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Casa Renzi, le nuove carte di Bankitalia: «Il prestito restituito grazie a Lucio Presta»

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Il leader di Italia Viva ha detto che i 700 mila euro furono restituiti appena «perfezionata la vendita della vecchia villa». Ma le date non tornano. L’antiriciclaggio ha analizzato i bonifici tra il senatore e l'agente delle star. Per Renzi mezzo milione per il documentario su Firenze. Ma Discovery lo ha comprato per meno di 20 mila euro. L'impresario televisivo: «Troppi soldi a Matteo? Se lo volevo, dovevo trattare»

Matteo Renzi ha detto che il prestito da 700 mila euro necessario all’acquisto della sua nuova villa a Firenze l’ha rimborsato appena «perfezionata» la vendita della vecchia casa di Pontassieve. Un’affermazione fasulla, visto che la casa - si scopre ora - è stata venduta solo nel maggio del 2019. Il senatore di Italia Viva - come dimostra una nuova informativa della Uif - è riuscito a pagare il suo debito grazie a circa mezzo milione di euro giratogli da Lucio Presta. L’agente delle star ha dato a Renzi il mega compenso per il documentario “Firenze secondo me” (di cui il politico era autore e conduttore) tra settembre e novembre 2018. Una somma completamente fuori mercato: l’Espresso ha scoperto che Discovery Italia, l’unica emittente che ha mandato in onda il programma, ha infatti versato a Presta per la messa in onda del documentario meno di 20 mila euro. Come mai la Arcobaleno Tre ha dato all’ex premier un compenso così alto?

Partiamo dalla fine. Dopo la pubblicazione dell’inchiesta del nostro settimanale che ha svelato come l’ex democrat abbia comprato una villa da 1,3 milioni di euro grazie al prestito arrivato da una società del finanziatore della Fondazione Open Riccardo Maestrelli, Renzi prima ha spiegato che nell’operazione finita nel mirino dell’antiriciclaggio di Bankitalia «non c’è nulla di illegale». Poi è entrato nel merito. Ha negato conflitti d’interessi o deficit di etica politica, senza però chiarire come mai il prestito a tasso zero sia stato “schermato” dalla Pida (società di Maestrelli, nel 2015 piazzato in Cassa Depositi e Prestiti Immobiliare) attraverso il conto dell’anziana madre Anna Picchioni. E ha infine dichiarato di aver restituito la somma in soli pochi mesi. Ma come ha fatto, dal momento che lui stesso aveva mostrato in tv, prima di comprare casa nel giugno 2018, un conto corrente di appena 15 mila euro?

La prima versione di Renzi è arrivata, a chi vi scrive, il 27 novembre. Se inizialmente Renzi aveva rifiutato di rispondere alle nostre domande, dopo la pubblicazione online dell’articolo ci ha detto che il prestito era stato restituito nel tempo necessario «a ricevere i soldi delle conferenze». Lo stesso giorno, durante una conferenza stampa, aveva dichiarato di aver guadagnato nel 2018 ben 830 mila euro grazie alle sue attività extraparlamentari.

Il giorno dopo, in un post su Facebook, Renzi ha aggiunto una spiegazione supplementare: il bonifico proveniente dalla Picchioni sarebbe stato di fatto un prestito ponte, rimborsato appena «perfezionata» la vendita della «vecchia casa di Pontassieve, ceduta per 830 mila euro». Una versione dei fatti ribadita anche a Raidue, e successivamente negli studi di Massimo Giletti e di Corrado Formigli.

Incrociando le carte del catasto, e analizzando nuovi documenti inediti dell’antiriciclaggio di Bankitalia, si scopre, però, che Renzi è riuscito a restituire il prestito alla madre di Maestrelli il 6 novembre 2018 non con i soldi provenienti dalla vendita della vecchia villa (venduta infatti molti mesi dopo, a maggio del 2019; lo stesso contratto preliminare è di fine dicembre 2018). E nemmeno con le sole retribuzioni delle conferenze in giro per il mondo, visto che da giugno a novembre dell’anno scorso l’ex premier ha incassato dai suoi speech “solo” 175 mila euro, che coprivano appena un quarto del valore del prestito di Maestrelli.

I soldi necessari a restituire il prestito usato per l’acquisto della villa sono in realtà arrivati da 15 fatture pagate a Renzi da Lucio Presta. L’agente delle star ha prodotto il documentario “Firenze secondo me”, di cui il politico era autore e conduttore. Così, tra settembre e il 2 novembre 2018, la sua società Arcobaleno Tre ha girato a Renzi quasi mezzo milione di euro. Pari ai tre quarti del valore del debito contratto dall’ex presidente del Consiglio: il 6 novembre, quattro giorni dopo l’arrivo del secondo bonifico da Presta, il leader ha bonificato 700 mila euro in favore della vedova Picchioni, a titolo di «restituzione prestito».

