Doveva essere una legge contro l’omo-transfobia, ma si è tramutata in una paccottiglia di emendamenti, schiacciati dall’alleanza gialloverde. Ribolla (Carroccio): «Non è una priorità»

Era il 2013, quando la norma contro l'omofobia approdò in Parlamento, per poi rimanere saldamente ferma al Senato, dimenticata dalla sinistra e destinata all’oblio dalla destra. Il disegno, in attesa di approvazione da sei anni, dovrebbe introdurre il reato di discriminazione e istigazione all’odio e alla violenza omofobica e transfobica. Pena prevista da sei mesi a quattro anni e una multa fino a seimila euro, il tutto mitigato da quel «non costituiscono discriminazione, né istigazione alla discriminazione, la libera espressione e manifestazione di convincimenti od opinioni riconducibili al pluralismo delle idee, purché non istighino all’odio o alla violenza».

Alberto Ribolla, giovane deputato del Carroccio , è stato uno dei pochi leghisti ad essersi seduto a un tavolo con Arcigay. Oggi ammette: «Una legge contro l’omofobia non è nella agenda politica». Il problema sono gli ultra-cattolici intransigenti del suo stesso partito, come Simone Pillon e il ministro Lorenzo Fontana. Ribolla quindi allarga le braccia e ripete: «Ci atteniamo alla linea di Matteo Salvini». E qual è? «Chi commette violenze contro gli omosessuali è uno stupido». E allora perché non tornare a discutere una legge? «Perché al momento le priorità sono altre». Quanto alla posizione degli alleati di governo, «non abbiamo mai discusso di questo», dice Ribolla.
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Già, il Movimento 5 Stelle. Era il 18 settembre del 2013 quando i grillini si presentarono in aula con dei garofani rosa nel taschino o tra i capelli, imitando i deputati inglesi, che si presentarono così a Westminster per l’approvazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso. Il fiore però perse i petali di fronte alla decisione di sospendere la seduta in Commissione Giustizia e attendere che la maggioranza, formata all’epoca dal Pd e il centrodestra trovasse un accordo sull’estensione del reato di omofobia alla legge Mancino.

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I pentastellati insorsero, chiesero le dimissioni della presidente della Camera, Laura Boldrini, «perché se l’accordo non c’è, le leggi si discutono in Aula». Il giorno dopo un nuovo gesto dimostrativo: il bacio in bocca con il compagno di banco per chiedere l’approvazione della norma. Da allora il silenzio siderale, se non per una dichiarazione di Vincenzo Spadafora in Commissioni riunite Affari costituzionali, lavoro e Affari Sociali: «Rimane l’auspicio sulla legge contro l’omofobia anche se non la prevede il contratto». E con “l’auspicio”, la questione è definitivamente nel dimenticatoio.