L'allarme nel report della Croce Rossa sui cambiamenti climatici: «Gli aiuti umanitari costeranno 20 miliardi l'anno»

Centocinquanta milioni. Tante sono le persone che nel 2030 avranno bisogno di aiuti umanitari internazionali per i disastri naturali dovuti al riscaldamento globale e all’impatto che avrà su società ed economia. Un aumento impressionante di 50 milioni nei prossimi 10 anni. E se inondazioni, tempeste, siccità e incendi non dovessero diminuire, la cifra toccherà i 200 milioni nel 2050.

Una situazione drammatica che già oggi richiede un’imponente sforzo economico: gli aiuti alle popolazioni dovuti ai disastri naturali sono stimati tra i 3,5 e i 12 miliardi di dollari all’anno, in una situazione già oggi critica per l’aumento delle emergenze e la carenza nel trovare fondi. Una cifra destinata a lievitare, nello scenario più pessimistico, fino a 20 miliardi se non si invertirà la tendenza. 

È una panoramica scioccante quella fornita da “Il costo di non fare nulla”, l’ultimo report della Croce Rossa Internazionale presentato questa mattina al Palazzo di vetro, sede delle Nazioni Unite a New York. Un’analisi che si fonda anche su dati di Onu, Banca mondiale, ed EM-DAT, il database internazionale sui disastri.
Un allarme quello della Croce Rossa che arriva dopo una delle estati più calde di sempre, con le colonnine di mercurio che in molti paesi del mondo ha toccato livelli mai registrati prima. Solo in Francia, che quest’anno è stata attraversata da una delle ondate di calore più forti di sempre, tra luglio e agosto sono morte 1435 persone per via del caldo.
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Dal 1850 le temperature medie sono aumentate di più di un grado per via dell’impronta dell’uomo sull’ambiente, e si stima che alla fine del secolo possa arrivare a più 4 gradi. L’effetto più evidente è lo scioglimento dei ghiacciai: dal 1981 il Polo Nord ha perso il 10 per cento della sua superficie, portando all’innalzamento di oceani e mari. Ma non solo: il riscaldamento del pianeta provoca eventi atmosferici estremi, come gli uragani che stanno diventando sempre più numerosi e frequenti. Come “Dorian”, che con i suoi venti a quasi 150 chilometri orari ha devastato le Bahamas a inizio settembre, facendo decine di morti e oltre 5mila dispersi.

«Questo report mostra in modo chiaro e spaventoso quanto costa non fare nulla», commenta Francesco Rocca, presidente della Croce Rossa Internazionale. «Ma ci dice anche che abbiamo ancora tempo di agire: è arrivato il momento di prendere provvedimenti urgenti. Il mondo non può accettare un futuro in cui ci sarà sempre più sofferenza e in cui i costi delle risposte umanitarie aumenteranno esponenzialmente».

Per questo nel report vengono evidenziate tre priorità. La prima è investire nella riduzione del rischio, attraverso la costruzione di edifici più forti e infrastrutture più resilienti. Questi investimenti, da soli, non permetterebbero di evitare tutti i disastri: così si sottolinea l’importanza di «migliorare i sistemi di avvertimento e rafforzare le risposte alle emergenze». Infine c’è il consiglio di ricostruire e riparare i danni pensando alla prossima emergenza: «Se tutti i paesi considerassero nei loro piani economici la protezione della popolazione a rischio e migliorassero l’inclusione finanziaria - è scritto - il costo dei disastri naturali diminuirebbe di 100 miliardi all’anno».

Il report è presentato a una settimana dal Summit dell’Onu sul clima del 23 settembre: un’incontro tra capi di Stato e di governo, Ong e imprenditori, a cui quest’anno parteciperà anche Greta Thunberg, la sedicenne attivista svedese che si sta impegnando per sensibilizzare l’opinione pubblica e soprattutto i più giovani. «Speriamo che questo nostro lavoro dia impulso a maggiori investimenti in uno sviluppo inclusivo e sostenibile, che riduca le emissioni nell’atmosfera», ci dice Julie Arrighi, consigliere della Croce Rossa Internazionale che ha collaborato allo studio. «Ma desideriamo soprattutto che si rinnovi lo sforzo ad adattarsi ai rischi sempre maggiori dovuti riscaldamento globale». Un’emergenza che non permette più di voltarsi dall’altra parte.