CON PRESTA SI CHIUDE IL PRESTITO
Senza Presta, dunque, Renzi non avrebbe potuto restituire i 700 mila euro alla madre dell’imprenditore Maestrelli. Almeno, non in tempi così rapidi. Se era noto, come hanno scritto la Repubblica e la Verità, che l’agente aveva girato a Renzi un cachet da 454 mila euro per le quattro puntate del documentario andate in onda un anno fa su Discovery Channel, L’Espresso ha scoperto che il compenso per i diritti d’autore è stato versato sul conto di Renzi con due bonifici. E che il primo, partito dalla Arcobaleno Tre il 17 settembre 2018 per un valore di 235 mila euro, è stato pagato da Presta prima ancora che qualche emittente facesse un contratto. Come ha detto l’ex ad Marinella Soldi, «la decisione di trasmettere il documentario e la relativa negoziazione dei diritti sono avvenute successivamente alla mia uscita dal gruppo Discovery, divenuta effettiva il 1 ottobre 2018».
Non solo: Discovery Italia - la media company che ha comprato la messa in onda del documentario che ha fatto meno del 2 per cento di share - ha dato alla società Arcobaleno di Presta e di suo figlio Niccolò meno di 20 mila euro complessive per i diritti del programma. Come mai l’agente ha concesso al senatore un cachet così alto, 25 volte maggiore della fee sborsata da Discovery? I diritti sono stati venduti altre emittenti nazionali o internazionali che finora non l’hanno ancora messa in onda?

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«Renzi è stato pagato con la ritenuta d’acconto», ci spiega Presta al telefono, «non posso rivelare la cifra avuta da Discovery. Posso dirle che anche se non ho venduto ancora i diritti ad altre emittenti, farò un Dvd e un libro. Insomma, ho i diritti per tutta la vita! Firenze non ha una data di scadenza». All’Espresso che domanda se Mediaset abbia comprato il documentario senza averlo ancora mandato in onda, Presta risponde: «No... con loro abbiamo solo trattato». Il Corriere della Sera il 16 ottobre del 2018, raccontando la presentazione del documentario fatto a Cannes, annunciò che l’Arcobaleno Tre aveva chiuso un accordo con Mediaset di Silvio Berlusconi «dopo una lunga trattativa», e che il docu-film sarebbe stato «trasmesso in prima serata: una scommessa per il Biscione, che a fronte di un importante investimento si aspetta un relativo buon ritorno pubblicitario». Articolo mai smentito: solo a novembre i quotidiani, tra cui Il Giornale della famiglia Berlusconi, annunciarono che Mediaset s’era sfilata per le esose richieste di Presta, e che Renzi sarebbe andato in onda su Discovery.

Il generoso compenso pagato da Presta al nuovo talento della sua scuderia sembra comunque del tutto fuori mercato per un documentario prodotto in Italia. Non solo perché Discovery Italia valuta i diritti d’immagine di “Firenze secondo me” meno di 20 mila euro. Ma anche facendo confronti con prodotti simili, il cachet offerto da Presta a Renzi appare abnorme rispetto alle prestazioni fatturate. Alberto Angela nel 2018, dopo decenni di carriera in Rai, ha guadagnato dal servizio pubblico 950 mila euro complessivi. Non per un unico documentario, ma per 15 trasmissioni tra “Ulisse”, “Le Meraviglie” e “Stanotte a Pompei”, a cui vanno aggiunte una decina di repliche: se Renzi ha preso 110 mila euro a puntata, il conduttore e autore più autorevole e famoso d’Italia appena 38 mila. Con la differenza che Angela garantisce share superiori al 20 per cento e picchi di 6 milioni di persone, Renzi (documentarista senza curriculum) vanta finora numeri risibili.

