Inchieste
27 novembre, 2020

Il vaccino contro il Covid-19 vale oro: una torta da 21 miliardi per sei colossi del farmaco

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Secondo i report più affidabili è questo il totale dei contratti per il pre-acquisto del medicinale. Un business riservato alle grandi aziende che in questi mesi sono state al centro di una gigantesca speculazione finanziaria

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Dopo il caso dell’antivirale "sconsigliato" Remdesivir, con la stessa foga l’Italia si è riversata nella caccia al vaccino, ma il piano di distribuzione va a rilento perché, come al solito, il commissario all’emergenza Domenico Arcuri accusa le regioni dei ritardi. Inseguendo Pfizer e Moderna, dopo aver investito speranze e milioni su Astrazeneca (quella che coinvolge gli italiani di Irbm), il commissario Arcuri ha spiegato ai deputati e ai senatori di aver speso già 94 milioni di euro per il vaccino e poi ha bandito una gara per 150 milioni di siringhe e 150 milioni di aghi. Tra una manciata di settimane, il mondo inizierà a vaccinarsi, ma da mesi la speculazione macina centinaia di milioni di euro con le case farmaceutiche e i mercati borsistici. Due sistemi interconnessi che le grandi società finanziarie studiano dall’estate con report che descrivono possibili scenari futuri, molto realistici, su quale sarà il vaccino migliore, i fatturati che faranno le aziende produttrici e quindi i consigli giusti da dare alle banche d’affari per muoversi in Borsa con guadagni sicuri.

Uno dei report più affidabili, sul tavolo dei dirigenti delle grandi banche e dei settori finanziari dei principali istituti di credito, lo ha appena elaborato “Bloomberg intelligence”. Un dossier che dà i numeri dell’affare in ballo: tra il 2020 e il 2021 la spesa per vaccini anti Covid sarà di 21 miliardi di euro. Cifra calcolata sul costo medio per singola dose, pagata dagli stati nei contratti preliminari firmati fino ad oggi, pari a circa 15 dollari. In corsa per i 21 miliardi ci sono sei società: Pzifer-Biontech, Moderna, Astrazeneca, Sanofi, Johnson&Johnson e Novavax. Su queste aziende si è già concentrata la speculazione finanziaria, seguita puntuale ad ogni annuncio di progressione verso la realizzazione e la certificazione del vaccino: pur non essendoci ancora documenti ufficiali, e perciò in assenza di controllo della comunità scientifica, in base a questi annunci i Paesi si sono mossi per firmare i primi contratti, spesso coperti da clausole assai stringenti, se non capestro.

FONDI PUBBLICI, PROFITTI PRIVATI
Nonostante sia stata la terza azienda a comunicare la fine della fase di sperimentazione, con «una riuscita media del vaccino pari al 70 per cento, che arriva al 90 nelle migliori condizioni», Astrazeneca ha già firmato nel mondo 19 contratti, spingendo sul costo basso per dose - circa 4 dollari, considerando il prezzo per dose che varia dal contratto con l’Unione Europea di 1,3 dollari a quello con l’Australia di 14 dollari - e su una logistica facile, perché il vaccino può essere trasportato in un normale frigorifero.

Fino ai primi di novembre il valore dei contratti firmati dalla società, che sta lavorando con la Irbm di Pomezia, supera i 4 miliardi di dollari. La Pzifer, che ha annunciato di poter sfiorare il 95 per cento di riuscita del vaccino, a inizio novembre aveva firmato contratti con 10 Paesi per un valore intorno ai 2 miliardi di dollari, poco più dei contratti firmati da Moderna (con 7 Paesi), da Sanofi (5) e da J&J (4). Chi ha messo più soldi sul piatto, puntando soprattutto sul vaccino più costoso, quello della Pzifer, è il dipartimento della Salute Usa, che da questa casa farmaceutica ha prenotato 40 milioni di dosi nel 2020 e da 50 a 500 milioni nel 2021. Gli Usa hanno siglato altri accordi con Johnson & Johnson, 1 miliardo di euro per circa 300 milioni di dosi nel 2021 e con Astrazeneca, 1,2 miliardi per 300 milioni di dosi nel 2021.

Inchiesta
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L’Unione Europea, che aveva supportato il progetto di Astrazeneca, dopo le prime notizie dall’americana Pzifer ha corretto la sua posizione: l’11 novembre l’Ue ha firmato un contratto per l’acquisto di 200 milioni di dosi di vaccino a cui vanno aggiunte altre 100 milioni di dosi opzionali. Un commissario europeo avrebbe confidato il prezzo di 19,50 dollari a fiala fabbricata da Pzifer, roba da 6 miliardi in un anno. Esattamente quello pagato dagli Usa d’altronde. Di questa partita all’Italia dovrebbero andare 27 milioni di dosi di Pzifer, al momento il più promettente nonostante le enormi difficoltà nella logistica. E anche qui gli analisti segnalano le strategie di Roche a seguito di Pzifer.

C’è poi la speculazione digitale che avviene nel “dark web”, cioè il mercato nero. E qui si torna al tema dei medicinali anti Covid o presunti tali. I carabinieri del Nas hanno oscurato da marzo a oggi 120 siti che vendevano farmaci con principi attivi legati alla lotta al Covid: medicinali a base di clorochina o idrossiclorochina o degli antivirali Lopinariv e Ritonavir. «In gran parte si tratta di siti ospitati in server esteri», dice il tenente colonnello Alfredo Antro, «soprattutto in Russia e Sud America. Ma questo non vuol dire che la rete illegale sia estera, anzi potrebbe essere italiana». Dietro questa rete si vendono medicinali taroccati oppure originali e arrivati ai contrabbandieri con soldi di società in paradisi fiscali. Anche la speculazione corre veloce come il virus.

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