Un sistema in cui le corporation, gli apparati militari e le élite dominano con la disinformazione e la bugia. Ecco di cosa parla The Donald, anche quando è malato. Quello che i democratici non comprendono

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Se è vero - e credo lo sia - che occorre guardare agli Stati Uniti per comprendere quello che dovrà accadere, magari diversamente travestito, negli altri Paesi retti da regimi (ancora) democratici, lo svolgimento della campagna per le presidenziali e la figura di Trump, soprattutto nelle sue ultime vicende e sortite, potrebbero assumere un significato davvero simbolico per il destino di quest’epoca. L’uomo dei fallimenti e delle frodi, l’immagine monomaniacale dell’Ego esclusivamente interessato a se stesso e ad avere di più, portato alla presidenza dal sistema della universale disinformazione, ora è colpito dallo stesso male che fingeva di ignorare. Un volto pallido e sofferente che si industria su come mentire sul proprio stesso stato e farlo fruttare a proprio vantaggio. Ciò lo porterà inevitabilmente a esasperare i toni della campagna, a ricorrere con ancora più veemenza alle paranoie complottiste che da sempre caratterizzano la sua propaganda.

Un carattere come Trump deve coprire la propria fragilità con l’attacco. E la strategia ha buone probabilità di riuscita. Per ragioni che non attengono soltanto alla presa demagogico-populistica della figura del Presidente (e fino a quando i motivi del suo successo presso così vasti strati della working class non saranno compresi dai suoi avversari democratici, morto un Trump se ne farà un altro), ma, ben più radicalmente, a come la struttura stessa del potere si è andata formando e trasformando negli Stati Uniti.

Trump è “immagine” di un sistema in cui imprese multinazionali, burocrazia militare, élites politiche, sempre più strategicamente in simbiosi, intendono decidere su tutte le questioni davvero rilevanti della nostra esistenza, superando, per quanto possibile, regole e procedure della “antica” democrazia. Una campagna a tutto campo sulle impotenze, i freni, i ritardi che quest’ultima comporterebbe, è condizione indispensabile per convincere l’opinione pubblica sulla necessità di avviarne il “superamento”. Questo refrain trumpiano, proprio dell’intero sistema che egli, anche se a volte da fool , rappresenta, sta diventando universale. La Cina, in questo senso, non è solo il Nemico - e non lo è affatto nei termini in cui poteva esserlo l’Urss. È il concorrente strategico, il grande competitor, proprio perché sembra capace di realizzare perfettamente quella sintesi tra i diversi decisori ultimi, che risulta sempre problematica e insicura in un regime democratico.

In tale direzione Trump ha proceduto con metodo, nominando giudici federali conservatori, favorendo potenti gruppi industriali con la deregulation in materia di protezione ambientale e di leggi anti-inquinamento, e altri attraverso le politiche per la “sicurezza nazionale” contro la concorrenza cinese e di altri Paesi. Un mix di ultraliberismo e protezionismo.

Questo indirizzo politico, molto solido, è stato avvolto nella nube della sistematica disinformazione, resa oggi possibile anche dall’uso dei nuovi mezzi di comunicazione. Nube nient’affatto sovrastrutturale, ma funzione essenziale di quel sistema e di questa politica. Il mondo di Trump può essere solo quello in cui la bugia può liberamente circolare e “universalizzarsi” senza alcun controllo, senza alcuna autorità in grado di arrestarla o denunciarla. In cui la domanda «Biden fa uso di droghe?»(Fox News) o altre calunnie di ogni tipo possono essere pronunciate senza bisogno di giustificazione o di prova. Quel sistema in cui molto concretamente e efficacemente si incarnano gli uni con gli altri gli apparati del potere economico, finanziario e politico vive e prospera soltanto in una rete di messaggi rivolti a rafforzare in ogni modo le nostre passioni più tristi, invidia, risentimento, e a indirizzare le nostre insicurezze, frustrazioni e paure verso inventati nemici e inesistenti minacce.

Questo è l’humus in cui nascono le teorie complottiste. Molto più, allora, che semplici paranoie. In questa fase il loro scopo appare chiaro quanto arrischiato al limite. L’immagine di Trump alle prese con bande internazionali di nemici del primato americano e di democratici traditori prepara, o può preparare, il terreno a una accusa di interferenze straniere nelle elezioni e a un non riconoscimento dell’eventuale sconfitta. Si determinerebbe allora una situazione del tutto inedita - e non solo l’America democratica, ma l’idea stessa di democrazia sarebbero chiamate a sostenere una prova durissima.