«Presta», dicono i renziani contattati dall’Espresso, «ha puntato sulla grande fama politica di Matteo. Non fate confronti scorretti. Poi lui del documentario è anche ideatore, conduttore e narratore: perciò il cachet sembra alto». Cifra congrua anche secondo l’agente: «Quando hai la prima volta di una persona che fa qualcosa, la cifra si decide e si concorda in una trattativa». Walter Veltroni, ex segretario del Pd come Renzi e tra i politici italiani più in vista, non è probabilmente un bravo negoziatore come Matteo. Anche lui è autore, ideatore e regista dei suoi documentari, ma prende assai meno del collega: per “Quando c’era Berlinguer”, prodotto dalla Palomar e Sky, per esempio ha guadagnato poco più di 20 mila euro lordi. E l’intero prodotto, tra troupe, tecnici, riprese, montaggio e post produzione è costato in totale circa 200 mila euro. A differenza di “Firenze secondo me”, è stato pure un successo: il documentario di Veltroni nel 2014 incassò, solo al cinema, quasi 700 mila euro.
«Veltroni ha preso il giusto, Renzi una cifra folle», sostengono gli addetti ai lavori. D’altronde grandi star come Toni Servillo, i premi Oscar Jeremy Irons o Helen Mirren hanno preso tra i 30 e i 50 mila euro complessivi, per fare i narratori e i conduttori di documentari di successo sui grandi musei (Ermitage, il Prado) o su Anna Frank, tutti venduti in mezzo mondo e coprodotti da Sky. Dieci volte più bassi, dunque, di quello ottenuto dal fortunato senatore di Rignano sull’Arno.

DA MEDIASET ALL’AGENTE
Ma da dove viene la provvista che ha permesso a Presta di pagare i bonifici a Renzi? Certamente, non da Discovery Italia. Sono altre media company a rimpinguare i conti del procuratore. Lo scopriamo leggendo un’altra segnalazione sospetta. Gli ispettori della Uif di Bankitalia prima lavorano sulla «provvista necessaria ai coniugi Renzi-Landini» (cognome della moglie Agnese, ndr) per la restituzione del prestito da 700 mila euro alla signora Picchioni. Poi, dopo aver elencato i bonifici provenienti dalle conferenze su cui torneremo più avanti, si concentrano sui pagamenti di Presta. «Tenuto conto che la gran parte della provvista in entrata (sul conto di Renzi, ndr) deriva da bonifici disposti dalla Arcobaleno Tre (453 mila euro su complessivi 640 mila euro) si è acquisita copia della movimentazione del conto corrente intrattenuto da tale azienda».

Ebbene, le analisi finanziarie sul conto corrente della Banca Monte dei Paschi di Siena intestati alla srl di Presta e del figlio evidenziano che «i fondi necessari ai predetti bonifici in favore di Matteo Renzi erano già presenti sul rapporto della Arcobaleno Tre». Nel corso del 2018 erano arrivati alla srl bonifici di natura commerciale per 13,2 milioni di euro. Soldi provenienti da Rai e Endemol (che girano all’agenzia di Presta rispettivamente 825 mila e 805 mila euro), e soprattutto da Reti Televisive Italiane. Una società di Mediaset che l’anno scorso ha girato al procuratore bonifici per la bellezza di 9,2 milioni di euro.

Presta con l’azienda di Silvio Berlusconi ha un rapporto professionale costante. Soprattutto perché cura gli interessi di una dei conduttori più ricchi della tv del Biscione, Paolo Bonolis. Anche grazie a Mediaset, il procuratore vive un momento d’oro: l’ultimo bilancio segnala una crescita dell’utile netto del 100 per cento rispetto all’anno precedente. Visti i rapporti economici, non è un caso che l’agente di Renzi abbia trattato per mesi la vendita del documentario proprio con la società di Berlusconi, che dai tempi del Nazareno con Renzi ha sempre avuto un rapporto dialettico.

TRA RAI E LEOPOLDA
«Tra privati cittadini ognuno fa quello che vuole. E Presta può dare a Renzi conduttore quanto preferisce», dicono gli amici dell’ex presidente del Consiglio. Sul piano formale, però, qualcuno potrebbe storcere il naso. Il rischio di conflitti d’interesse è infatti dietro l’angolo. Presta, infatti, non è solo il regista dell’ultima Leopolda: è pure l’uomo che ha portato il suo assistito Bonolis alla kermesse fiorentina del 2018. «Nel 2019 ho fatto l’allestimento della Leopolda, ho chiamato io le aziende che si sono occupate dell’audio-video e compagnia bella», spiega Presta. «Ho avuto massimo 15 mila euro, con cui ho pagato i miei fornitori abituali».

L’imprenditore nel maggio 2015 ha pure ottenuto dalla Rai, la televisione di Stato, l’organizzazione dell’evento inaugurale dell’Expo di Milano. L’appalto fu assegnato dai manager capitanati da Luigi Gubitosi nonostante fosse stata precedentemente «creata una struttura Rai - protestò al tempo un’associazione dei dipendenti di Piazza Mazzini - apposta per affrontare gli impegni legati alla manifestazione. Cui prodest?».

