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Il famoso e costoso Remdesivir, conosciuto con l’etichetta commerciale di Veklury, prodotto e utilizzato contro l’Ebola e adesso sperimentato per la pandemia di Covid, è stato dichiarato prima «inefficace» e poi è stato «sconsigliato» dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms).
Se la medicina segue le mode, le multinazionali del farmaco fatturano con estrema rapidità. O speculano con estrema rapidità. Semplice. In una estate, fra la confusione e la disperazione dei governi, Gilead è riuscita a chiudere accordi miliardari per il Remdesivir con gli Stati Uniti e con la Commissione europea e adesso viene bocciata dall’Oms. Quello che è successo è una lezione per il mondo assetato di vaccini contro il Covid.
IL PROLOGO
Il 25 giugno l’Ema, l’Agenzia europea dei farmaci, ha raccomandato e autorizzato Remdesivir per i malati di Covid con polmoniti a uno stadio non troppo grave. La somministrazione prevedeva trattamenti di almeno 6 fiale per 5 giorni. Il 30 giugno l’amministrazione di Donald Trump ha requisito l’intera produzione programmata dell’antivirale di Gilead: il 100 per cento di luglio, il 90 di agosto e di settembre. Così è partita la corsa all’oro.
Il 29 luglio la Commissione europea ha speso 70 milioni di euro, prelevati dal fondo comune per l’emergenza, per recuperare 33.380 trattamenti, cioè il fabbisogno per 33.380 pazienti (2.097 euro ciascuno) per circa mezzo miliardo di cittadini dell’Unione, inclusi i fuoriusciti britannici. Già il 30 luglio l’europarlamentare di sinistra Marc Botenga, un belga del partito del Lavoro, ha presentato un’interrogazione ben informata a Stella Kyriakides, la cipriota commissaria alla Salute. Questa era la premessa di Botenga: «L’autorizzazione all’immissione in commercio nell’Unione è stata concessa con dati meno completi di quanto normalmente previsto. Le stime mostrano che il costo di produzione reale di Remdesivir è inferiore a un dollaro al giorno o inferiore a cinque euro per un ciclo di trattamento di cinque giorni».
Ha contestato l’europarlamentare: perché tanta pericolosa fretta e perché si è passati da 5 euro a 2.097 euro? Kyriakides ha risposto che il benessere dei cittadini europei è fondamentale e che comunque, caro Botenga, i negoziati sono segreti. Dal 29 luglio alla metà di ottobre, l’Italia ha attinto dalla sua quota dei 33.380 trattamenti europei poche migliaia di fiale per poche centinaia di malati. Per questo motivo, da agosto a ottobre l’Aifa, l’agenzia italiana del farmaco, ha chiesto più volte a Gilead di rilasciare più dosi, ma gli americani giuravano di aver già vuotato i magazzini. Tant’è che il 27 agosto l’Aifa, con la seria ripresa dei contagi in Italia, ha diffuso una procedura per la richiesta nominale del Remdesivir - usato per curare anche Silvio Berlusconi - accessibile soltanto dalle Regioni e dalle aziende ospedaliere.
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Il 7 ottobre, invece, Gilead era pronta a inondare l’Europa. Dopo più di un mese di intense trattative, quel giorno Kyriakides ha annunciato con la migliore enfasi di aver siglato un patto con Gilead per 500.000 trattamenti di Remdesivir disponibili per 36 Paesi, cioè i 27 dell’Unione, la Gran Bretagna, i tanti candidati e i vicini territoriali. All’Italia ne spettavano 50.000 per un esborso di 100 milioni di euro, ma Gilead era disposta a fornirne molti di più con un contratto semestrale, poi diviso per fortuna in due trimestri.
Su ordine del ministero della Salute Roberto Speranza e sotto la vigilanza dell’Aifa, il 9 ottobre, neanche 48 ore dopo, il commissario Arcuri ha firmato il primo contratto per 25.000 trattamenti da 51 milioni di euro: «Siamo a circa 135.000 fiale», fanno sapere all’Espresso dalla struttura di Palazzo Chigi senza commentare le indiscrezioni, diffuse anche dalla stampa inglese, sulla spesa fin qui effettuata. Il 12 ottobre, il primo lunedì disponibile, Gilead ha avviato la consegna trimestrale che si conclude in dicembre. Il 16 ottobre, però, l’Oms ha pubblicato lo studio “Solidarity” condotto in 405 ospedali in 30 Paesi su 11.266 adulti con cui ha sancito che il Remdesivir - e altri medicinali come l’idrossiclorochina - hanno un «piccolo o inesistente effetto sulla mortalità o sul decorso ospedaliero dei malati di Covid».
L'EPILOGO SCONTATO
La settimana successiva, tiepidamente, i dubbi su Remdesivir sono affiorati anche nella politica italiana con un’interpellanza dell’ex ministra Giulia Grillo (M5S), che giace a Montecitorio ancora senza la versione di Speranza. Con un comunicato alle agenzie di stampa, invece, è Gilead che ha replicato per due motivi: scacciare l’onta della speculazione, confermare l’utilità del suo antivirale. Gli americani hanno pure ripetuto di aver fissato un prezzo per i Paesi industrializzati: 2.340 dollari a terapia. Al cambio di fine giugno, sono circa 2.100 euro. Aveva ragione il buon Botenga.
Spronata da una ricerca di 24 studiosi indipendenti pubblicata dalla prestigiosa rivista “British medical journal”, il 20 novembre l’Oms ha fornito delucidazioni più esplicite su Remdesivir: «Non c’è alcuna evidenza che migliori la sopravvivenza o la necessità di intubare». E dunque l’Italia si è adeguata con un parere del Comitato tecnico scientifico. Un quesito resta inevaso: che se ne fa l’Italia di queste scorte di Remdesivir pagate milioni di euro? E che se ne fa il vecchio continente? Perché la Commissione europea ha rivelato all’Espresso che 20 paesi hanno già prenotato decine di migliaia di terapie di Remdesivir. Sul resto: silenzio. Ci sono clausole di riservatezza. A cosa e per cosa visto che si tratta di denaro pubblico, chissà.