Ecco l'effetto delle parole di Donald Trump sull'emergenza Covid-19 negli Stati Uniti
Nelle ultime settimane gli stati in cui i numeri di contagiati sono cresciuti con più forza sono quelli in cui i repubblicani sono più forti. Anche a causa della campagna di sottovalutazione della pandemia del quasi ex presidente
David Andahl, 55 anni, allevatore di bestiame del North Dakota, sognava di diventare deputato. Appassionato di auto da corsa, pilota e istruttore - soprannome Dakota Dave - il 3 novembre ha coronato il suo sogno, venendo eletto deputato nell’ottavo distretto dello Stato che deve il nome agli indiani d’America, che è grande come due terzi dell’Italia ma ha solo 760 mila abitanti. Dakota Dave non ha potuto festeggiare: quasi un mese prima, il 5 ottobre era morto di Covid-19.
Una triste e drammatica storia, diventata l’emblema dell’insolita sovrapposizione tra i due avvenimenti che hanno condizionato la vita degli Stati Uniti negli ultimi due mesi, la pandemia e le elezioni presidenziali. Con ruoli che si sono sempre più intersecati in un America in cui la tradizionale divisione politica in due colori (blu per i democratici, rosso per i repubblicani) è diventata anche una divisione di tipo sanitario. Che ha coinvolto (e contagiato) in prima persona centinaia di donne e uomini impegnati nella campagna elettorale, compreso l’uomo che aveva definito il coronavirus “una semplice influenza”, il presidente (uscente) Donald J. Trump.
Domenica scorsa il numero di contagi totali negli Stati Uniti ha superato i dieci milioni, un quinto del totale mondiale. Da qualunque parte li si guardi i numeri che ogni giorno vengono forniti dal Cdc (Center for Disease Control and Prevention), una sigla cui tutti gli americani hanno ormai fatto abitudine, sono drammatici. Nella settimana post-elettorale (4-10 novembre): 244mila morti totali, con una media di oltre mille morti al giorno; 3 milioni e mezzo di casi ancora “attivi” e una media di 120 mila nuovi contagi al giorno; 159 milioni di test eseguiti nei 50 Stati e nel District of Columbia (la capitale Washington).
Se si sovrappongono la mappa elettorale (quella divisa tra Stati blu e Stati rossi con le due coste democratiche e la parte centrale repubblicana) con quella della diffusione del Covid-19 fornita dal CDC, la somiglianza è inquietante e rende l’idea di come virus e politica siano andati quasi di pari passo. Gli Stati più scuri (quelli dove aumentano di più i contagi) sono tutti - tranne qualche rara eccezione - a larga maggioranza repubblicana. Nella settimana post-elettorale il North Dakota del povero Dave ha battuto ogni record (+ 155,8 per cento rispetto alla settimana precedente), seguito dal South Dakota (+130,8), dall’Iowa (+101,6), dal Wisconsin (+99,5), dal Nebraska (+91,1) e dal Wyoming (+88,7).
Tutti Stati dove Trump ha trionfato con largo vantaggio, eccetto il Wisconsin, in bilico fino all’ultimo e vinto per poche migliaia di voti da Biden. Visto che il coronavirus non guarda in faccia nessuno e tantomeno è in grado di capire le idee politiche di chi viene contagiato, la spiegazione per questi dati è abbastanza semplice. Se la prima ondata (primavera-estate) della pandemia aveva colpito le grandi metropoli e gli Stati più popolosi (California e New York i due esempi più eclatanti), fare del coronavirus una battaglia politica, come ha fatto Trump usandolo come una clava, alla fine si è rivelato un boomerang.
Mobilitando i suoi fan, con l’occhio sempre attento al ritorno elettorale, contro i Governatori democratici che imponevano locali lockdown (quella del Michigan, Gretchen Whitmer, si è trovata centinaia di contestatori, armi in pugno, sotto casa), invitandoli a non usare la mascherina (come facevano per primi lui e i vertici del Grand Old Party), radunandoli in comizi affollati e privi delle elementari regole anti-Covid, Trump ha offerto su un piatto d’argento a Joe “Sleepy” Biden la possibilità di una narrazione opposta. Che ha permesso al candidato democratico, ora presidente eletto, di raccogliere voti insperati tra la fascia di anziani over 70, i più colpiti dalla pandemia, anche in contee solidamente repubblicane.
Nonostante i progressi nella cura dei pazienti di Covid-19, nelle ultime settimane sono morte migliaia di persone in più rispetto a qualsiasi altro periodo precedente. Con l’avvicinarsi dell’inverno e con gli ospedali che si affannano a fare spazio ai pazienti di coronavirus, gli esperti della Sanità temono che i decessi a causa della pandemia continuino a crescere soprattutto in quelle aree in cui la gente non ha voluto finora adottare semplici misure di sicurezza come l’uso di mascherine.
I medici lanciano continui allarmi, in un seguito programma sulla Nbc, Vin Gupta, pneumologo dell’università di Seattle ha avvisato che «a questo punto c’è poco da fare, entro la fine di dicembre i morti supereranno i duemila al giorno». Su cinquanta Stati, solo in sette i contagi sono contenuti e le prossime settimane, secondo le previsioni, saranno ancora peggiori. Un panorama complicato ulteriormente dai dati che riguardano i bambini: nella settimana post-elettorale ci sono stati 74mila nuovi casi di Covid-19 tra i bambini negli Stati Uniti, l’aumento settimanale più alto dall’inizio della pandemia a marzo, secondo i numeri forniti dall’accademia americana di pediatria. I bambini rappresentano oggi più dell’11 per cento di tutti i casi di coronavirus negli Usa, con un aumento del 17 per cento solo nelle ultime due settimane.
Gli ultimi giorni della campagna elettorale, le manifestazioni di piazza e i festeggiamenti seguiti all’annuncio della vittoria di Joe Biden non hanno certamente aiutato. L’avvicinarsi di Thanksgiving (la festa familiare per eccellenza degli Stati Uniti, quando mezza America si mette in viaggio cinque giorni e tutti si ritrovano per grandi pranzi con parenti ed amici), rende il pericolo ancora più grande. Ci saranno limiti e divieti, ma quanto accaduto finora non invita certo all’ottimismo.
È in questo inquietante quadro che Joe Biden ha deciso di giocare d’anticipo. Senza aspettare che Donald Trump si decida o meno dall’accettare pubblicamente una sconfitta che non è più in grado di ribaltare (neanche con la sua armata di avvocati), il presidente-eletto ha lanciato subito la task force che guiderà nella sua amministrazione la battaglia contro il Covid-19.
L’annuncio della Pfizer sul vaccino pronto entro la fine di novembre, che Trump ha un po’ inutilmente tentato di auto-accreditarsi, è un aiuto insperato per Biden, sul doppio fronte sanità-economia. Come d’aiuto sarà anche la decisione presa dalla Fda (Food and Drug Administration) che ha concesso un’autorizzazione «all’uso d’emergenza per il trattamento con anticorpi monoclonali Covid-19 di Eli Lilly, chiamato bamlanivimab».
La Fda ha chiarito che la terapia è destinata ad adulti e bambini sopra i 12 anni con malattie da lievi a moderate, ma che hanno un alto rischio di peggiorare in fretta e di dover essere ricoverati. Quindi persone con diabete, malattie renali croniche, obesità, o chiunque abbia più di 65 anni. Il lungo inverno della pandemia in America non è ancora iniziato, ma forse si intravede una fioca luce in fondo al tunnel.