Ci sono momenti in cui solo la poesia trova le parole. E in certi versi senti echeggiare voci che si levano da ogni angolo d’umanità: l’urlo della madre che cerca il figlio neonato in un Mediterraneo dove stanno naufragando interi continenti, Europa compresa; i respiri dei contagiati aggrappati alla vita con respiratori che non bastano più mentre cresce la fame d’ossigeno; l’esasperazione di donne calpestate da patriarcati che odiano la libertà delle donne; la lotta economica, sanitaria, spirituale di chi tiene duro.
Contro la nonsperanza, i versi di “Still I Rise” di Maya Angelou, poetessa e attivista afroamericana che Barack Obama nel suo elogio funebre (2014) ricorda così: «Un’infanzia di sofferenza e abusi la spinsero a smettere di parlare, ma la voce che poi trovò ha ispirato tutti noi a essere migliori».
E ancora io mi sollevo
Puoi sminuire la mia Storia
con le tue affilate, contorte bugie.
Puoi calpestarmi nella feccia
ma come polvere, ancora, io mi solleverò.
La mia sfacciataggine ti disturba?
Perché ti assale la tristezza e ti rabbui?
Solo perché cammino come avessi pozzi di petrolio
che pompano nel mio soggiorno.
Proprio come lune e soli,
con la puntualità delle maree,
proprio come speranze che balzano in alto,
ancora io mi solleverò.
Volevi vedermi a pezzi?
testa china e occhi bassi?
spalle cadenti come lacrime,
indebolita da pianti disperati?
La mia superbia ti offende?
Su, non prendertela a male se me la rido
come avessi miniere d’oro
scavate nel mio giardino.
Puoi pure spararmi con le tue parole,
tagliarmi con gli occhi,
ammazzarmi col tuo odio,
ma proprio come la vita, io mi solleverò.
La mia sensualità ti disturba?
Ti sorprende davvero
che io balli come se avessi diamanti
in mezzo alle cosce?
Fuori dalle baracche vergogna della Storia
io mi sollevo.
Su da un passato che ha radici nel dolore
io mi sollevo.
Sono un oceano nero, impetuoso e vasto,
che monta s’ingrossa, e la marea sostiene.
Lasciandomi alle spalle notti di terrore e paura
io mi sollevo.
In un’alba meravigliosamente limpida
io mi sollevo.
Portando i doni che gli antenati mi diedero,
io sono il sogno e la speranza dello schiavo.
E così, naturalmente,
ecco, mi sollevo.
(traduzione E. S.)