Boris Johnson, ministro degli Esteri: «L’opzione di Corbyn è pazzia (o demenza) assoluta, non credo si debba tornare indietro. È vitale che nelle prossime settimane questo governo crei un'uscita tagliata su misura per il Regno Unito»

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Ci sono tanti modi per far parlare di sé, Boris Johnson, parlamentare inglese già scrittore, giornalista, sindaco di Londra e ministro degli Esteri di Sua Maestà la Regina Elisabetta II, non usa mezzi termini: fuori dall’Unione Europea, senza se e senza ma, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord è molto forte per farcela nel mondo, anche da solo. Certo gli inglesi nascono mercanti, ma per questo c’è sempre l’Omc, continuano a guardare molto lontano e molto in alto, d’altronde a Boris l’ambizione non manca. Soprattutto all’indomani dell’ennesima sconfitta in Parlamento di Theresa May sul Brexit e la possibilità del “no deal”.

Johnson, lei parla di una “Global Britain”, cioè Gran Bretagna globale, cosa intende?
«Il mio primo giorno da ministro degli Esteri ho detto chiaramente che la nostra politica doveva andare verso una Gran Bretagna globale, tutti mi hanno attaccato, ma sono convinto che debba essere così e dobbiamo mantenere la storia e l’istinto di questa nazione. Sono pieno di fiducia per il nostro Paese, quella fiducia che trovo oltreoceano e che talvolta invece trovo meno qui tra alcune categorie di persone nel Regno Unito. Nel mondo si sta studiando il nostro approccio verso Brexit e si sta pensando al Regno Unito, ma noi siamo il secondo più grande Paese dentro la Nato, uno dei pochi Stati capaci di dispiegare forze e soldati fino a 7000 miglia da qui, ma siamo anche una superpotenza con il suo “soft power” con il nostro potere “morbido, immateriale”, con le nostre capacità. Se lei mette insieme il nostro potere culturale, diplomatico, universitario, il nostro impatto intellettuale sul mondo, noi siamo il secondo Paese più influente al mondo dopo gli Stati Uniti d’America. Noi siamo un Paese incredibile e molto apprezzato all’estero, ed è per questo che le persone ora sono perplesse, confuse dal modo in cui il Regno Unito sta gestendo adesso la Brexit ?e dalla nostra apparente incapacità ?di liberarci».

Parla di libertà? Quali libertà?
«Libertà di pensiero, di espressione, libertà dall’oppressione. Penso sia di vitale importanza che il Regno Unito continui a promuovere la possibilità per tutte le ragazze del pianeta di avere almeno 12 anni di istruzione di qualità, probabilmente la politica più efficace che stiamo portando avanti nel mondo. Ma soprattutto, dobbiamo essere campioni di libero mercato (free trade) e mi dispiace che non possiamo essere evangelisti del libero mercato se rimaniamo ingabbiati così».

Il Labour Party che risponde?
«C’è questa bizzarra proposta da Jeremy Corbyn, secondo cui la Gran Bretagna dovrebbe rimanere nell’unione doganale con anche una piccola forma di rappresentanza ai tavoli di Bruxelles, presso le istituzioni europee, un tipo di rappresentanza che lui non specifica. Penso che l’opzione di Corbyn sia pazzia (o demenza) assoluta, non credo si debba tornare indietro. Per questo penso che sia vitale che nelle prossime settimane questo governo, il nostro governo, il nostro Primo ministro, trovi genuinamente la via d’uscita da questa impasse e crei una “UK sized exit” una “uscita tagliata su misura per il Regno Unito”».

Parla di giorni e settimane, c’è una scadenza per lei?
«Certo, ovvio, affinché la Brexit abbia un senso, la negoziazione deve essere fatta e conclusa prima di un certo periodo, secondo me questo limite deve essere prima delle prossime elezioni nazionali, inoltre deve essere una “exit route” strategia di uscita che noi possiamo esercitare da soli. Deve essere un’uscita unilaterale per il Regno Unito. Non ha senso avere un limite fissato, alcuni anni dopo le prossime elezioni. Sono convinto che con sufficiente forza di volontà ed energia ce la possiamo fare. Poi possiamo presentarci alla Wto, l’organizzazione mondiale del commercio a Ginevra, come un grande attore indipendente e sponsor del libero mercato».

A qualcuno sembra che il Primo Ministro conservatore Theresa May stia flirtando col la posizione Labour sulla Brexit, è preoccupato?
«Non credo che ci sia spazio di manovra per il Primo ministro o per il governo tory, nel cercare un compromesso con il Labour, perché la sinistra si tirerà indietro, cercheranno solo di avvicinarsi a un accordo che sarà tossico e presenterà effetti disastrosi per il partito conservatore. Infatti la posizione di Corbyn è quella di tenerci ancora chiusi dentro l’unione doganale, ingabbiati dentro il mercato unico per sempre e quindi la Brexit - cioè la promessa che abbiamo fatto alle persone dopo il Referendum di uscire dall’Europa - andrebbe infranta, rotta. Se uno sta ancora nell’unione doganale e nel singolo mercato e si siede intorno al tavolo a Bruxelles, c’è un nome per questo? Si, si chiama essere membri dell’Unione Europea, e Corbyn vuole fare questo».

E la libera circolazione delle persone?
«Come si sa, io sono molto a favore dell’immigrazione in questo Paese, dato che la Gran Bretagna è stata capace di trarre gran beneficio dall’aver dato il benvenuto a persone di talento qui da noi, nel Regno Unito, ma noi dovremmo avere un controllo e dovremmo essere in grado di decidere che trattamento rivolgere ai nostri potenziali immigrati e visitatori».

La Gran Bretagna è nel mercato unico da metà del secolo scorso, cosa succederà?
«Sì, ma ricordiamoci che dal 1992 siamo stati invitati a sederci a Ginevra (Wto), come credo altri 36 Paesi inclusa la Svizzera, il Giappone e molti altri di cui abbiamo visto una maggiore crescita delle esportazioni verso l’Europa a 27 Paesi, rispetto alla crescita delle nostre esportazioni britanniche verso gli stessi Paesi europei. E questo a dispetto del nostro essere membri dell’Unione Europea. Ci sono adesso, grandi opportunità per noi di creare ricchezza».

Con l’Irlanda che succederà?
«Dobbiamo fare un compromesso, la cosa più importante è continuare ad avere libertà di commerciare con il confine irlandese, usando la tecnologia esistente, mentre, al tempo stesso il Regno Unito deve essere libero di portare avanti integralmente la propria politica, questa è l’ambizione che il primo ministro vuole vedere realizzata, e lei ha tutti che la sostengono in questo, penso anche che tutti quelli che vogliono investire in questo Paese devono essere incoraggiati».

Che vuole essere il prossimo Primo ministro inglese, si sa già da quasi dieci anni, adesso il biondo Boris Johnson ha espresso anche cosa farà. Marzo sarà un mese cruciale per il percorso in parlamento e al governo di Theresa May; né i labour, né il suo stesso partito dei Tory avrà molta comprensione per lei, e la May lo sa. A Londra viene rappresentata sui tacchi a spillo delle mitiche scarpe, a cercare, con una barra in mano come un’equilibrista, di camminare sulla fune sottile: ci riuscirà? Se cadrà, qualcuno è pronto per mettere in pratica un’uscita dall’Unione Europea senza tante nostalgie.