La parola “Fascista” esiste. Difficile da riconoscersi dopo anni di sdoganamento, ma sempre individuabile, con precisione, per chi voglia individuarla. La parola “Fascista” è un punto di vista. Un livello parziale dello sguardo, qualcosa che ha molto a che fare con la difficoltà di concepire l’altro simile a sé.
È fascista chi sa leggere solo alcuni capitoli della Storia, recente o passata, cercando in essa quanto gli occorre per assodare le proprie certezze, per coltivare i propri pregiudizi.
La parola “Fascista” è gratuita, non prevede alcuna spesa, viene fornita senza oneri: non occorre studiare, non occorre votare, non occorre scegliere, non occorre fare distinzioni, non occorre informarsi, non occorre leggere, non occorre contestualizzare.
La parola “Fascista” è consolatoria, mette al sicuro dal pericolo di dover essere socialmente attivi. È fascista la reazione cieca. La parola “Fascista” è la convinzione pavloviana che l’essere sociale consista nella difesa costante del proprio territorio, che i nemici contro cui difendersi esistano o meno. La parola “Fascista” è fermarsi alla prima parte di ogni domanda e fornire sempre una risposta parziale, occhiuta, indirizzata. È fascista chi non è interessato alle ragioni, ma dà per scontato di avere ragione.
La parola “Fascista” è urlata, non ha mezzi toni, non ha pause di riflessione. La parola “Fascista” è paradossale, non ha specchi, di fronte al ragionamento si ritira livorosa e contrattacca furiosa. La parola “Fascista” produce pensieri di purezza e superiorità: bianchi contro neri, maschi contro femmine, cattolici contro musulmani, Nord contro Sud. La parola “Fascista” è una parola contro.
È fascista promettere un mondo con un’unica direzione, con un’unica razza, con un unico pensiero. La parola “Fascista” è l’ordine fittizio di chi all’argomento oppone il pregiudizio. La parola “Fascista” produce concetti: rottamare, affondare, deportare, sterilizzare, stuprare, sanificare, escludere. La parola “Fascista” è la tentazione umana verso il disumano.