanno fin qui partorito niente più che un elenco di obiettivi proiettati in un futuro indefinito. Un piano gradualista che finisce per scontentare tutti: gli ambientalisti che pretendono lo stop immediato all’impianto e anche i sindacati preoccupati per la sorte di migliaia di posti di lavoro. Turco si barcamena. Da mesi ormai fa la spola tra Roma e Taranto per gettare acqua sul fuoco delle polemiche e illustrare ai suoi concittadini nuovi futuribili scenari di sviluppo a base di «infrastrutture, cantieristica navale, una piattaforma logistica dell’agroalimentare».
Il sottosegretario gioca in casa e sa bene come muoversi. Nel suo passato non ci sono meet up grillini, nessuna partecipazione militante alle storiche battaglie dei Cinque Stelle. In compenso, quando Luigi Di Maio diede via libera alla sua candidatura, l’aspirante senatore, forte di un brillante curriculum accademico, era già ben inserito negli ambienti che contano della sua città. Di lunga data, per esempio sono i rapporti con Luigi Sportelli, imprenditore collezionista di poltrone che è approdato al vertice della Camera di commercio locale dopo avere a lungo presieduto Confindustria Taranto.
Non pare un caso, allora, che Turco sia stato chiamato nel collegio sindacale di alcune società in qualche modo riconducibili a Sportelli. L’elenco comprende la Oda, holding di famiglia dell’imprenditore, e la controllata Sincron, attiva nella produzione di software, ma ci sono anche aziende a capitale pubblico come Agrimed e Distripark, entrambe partecipate dalla Camera di commercio. Il neo senatore grillino non ha rinunciato a questi incarichi neppure dopo l’elezione in Parlamento. Così, una volta al governo, si è trovato a promuovere interventi che coinvolgevano enti in cui era personalmente coinvolto. È il caso delle già citate Agrimed e Distripark, che nei piani del governo avrebbero dovuto dare impulso a nuove attività destinate in prospettiva ad attutire le ricadute negative sulla città di un eventuale ridimensionamento dell’Ilva. In realtà, entrambe sono rimaste inattive, ma con amministratori e sindaci per anni regolarmente retribuiti.
Agrimed aveva come mission la gestione di progetti di sviluppo in campo agricolo. Distripark invece era nata ormai una ventina di anni fa per gestire un centro logistico collegato al porto. I fondi pubblici destinati a finanziare l’iniziativa, circa 12 milioni, sono però bloccati per motivi burocratici. Proprio Turco, in veste di rappresentante del governo, ha annunciato che le due società verranno quanto prima dotate delle risorse necessarie per mettersi finalmente in moto. Nel frattempo, il 28 ottobre, lo stesso Turco ha lasciato il collegio sindacale di Agrimed, mentre compare ancora nell’organo di controllo contabile di Distripark. Una banale dimenticanza? Può darsi.
«Mi sono dimesso da tutti gli incarichi professionali appena nominato sottosegretario», ha dichiarato Turco a L’Espresso. Di certo la vicenda delle due società a capitale pubblico conferma che a marzo dell’anno scorso il futuro senatore grillino, a dispetto del rinnovamento predicato dai Cinque Stelle, era un professionista già ben introdotto nelle stanze del potere locale. Ottime anche le sue entrature a palazzo di giustizia, dove la cognata di Turco è giudice civile. Il fratello Angelo invece è notaio. In qualità di commercialista, il sottosegretario ha ricevuto numerosi incarichi di curatore fallimentare. Fa capo a lui anche una partecipazione del 22 per cento nella società di famiglia Terus, che a Taranto gestisce l’agenzia di assicurazioni della compagnia francese Axa. I genitori del senatore, confermano i documenti catastali, possiedono un ingente patrimonio immobiliare: almeno una decina di appartamenti in palazzi del centro di Taranto, a cui va aggiunta una villa al mare nella stessa località balneare a pochi chilometri dalla città dove anche i due figli Mario e Angelo possiedono una casa.
Sul piano professionale l’ascesa di Turco è passata anche attraverso l’esperienza di docente all’università del Salento, ramo finanza aziendale, con la qualifica di professore aggregato, cioè un ricercatore al quale vengono affidati anche compiti di insegnamento. Quello del senatore tarantino è quindi un incarico a tempo, che non presuppone la partecipazione a un concorso nazionale, come per i professori associati e per quelli ordinari. Nella banca dati del ministero dell’Istruzione, al nome del sottosegretario corrisponde la qualifica di ricercatore. Una questione di titoli, certo, ma anche di sostanza. Dal marzo dell’anno scorso infatti, da quando è diventato un politico a tempo pieno, Turco non può più essere considerato professore aggregato, al contrario di quanto si legge nel suo curriculum pubblicato in rete sul sito del governo.