Ancora oggi Presta lavora benissimo con la tv pubblica, di cui Pd, M5S e Italia Viva stanno decidendo proprio negli ultimi giorni nomine e poltrone: Amadeus, di cui Presta è agente, sarà il presentatore del prossimo Sanremo, a cui parteciperà anche Roberto Benigni, di cui il promoter cura da sempre i contratti. Mentre nel suo portfolio ci sono altre stelle della Rai, come la moglie dell’agente Paola Perego, Lorella Cuccarini ed Eleonora Daniele.

Non solo: l’agente che nel 2018 a versato a Renzi un compenso mostruoso usato poi per restituire il prestito di Maestrelli, è stato pure candidato dal Pd nel marzo del 2016 (quando Matteo era premier e segretario del partito) come sindaco di Cosenza. Una decisione che fece scalpore, anche perché Presta si rifiutò di sottomettersi al responso delle primarie di coalizione. «È stato imposto da Renzi», accusavano le fronde interne al partito, mentre il procuratore delle star spiegò a Repubblica che l’amico «conosciuto quando era sindaco di Firenze» aveva «fatto di tutto per dissuadermi. Io l’ho visto con mia moglie, e le ha detto: “Ha deciso e non torna indietro. Fattene una ragione”. Il no alle primarie? Perché avrei dovuto? Non è Presta che è andato dal Pd, è il Pd che è venuto da Presta». La corsa a primo cittadino della sua città alla fine s’interruppe quasi subito: l’agente si ritirò per non specificati «motivi di natura familiare».

CONFERENZE D’ORO
Se tre quarti del prestito a tasso zero sono stati restituiti grazie al super cachet, il resto della somma necessaria a saldare la vedova Picchioni è arrivato dalle conferenze in giro per il mondo. Nemmeno un euro, a differenza di quando raccontato da Renzi, arriva dalla vendita della vecchia casa di Pontassieve: i compratori, una famiglia del posto, a fine 2018 versano a Renzi e consorte una caparra di soli 60 mila euro per di più divisa in due tranche: 10 mila euro a ottobre, altri 50 mila euro a fine dicembre, quando il bonifico verso i Maestrelli è già partito da un pezzo. I restanti 770 mila euro vengono accreditati sul conto corrente di Renzi e Landini solo il 27 maggio 2019, e parte importante della somma viene usata per estinguere i mutui che pesavano sulla villetta venduta.

I compensi per alcuni speech, invece, arrivano effettivamente tra giugno e ottobre 2018. L’ex premier, che secondo le classifiche di Openpolis è uno dei cinque senatori più assenteisti della legislatura in corso (ha saltato quasi il 40 per cento delle sedute a Palazzo Madama), per il suo secondo lavoro di conferenziere nel 2018 è stato in Stati Uniti, Cina, Qatar. I viaggi rendono assai bene: la società inglese Celebrity Speakers - leggendo le carte Uif - ha versato a Renzi quasi 84 mila euro per quattro interventi, del 3 e 4 giugno e del 18 e 19 settembre. Per un solo evento in Kazakistan, l’Eurasia Media Forum, la società Elastica gli ha pagato un gettone di oltre 10 mila euro. Altri 26 mila sono arrivati da Minds Agency, e altri due interventi in Inghilterra sono stati pagati 57 mila euro.

Queste ultime due fatture sono state saldate da Algebris Uk Limited, la società del finanziere Davide Serra. Uno dei finanziatori di Open perquisiti nei giorni scorsi dalla Finanza, che evidentemente apprezza il Renzi conferenziere e lo paga lautamente. «È libero di farlo», dicono i conoscenti, «la stima per il senatore all’estero è enorme».

Anche Serra nutre ammirazione per l’amico. E apprezza di certo le sue posizioni politiche. Anche quella sulla flat tax per i super ricchi, norma di cui il finanziere s’è avvalso lo scorso anno per trasferire il suo domicilio da Londra all’Italia. Come ha raccontato il Sole 24 Ore, Serra nel giugno 2018 insieme a manager, imprenditori e calciatori ha usato una nuova regola introdotta dal governo del Pd con la legge di Bilancio del 2017. «Un provvedimento sponsorizzato da Renzi, ed attuato concretamente dal successore a Palazzo Chigi Paolo Gentiloni, che favorisce i Paperoni che vengono in Italia», scrive il quotidiano di Confindustria. Che nota come Serra & Co, grazie al sì alla norma del Pd al tempo guidato da Matteo in persona, pagano un’imposta forfettaria di 100 mila euro l’anno, indipendentemente dal reddito guadagnato all’estero. Chissà se nelle conferenze pagategli da Serra, Renzi abbia spiegato alla platea inglese come migliorare il loro regime fiscale per i “residenti non domiciliati”. Quello italiano è ormai più conveniente di quello britannico. Soprattutto per i ricchi, s’intende.

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